Multe dei Comuni alle auto, effetto rimbalzo

Multe dei Comuni alle auto, effetto rimbalzo
Molti sindaci sono convinti che la strada sia un bancomat senza fondo, basta saperlo sfruttare. E impongono ai comandanti dei vigili di farlo rendere con le multe. Ma attenzione al rimbalzo, perché alcune Procure hanno scoperto il marcio che ruota attorno all’affare

di Redazione

09.04.2014 ( Aggiornata il 09.04.2014 08:00 )

Tre comandanti dei vigili arrestati in due giorni. Tutti per reati a danno della collettività, o meglio, degli automobilisti. Storie di abusi, di corruzione, di concussione (che è la “vendita” di un favore da parte del pubblico ufficiale), di autovelox nascosti come trappole, di rotonde progettate a casaccio e disseminate a pioggia, di segnaletica installata per compiacere qualcuno. Storie di disinvolture legalizzate che a volte impiegano anni prima di venir smascherate e, troppo spesso, la magistratura non considera reati. Per fortuna oggi vengono alla luce questi episodi, e dobbiamo parlarne. A Roma è stato arrestato per un giro di corruzione e di appalti truccati l’ex comandante della polizia capitolina, Angelo Giuliani, assieme ai vertici di una società pubblica, la SeA (sicurezza e ambiente), nata per intervenire sul luogo di un incidente, ripulire la strada, riparare i danni alle strutture viarie e poi addebitarli a chi vi era coinvolto. Quel comandante era stato nominato da Veltroni nel 2008 e poi confermato da Alemanno nella Giunta successiva, ma era balzato agli onori dalla cronaca quando venne scoperto ad usare un pass per disabili – ovviamente non suo — per recarsi di sera in centro e parcheggiare con disinvoltura. La stessa disinvoltura che ora i pubblici ministeri romani lo accusano di aver usato per sponsorizzare, senza regolare gara e in maniera illecita, l’assegnazione di un appalto da diversi milioni di euro alla società SeA. L’asfalto lo pulisco io In cambio dell’assegnazione a scatola chiusa, Giuliani avrebbe ricevuto tangenti da 30.000 euro, intascate in diverse tranche, mascherate sotto forma di sponsorizzazioni per il centro sportivo dei vigili urbani romani. Sponsorizzazioni che avevano insospettito gli uomini della Finanza: come mai una società pubblica come la SeA compariva così di frequente come sponsor in attività legate alla polizia municipale? Ma anche i cittadini si erano accorti di qualcosa di profondamente storto e sospetto dopo un incidente. Gli uomini che intervenivano per ripulire la strada e riparare le infrastrutture avevano di fatto – vista la natura di società pubblica della SeA — il compito di stabilire le responsabilità dell’incidente e di addebitare i costi delle riparazioni. Non solo, ma avevano la facoltà di recapitare a casa di coloro ai quali era stato riconosciuto il torto la fattura per il ripristino della carreggiata, la pulizia della sede stradale, la rimozione dei rifiuti generati dall’impatto. Costi che non erano – per così dire – a buon mercato, quando non erano addirittura folli o illogici. Al punto che la procura di Roma, lo scorso 14 gennaio, aveva provveduto a togliere alla SeA il compito di intervenire sul luogo degli incidenti, per affidarlo all’azienda della nettezza urbana Ama. Nebulosa discutibile Fra gli esempi tristemente noti vi è quello di Valerio Leprini, un giovane morto nel 2009 per aver battuto la testa contro un palo della luce dopo la caduta dal ciclomotore. Per la posizione del palo, proprio sul ciglio del marciapiede, sono indagati per omicidio colposo tre vigili e un funzionario del municipio, ma per i rottami del motorino la SeA ha inviato alla madre del giovane, a distanza di tempo, una fattura di 700 euro per la pulizia del tratto di strada. Quanto sia discutibile e nebulosa la nascita di società pubblico-private (il capitale è pubblico ma la gestione è affidata a privati), come la SeA, si ricava da un altro episodio, che poteva penalizzare tutti gli automobilisti. Nello scorso novembre, in occasione di alcune modifiche al Codice della Strada, era saltata fuori una proposta da fonte misteriosa (ma non tanto) che voleva affidare a società private (dotate di ausiliari del traffico) il compito di redigere i verbali degli incidenti senza feriti, di ripulire le strade e di riparare le infrastrutture. “I nostri vigili non portano a casa soldi quando vengono chiamati per piccoli incidenti e perdono un sacco di tempo” – era stata la giustificazione di certi comandanti, che evidentemente desideravano impiegare i loro agenti in attività più remunerative. Per fortuna, la modifica è stata bloccata, altrimenti chissà quali abusi potevano essere commessi, visto che ormai sono stati individuati origine e scopo della proposta. Autovelox a go-go Altri due comandanti sono finiti agli arresti nei primi giorni di marzo: il primo è Andrea Saroldi di Spotorno (Savona), imputato assieme ad altre persone in una inchiesta della procura di Savona che ha scoperchiato numerosi reati commessi sugli appalti di fornitura di impianti autovelox e di cartelli stradali: concussione, calunnia, truffa ai danni dello Stato e corruzione in atti contrari al proprio dovere, rivelazione di segreti d’ufficio. Dalle indagini è emerso che Saroldi avrebbe chiesto mazzette alla Igea, una ditta di Ceparana (La Spezia) che produce, noleggia e istalla impianti autovelox e Velocar per la rilevazione della velocità, il cui titolare (assieme alla moglie che ne è amministratore unico) è Claudio Ghizzoni, comandante della polizia locale di un consorzio di piccoli Comuni della Lunigiana con sede a Podenzana (Massa Carrara), anche lui agli arresti domiciliari per il duplice reato concussione-corruzione, come emergerebbe dalle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate. Non è finita: per coprire alcuni debiti di gioco, Saroldi avrebbe chiesto mazzette pure al titolare della Arcadia, una ditta che a Spotorno si occupa di segnaletica stradale, e che dopo avere pagato circa 20mila euro, stufo delle richieste di denaro da parte del comandante, avrebbe deciso di raccontare tutto alla polizia. Ma ora l’indagine si allarga perché gli apparecchi della Igea sono stati istallati in numerosi centri della Liguria, nella stessa Podenzana e perfino in Lombardia ove a Cardano al Campo, in provincia di Varese, hanno provocato uno sconquasso nascondendo gli apparecchi dentro vetture private, aggirando con astuzia l’obbligo di presegnalarli, e arrivando anche a denunciare per furto la mancanza dei cartelli segnalatori. Spostati i confini per fare più multe Anche noi ci siamo imbattuti, in passato, nelle apparecchiature fornite dalla Igea. Ne abbiamo mostrato le foto sulle pagine di auto quando venimmo a conoscenza di una inchiesta dei carabinieri sullo spostamento dei confini comunali di un paesino dell’entroterra ligure. Il decreto Maroni del 2009 aveva proibito l’uso di autovelox fissi nell’ambito urbano. Allora, per lasciare in funzione un apparecchio posizionato al margine del Comune, la provincia accettò di dichiarare provinciale quel tratto di strada. Ma, invece di adottare il limite di 70 o di 90 all’ora come compete alle strade provinciali, a sorpresa, mantenne i 50 orari. E le multe si moltiplicarono. Ma la magistratura archiviò l’inchiesta. I nuovi episodi possono essere solo una coincidenza, noi tuttavia pensiamo sia la conferma di una disinvoltura che coinvolge le ditte noleggiatrici, le polizie municipali e le giunte comunali. E che la magistratura ha il dovere di accertare e sanzionare. Per rispetto a chi si sente chiamato in causa dobbiamo riconoscere che la maggior parte dei responsabili delle polizie locali non si comporta come gli esempi appena descritti, anche se sindaci e assessori esigono soldi, maledetti e subito, per sanare i buchi di bilancio che loro stessi hanno provocato. E li esigono dall’unico bancomat a loro disposizione. Bancomat fornito dalle tasche di cittadini inermi, indifesi, taglieggiati ad ogni km da mille insidie e trabocchetti. Pochi giorni fa raccoglievamo le confidenze e le preoccupazioni di un comandante che non voleva stare al gioco al massacro: la giunta comunale di un paese di 7000 abitanti gli aveva chiesto di spremere gli automobilisti e di mettere a bilancio multe per un importo totale di 1,5 milioni di euro. Per garantire tale introito nelle casse comunali, il nostro comandante avrebbe dovuto aggiungere la percentuale di oltre il 40% che – grazie alle scappatoie legali — va alla ditta che compila e spedisce i verbali, e quella, ancor più elevata, delle multe che non vanno a buon fine. In definitiva, avrebbe dovuto moltiplicare per 5 le multe fatte l’anno scorso (circa 12.000), che rappresentavano già una quantità sproporzionata per un Comune di soli 7000 abitanti. E non se l’è sentita di infierire. Ma quanti altri avrebbero resistito? Enrico De Vita 1

  • Link copiato

Commenti

Leggi auto.it su tutti i tuoi dispositivi

Auto, copertina del meseAuto, copertina del meseAuto, copertina del mese