Autovelox, Milano addomestica le leggi

Autovelox, Milano addomestica le leggi
Con 7 autovelox, i verbali sforano i termini per la notifica: ecco una sconcertante interpretazione delle norme

di Redazione

09.11.2014 ( Aggiornata il 09.11.2014 05:02 )

Loredana C. lavora a Milano e tutte le sere, con la sua Micra, torna a Cernusco sul Naviglio, ove abita. Ogni giorno percorre nei due sensi via Palmanova, un rettilineo di oltre un km, con due carreggiate separate, ciascuna di due corsie, privo di incroci e di attraversamenti pedonali, nel quale vige il mortificante limite di 70 km/h. Ma nelle “rush hours”, le ore per andare e tornare dal lavoro — che gli inglesi definiscono “ore della fretta” – si viaggia tutti assieme, all’unisono, con velocità imposta (o subìta?) dal traffico: incolonnati, incollati gli uni agli altri per riempire ogni spazio vuoto, come si usa, come esige il buon senso. Al di sopra o al di sotto dei 70, a seconda delle circostanze. Su un palo (il numero 47 di viale Palmanova), neppure ben segnalato, il Comune ha installato il 10 marzo scorso un autovelox, uno dei sette occhi elettronici milanesi, che Roma ha subito imitato per invidia. Ufficialmente approvati e istallati per migliorare la sicurezza, nella realtà facili strumenti di lucro, suggeriti e offerti da aziende che non annoverano certamente fra i propri scopi sociali il bene collettivo o l’etica.

Il palo con la mitragliatrice

Micidiali sono quello di viale dei Missaglia e del sovrappasso del Ghisallo, ma anche quello di via Palmanova non scherza perché colpisce a tradimento. Più che un autovelox è una mitragliatrice, in un mese ha colpito tre volte Loredana per eccesso di velocità: a 72, a 73 e a 74 km/h. Sempre all’uscita dall’ufficio, sempre dopo le 17:00, sempre in direzione di Cernusco. Ovviamente, Loredana è solo una delle migliaia di vittime sanzionate senza pietà e senza logica dalla mitragliatrice. Infatti, a ondate, quasi tutti i flussi normali di traffico cadono nella trappola. Soltanto i fortunati che beccano un rallentamento ne escono indenni. Loredana ha regolarmente pagato le sanzioni, allettata dall’indecente luccichio dello sconto del 30% “se paghi subito”. Poi ci ha fornito i suoi verbali. Ne pubblichiamo due nelle pagine successive. Sono decisamente interessanti, analizziamoli. Già la scelta di imporre i 70 su una superstrada dove il flusso di traffico – mezzi pubblici compresi – viaggia molto spesso a velocità superiori, è contraria allo spirito del Codice, che per strade ad alto scorrimento consiglia velocità di 90 o 110 e, comunque, stabilisce il principio che l’andatura migliore è quella che rende più fluida la circolazione. Mantenere i 70 su viale Palmanova anche di notte, è un insulto al buon senso.

Tolleranza zero

Poi scopriamo la feroce taratura dell’autovelox. Se Loredana è stata multata a 72 km/h, vuol dire che qualcuno ha ordinato di aprire il fuoco già a 71. La tolleranza di 5 km/h che il verbale sconta dalla velocità rilevata è solo lo scarto che impone la legge per tener conto degli errori dell’apparecchio (che ci sono, eccome), ma non riguarda l’altra metà del contendere, cioè la precisione dei tachimetri delle auto, la frequenza della loro lettura, la difficoltà di mantenere rigorosamente una certa andatura. Tarare l’apparecchio subito dopo i 70 ha il sapore del giustizialismo da ghigliottina, non lasciare scampo al più prudente e rispettoso degli automobilisti. Conosciamo comandanti di polizia locale che hanno tarato a 75 km/h velox istallati ove il limite era di 50: “Vogliamo colpire gli indisciplinati, non sparare nel mucchio per raccogliere soldi”, questo il loro approccio alla sicurezza. Intelligente. Ma a Milano la legge è legge, se uno sbaglia, anche di un km, paga i “ghelli”, i ghisa sono inflessibili. Bravi, così si fa! Le casse comunali ringraziano, il fondo previdenza dei vigili pure. Sì, perché una lauta percentuale degli incassi da multe viene utilizzata a questo scopo dal Comune meneghino.

90 giorni per la notifica

Siamo solo all’inizio, il bello deve ancora venire. Come i lettori sanno, a metà del 2010 il Parlamento aveva convertito in legge un decreto del Governo che riduceva da 150 a 90 il tempo concesso alle amministrazioni per notificare i verbali al trasgressore e al proprietario del veicolo. “Un cittadino non può ricordare dove si trovava 5 mesi prima” — aveva opinato correttamente il legislatore “tre mesi bastano e avanzano per spedirgli il verbale, anche perché al povero cittadino diamo solo un mese di tempo per fare ricorso”. Milano parte col piede giusto e rispetta i 90 giorni. Osservare per credere: il verbale sotto, che si riferisce alla infrazione commessa il 17 marzo, dice correttamente che “L’accertamento dell’infrazione è stato possibile a partire dal 17 marzo, pertanto i termini di notifica decorrono da tale data”. Grandioso, i vigili di Milano conoscono le leggi e si adeguano. Anzi, non tengono neppure conto che per le auto aziendali, quelle in leasing o quelle estere, la norma concede loro altri due mesi per appurare il nome del guidatore o del locatario. Infatti, la data della infrazione può precedere quella del cosiddetto accertamento, cioè quella in cui un agente prende visione di una fotografia o di altro documento, individua l’autore e definisce l’infrazione compiuta. Così Milano spedisce questo verbale il 24 aprile, circa un mese dopo l’infrazione, con perfetta tempistica.
Autovelox, come Milano addomestica le leggi

“Vile meccanico”

Ma le cose precipitano. A maggio la zecca clandestina inaugurata due mesi prima è al massimo della produttività: migliaia di verbali- bancomat al giorno. Al punto da intasare gli uffici degli impiegati addetti alla fase di accertamento e spedizione dei verbali: i verbali sono così tanti che non si fa in tempo a spedirli entro i 90 giorni. Cosa inventa il Comune? Si inventa che la data dell’infrazione è nota e fissa, ma quella dell’accertamento può essere molto diversa. Vero, ci aveva pensato anche il legislatore quando si era accorto che per certe tipologie di vetture non era automatico e semplice ottenere il nome di un responsabile. E ci avevano pensato anche alcuni giudici, che con buon senso avevano concesso qualche giorno ai vigili per sbobinare il rotolo di pellicola o per leggere il Cd con le targhe. E ci aveva pensato anche la Cassazione quando aveva sentenziato che i tempi fisici per la spedizione non rientrano nei 90 giorni, basta che i verbali vengano consegnati nei termini agli uffici postali e che tale data sia resa nota. Ma, da qualche mese, Milano si prende una libertà in più: decide che la data dell’accertamento è “ad libitum”, variabile senza alcun motivo plausibile, opinabile, a scelta del comando. Se i vigili non fanno in tempo, basta che scrivano che si sono attivati qualche mese dopo, per esempio durante le ferie e che si sono accorti che qualche mese prima “tu vile meccanico” - come il Manzoni avrebbe apostrofato l’automobilista – ti eri macchiato del sordido reato di aver infranto, per ben 1 km, il limite di velocità imposto dalle sacre grida comunali.
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Autovelox, Milano addomestica le leggi - L’agente Pinco Pallo

Il fatto è che sono già passati i 90 giorni, il verbale può essere annullato in autotutela a semplice richiesta del cittadino, senza alcun ricorso, senza sborsare un euro, semplicemente perché sono trascorsi i termini. E al comando lo sanno benissimo, ma per forzare la mano all’ignorante (colui che non sa) non glielo dicono. Anzi, gli dicono che i 90 giorni che loro hanno a disposizione per spedire il verbale decorrono proprio da quando lo hanno esaminato. Per esempio, se l’agente Pinco Pallo si sveglia a Ferragosto, scriverà che la data dell’accertamento (dalla quale decorre tutto il resto) è quella. Di questo passo, anche dopo un anno dall’infrazione, le amministrazioni avrebbero titolo per notificare i verbali. All’infinito, senza alcun limite. Qualcuno a Palazzo Marino, sede del Comune, si è giustificato dicendo che il lavoro era aumentato, che non si potevano perdere soldi, che si tratta solo di una interpretazione della legge. Misere giustificazioni: nessuno ha imposto al Comune di installare apparecchi automatici che – tarati in quel modo, su strade con quei limiti restrittivi — avrebbero di certo generato verbali in numero mostruoso. Bastava quel numero, che ha sorpreso gli amministratori più onesti e che ha fatto gongolare invece quelli più compromessi, a confermare che l’iniziativa era sbagliata, assurdamente punitiva per i cittadini. Leggete ora il secondo verbale: infrazione commessa il 26 aprile, accertamento preso in carico il 5 agosto (ben 101 giorni dopo), consegna alle poste il 26 agosto (122 giorni dopo). Ovviamente, la consegna a Loredana è avvenuta a settembre inoltrato, cinque mesi dopo la data dell’infrazione. Ridicolizzando così il Parlamento che nel 2010 aveva ridotto i termini; menomando ancora di più i diritti della difesa.

Pescano anche i bianchetti

In questo verbale, a distanza di un mese dal precedente, la frase che faceva scattare i 90 giorni dalla data dell’infrazione viene incredibilmente modificata e fa decorrere i termini dalla data dell’accertamento, 101 giorni dopo, senza alcun motivo se non il goffo tentativo di dare una parvenza di legittimità al verbale. Non per nulla nel luglio scorso il Consiglio comunale di Milano ha “impegnato il sindaco e la Giunta ad annullare in autotutela tutti i verbali elevati con i 7 apparecchi automatici e a disinstallarli fino a che non venga effettuato un apposito studio sulle strade a maggior incidenza di sinistri”. Milano e Roma hanno pescato a piene mani nel mare della convivenza civile. Istallare strumenti elettronici tarati senza pietà, in strade con limiti tanto restrittivi da apparire illogici, utilizzando decreti prefettizi di 12 anni fa (quando l’impiego degli autovelox in città era soggetto a norme differenti), è come gettare in mare una rete a maglie sottilissime, che non dà scampo a nessuno. Che fa strage di bianchetti, le alici appena nate. Che uccide la pesca. I Comuni (non tutti, per fortuna) si stanno inventando una tassa occulta, gigantesca, casuale, che colpisce chi non ha altri mezzi per andare al lavoro, che non porta sicurezza ma disperazione in famiglia. Milano, la grande Milano, se ha coscienza deve sentire il bisogno di restituire i soldi a Loredana. Enrico De Vita

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