Multe, ecco lo scandalo. Business da 7,8 miliardi di euro

Multe - Nel Mirino

di Redazione

22.04.2013 ( Aggiornata il 22.04.2013 06:56 )

C’è una disgraziata legge nel Codice della Strada che sta combinando guai catastrofici agli automobilisti. Nessuno vuole rivelarli e tanti fanno finta di non saperne niente. A partire da quei Comuni che ne traggono vergognosi vantaggi economici. Si tratta dell’articolo 126 bis, quello che ha tramutato la perdita di punti — inizialmente attribuita al proprietario della vettura — in una sanzione alternativa da 250 euro, qualora egli non comunichi i dati della patente di chi guidava al momento dell’infrazione.

Quando, nel 2005, in Parlamento si barattarono i punti-patente con la sanzione economica, qualche mente eccelsa deve aver detto: “Che ce ne cale se i vigili non fermano gli indisciplinati per contestare subito l’infrazione, che ce ne importa dei punti sottratti al vero colpevole, a noi interessano i soldi”. E quel giorno si aprì il pozzo di San Patrizio per le casse comunali. Infatti, la sottrazione dei punti è una sanzione accessoria che lo Stato infligge a nome di tutti, ma è figurativa, nel senso che non si vede e non si sente, perché i punti sono custoditi nell’archivio generale della Motorizzazione. Invece, la sanzione di 250 euro si vede e si sente, ed è un grazioso omaggio che viene intascato da chi spedisce il verbale: in 9 casi su 10, dalle amministrazioni comunali. 



A me i soldi, alla Stato i punti

È fin troppo facile comprendere che ai Comuni non conviene far sapere: — che non basta pagare l’infrazione iniziale scrivendo nome e cognome sul bollettino postale, ma che bisogna compilare entro 60 giorni (dalla notifica del verbale) un modulo con i dati di chi guidava e allegare la fotocopia della patente; — che, nel caso non rispediate il modulo o non lo facciate in tempo, i Comandi di polizia locale hanno solo 90 giorni (che partono dal 61mo giorno, a partire sempre dalla notifica del verbale) per accertare la vostra nuova infrazione (al 126 bis). — che, se l’amministrazione si sveglia dopo 4 mesi o un anno, la vostra infrazione è prescritta de iure, non è più contestabile. Basta mostrare le date al Comando che ha emesso il verbale e chiederne l’annullamento, senza dover disturbare prefetti e giudici di Pace.
Tutto questo è sconosciuto alla maggioranza degli automobilisti. E ignorato, più o meno volutamente, da troppi comandi. Fatto sta che oggi sono oltre 80 le infrazioni che comportano la sottrazione di punti. Tanto per fare qualche esempio: la sosta in zona gialla (fermata bus, spazio per disabili o per taxi) comporta 2 punti; la sosta sulla carreggiata nelle ore notturne senza accendere le luci = 1 punto; i bagagli mal sistemati sul tetto = 1 punto. In parole povere, tranne la semplice sosta vietata, tutte le altre comportano il ritiro di almeno un punto. E quindi l’autodenuncia con i dati della patente. Oppure la mega-sanzione. Che, dagli iniziali 250 euro, con l’aggiornamento biennale del 5,4% scattato a gennaio, è oggi salita a 284. Ai quali va aggiunta una perfida cresta, giustificata come “spese di spedizione”, che in alcuni casi sfiora i 20 euro. Morale, dimenticare in buona fede di riempire il modulo costa un botto. Ma i Comuni, ci sperano, anzi ci contano e arrivano a fare carte false pur di incassare quella cifra. Arrivano perfino a dichiarare il falso: per esempio, si inventano la data di accertamento della vostra infrazione al 126 bis. Cioè quella in cui voi avete concretizzato l’illecito (che, ripetiamo, è il 61mo giorno dopo la notifica del primo verbale). E ne sparano una a caso. Ovviamente successiva. Perché, così facendo, possono notificarvi la nuova infrazione anche un anno dopo che è prescritta. Una bella furbata, per fare soldi a vostre spese.

78 milioni di multe comunali
Secondo un nostro calcolo potrebbero essere alcuni milioni gli automobilisti che hanno dovuto pagare verbali già nulli in partenza. Il conto è presto fatto: nel 2011 le multe comminate dai vigili urbani sono risultate oltre 78 milioni (oggi col proliferare di telecamere e controlli elettronici hanno di certo superato gli 80 milioni). Ipotizzando che oltre 30 milioni abbiano comportato la sottrazione di punti, se solo il 10% dei multati non ha riempito il modulo o non si è accorto che il secondo verbale era fuori tempo massimo, siamo già a 3 milioni di “truffati”. Per contro, Polizia stradale e Carabinieri, che comminano ogni anno 2,8 milioni di multe, quasi tutte con sottrazione di punti, si comportano in modo limpido: i verbali riportano le date vere e corrette e non vengono spediti fuori tempo massimo.
La stragrande maggioranza dei Comuni, invece, no: nasconde le informazioni e spara date a capocchia. Le eccezioni sono davvero poche, ne citiamo una: il Comune di Vecchiano, in provincia di Pisa, aggiunge al primo verbale un modulo ineccepibile, chiaro e privo di ambiguità, per spiegare la prassi da seguire. Sì, perché gli automobilisti non sono in grado di fare i conti esatti e finiscono col pagare, anche quando hanno tutte le ragioni per non farlo. E i prefetti? I giudici di Pace? Ondeggiano, solo di recente alcuni di essi hanno accolto la tesi che pure l’infrazione al 126 bis, come qualunque reato, ha una data di prescrizione. Ma finché il Parlamento o la Cassazione non emetteranno una sentenza definitiva sarà uno stillicidio. Roma era la patria del diritto, dicevano. Ma l’Italia, oggi, ne è la tomba.

Nei Paesi Scandinavi le infrazioni al codice stradale sono di due tipi: quelle che riguardano la vettura e quelle che riguardano il comportamento di chi la guida. Le prime sono di tipo amministrativo (per esempio, il divieto di sosta) e vengono in ogni caso comminate al proprietario. Le seconde sono di tipo penalepersonale e vengono applicate solo al vero autore dell’infrazione, mai al proprietario. In Norvegia, se si supera il limite di velocità, viene fotografata la persona alla guida e la polizia va alla ricerca dei suoi dati, non chiede soldi al proprietario. In Norvegia, una legge come il 126 bis, che tassa con 284 euro l’incapacità degli agenti nostrani di fermare il vero responsabile, non sarebbe mai approvata, è una questione di etica. Roma ha perso la faccia, per soldi. E con essa molti Comuni hanno perso la dignità.

Sbirri anche esattori
Torniamo ai 78 milioni di multe elevate dai vigili, le moltiplichiamo per l’importo medio di 100 euro, viene fuori una cifra da capogiro: 7,8 miliardi di euro. Questo spiega perché tanti sindaci considerino la funzione del vigile come quella di esattore. E gli automobilisti, come un bancomat sempre disponibile. Non so se avete ascoltato in una recente puntata di “Ballarò” il sindaco di Rivoli (TO) che ammetteva candidamente di aver portato gli incassi delle multe da 2 a 14 milioni di euro annui, semplicemente istallando quattro autovelox. E risanando così il bilancio comunale.
La confessione – scioccante, in termini numerici - conferma quanto auto sostiene da sempre: l’Italia sta diventando il primo Paese al mondo ove prolificano tasse occulte gestite dai Comuni. Tuttavia quella confessione non ha prodotto negli ospiti e nel conduttore di Rai 3 neppure un sussulto. Per forza! Erano solo politici, che si muovono con l’auto blu, e, quando usano la propria, pagano le multe coi fondi dei gruppi parlamentari.
Ma il profumo di 7,8 miliardi di euro ha attirato anche una serie di aziende private pronte a battersi per ottenere una fetta di torta. Hanno inventato proposte allettanti e apparentemente ineccepibili per facilitare il lavoro delle polizie locali (la Polizia stradale, invece, fa tutto da sola) e per portare soldi alla casse comunali. Non c’è sindaco, vicesindaco o comandante di vigili che non abbia ricevuto proposte più o meno limpide per acquistare, noleggiare o ricevere gratis apparecchiature elettroniche di controllo delle infrazioni. Tutto nella ipocrita giustificazione che la sicurezza stradale è sacra. E non c’è assessore alla viabilità che abbia rinunciato ad appoggiarsi a ditte private pur di alleviare il lavoro dei suoi agenti. Morale, ci sono Comuni – abbiamo visto i bilanci – che introitano dalla multe cifre attorno ai 300 mila euro l’anno, ma versano a tali ditte oltre 1 milione di euro. I contratti che le amministrazioni firmano sono blindati e perfidi: il comune incassa (dopo) solo ciò che va a buon fine, la ditta incassa (subito) una lauta ricompensa su tutti i verbali spediti, anche se poi si rivelano in gran parte fasulli, viziati, illegali o addirittura prescritti.

Leggerezze telematiche
Fra le leggerezze commesse dai Comuni, la più comune è quella di affidare a ditte private tutta la trattazione dei verbali, dal riconoscimento della targa sulla foto alla ricerca del proprietario, dalla compilazione del verbale alla sua spedizione. Ricordate l’inchiesta “Cari furbastri, vi ho beccato” del maggio 2011? Raccontavamo come avevamo scoperto le “disinvolture” di un consorzio di polizia I Fontanili di alcuni paesi a sud di Milano, nel gestire alcuni verbali dei quali eravamo entrati in possesso. In pratica, avevano sbagliato a leggere la targa, ma invece di chiudere lì, dopo la nostra segnalazione, hanno pensato bene di correggere la targa, di risalire al vero autore dell’infrazione e rifilargli ben due verbali, uno per il passaggio col rosso (a un semaforo privo di agente), l’altro dopo soli 7 giorni per infrazione al 126 bis. Entrambi emessi fuori tempo massimo. Entrambi con l’attribuzione del numero del primo verbale – che invece doveva essere annullato, col suo numero. Ma, ancor più grave, le date di accertamento dell’infrazione erano state alterate in modo da far risultare, entro i termini, notifica e spedizione.

Con un po’ di fiuto siamo riusciti a contattare l’ignaro automobilista, a farci inviare i verbali e a scoprire le varie disinvolture, compreso l’impiego di una ditta di Rimini per la gestione dei verbali. Cosa deve fare a quel punto un giornalista che scruta “Nel Mirino” i comportamenti della pubblica amministrazione, che ha in mano le prove di presunti reati, che ha promesso ai lettori che passerà tutta la documentazione alla Procura? Ci siamo rivolti a uno dei migliori esperti di reati commessi da pubblici ufficiali, l’avvocato Francesca Fuso di Milano, che ha completato le indagini scoprendo altri abusi e ha formulato per la Procura di Vigevano una dettagliata denuncia, con 19 allegati, inclusi gli articoli apparsi su auto. Le ipotesi di reato andavano da abuso d’ufficio, falso ideologico e materiale in atti pubblici, violazione degli articoli 11 e 12 del Codice della strada e altre illegalità varie nella trattazione dei verbali. Volete sapere come è finita? Vi risparmiamo i dettagli: il comandante del Consorzio I Fontanili non è stato neppure rinviato a giudizio, perché le sue “irregolarità” non sono state ritenute dalla Procura di Vigevano un vero e proprio reato, ma un semplice… errore telematico.
C’è da chiedersi come si possa parlare di semplice errore, visto che ai verbali il comando aveva attribuito date di accertamento false, dopo che il vero errore (quello del primo verbale) gli era stato segnalato da un privato cittadino. Senza commenti.

Enrico De Vita

Inchiesta pubblicata su Auto 02/2013




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