Bollo auto tassa penalizzante, doccia gelata

Bollo auto tassa penalizzante, doccia gelata
Prima la proposta di abolirlo per 3 anni sulle auto nuove, poi rimetterlo per le ultraventenni. Chi spinge il governo a simili mosse da principianti?

di Redazione

10.12.2014 ( Aggiornata il 10.12.2014 05:12 )

Le premesse sembravano buone: “L’abolizione del bollo auto è un risarcimento per l’automobilista che in questi anni è stato torchiato in maniera incivile e che ha subito un’aggressione fiscale per l’avversione ideologica al trasporto privato e per la criminalizzazione delle auto di segmento alto”. Queste le dichiarazioni di Daniele Capezzone, che lo scorso 14 ottobre ha ottenuto l’approvazione della commissione Finanze della Camera al suo progetto di legge, il quale è poi stato rimandato indietro dall’aula il 21 ottobre. La proposta prevedeva l’abolizione del bollo per tre anni per le auto di nuova immatricolazione, che salirebbe a cinque nel caso di veicoli alimentati a gas o ibridi, e l’innalzamento al 40% della deducibilità per i veicoli aziendali se in versione “green”. Ma al contrario delle premesse è ormai chiaro che a beneficiare del provvedimento non saranno i 36 milioni di automobilisti – che non possiedono un patrimonio tale da poter cambiare auto ogni tre anni – quanto i veri mentori della proposta, cioè Case produttrici e loro reti di vendita. Che languono e piangono da diversi anni a causa della crisi, ma che hanno sfruttato – a partire dal 1987 - una serie di incentivi che non ha uguali in Europa, che ha drogato il mercato negli anni passati e che non sempre è stata utilizzata in modo limpido. Le Case non hanno bisogno di questo ambiguo regalo, ma di un minor peso fiscale sull’auto e sulla benzina, nonché di minori vessazioni sugli utenti, come burocrazia, multe, limiti alla circolazione, mancanza di parcheggi, ZTL.

Si va alle Calende greche

Per quanto riguarda la copertura finanziaria Capezzone sostiene che la proposta “si finanzierebbe da sola con l’aumento del gettito Iva conseguente alle maggiori vendite e con un fondo di dotazione da 300 milioni e fino a un miliardo, a valere sulle agevolazioni concesse alle imprese”. La strada è ancora lunga perché il testo deve ottenere l’ok dalle commissioni Affari Costituzionali, Bilancio, Ambiente, Trasporti, Attività Produttive e della Commissione parlamentare per le questioni regionali e poi essere approvato dall’aula della Camera, prima di ripetere l’iter al Senato. Fin qui tutto bene: alle calende greche, ma con apparente logica. Poi si scoprono i buchi. Cosa succede dopo tre anni? Quanto pagheranno di bollo le auto nuove? Come potrà l’erario sopportare tre anni senza riscuotere un euro da tutte le vetture vendute nel frattempo? Siamo certi che cresceranno le immatricolazioni - nonostante la crisi - solo perché eliminiamo il bollo? Risponde la proposta: “più inquini e più pagherai, visto che, una volta esaurito il bonus triennale, il bollo verrà calcolato non in base alla potenza, ma alle emissioni”. E qui la barca comincia a fare acqua, perché, conoscendo come e quante volte in passato (non) sono state ridotte le tasse, chi già possiede un’auto trema e paventa di dover pagare per gli altri. Come se già oggi non vi fosse una tassazione crescente con la classe di omologazione – che equivale all’età della vettura.

Bollo auto tassa penalizzante - Dagli all’untore!

Quindi la proposta appare innanzitutto iniqua per chi non può permettersi un’auto nuova. Ma ancor peggio è la logica di fondo sulla quale si basa: incentivando l’acquisto di un’auto e penalizzando il mantenimento della vecchia si vorrebbe dare una spinta al mercato che langue ormai da molti anni. Il dettaglio trascurato è che il mercato non langue perché alla gente non piace più avere un’auto nuova, ma perché non ci sono più i soldi per comprarla e non è facile neanche avere finanziamenti giacché il lavoro fisso è una chimera. Quindi “andamento lento” per le auto nuove e, addirittura una spinta alla rottamazione per chi teme rincari del bollo e non vuole sottostare agli effetti della riforma. Quanto perde il fisco? Con un bollo medio di 200 euro a vettura e 1,4 milioni di auto vendute annualmente, l’erario rinuncia a 280 milioni il primo anno, che diventano il triplo dopo tre anni e che salgono ancora fino al quinto, per poi rimanere costanti. Oltre un miliardo in tutto. In cambio di che? Di un auspicato, indimostrabile e non pertinente incremento delle vendite auto soggette a Iva. Non dimostrabile perché basato su una ipotesi, non pertinente perché si fanno i conti senza sapere quando la crisi finirà. Morale, fisco in netta perdita per tre anni. Che pertanto vorrà rifarsi. A spese di chi? Ma è ovvio, di chi inquina. Come dire: dagli all’untore, che è sempre l’automobilista. Il ritornello sa ormai di giustizialismo: chi ha comperato qualche anno fa un modello perfettamente rispondente alle norme antinquinamento (di allora) è oggi considerato un appestato, un inquinatore, un nemico che deve pagare le sue nefandezze, ogni anno in modo crescente. Ma se analizziamo cosa il legislatore intende per inquinamento scopriamo che alla base c’è sempre l’equivoco della CO2. Che è un gas serra, ma non un inquinante. Che ha una relazione diretta col consumo di combustibile solo quando l’energia a bordo è costituita da benzina o da gasolio, ma diventa un numero addomesticato quando è metano, Gpl o alcol etilico (anche se poi l’auto va a benzina), diventa un generoso trucco quando si tratta di un’ibrida ed è addirittura un falso ideologico se l’energia a bordo proviene da una batteria (perché non si conta l’energia elettrica). Avrete senz’altro ascoltato in tv gli spot dal Salone di Parigi: modelli da 1500 kg che consumano un litro per 100 km! Ovvio che sono bufale, ma le alchimie verdi lo consentono. Cos’altro ci dobbiamo attendere dall’esenzione del bollo per i primi tre anni? Chi non può permettersi la rottamazione né l’acquisto di un nuovo, cioè manterrà la sua vecchia e accetterà di pagare gli aumenti, vedrà aumentare di colpo il proprio bollo per compensare la perdita che lo Stato subirebbe — per le vetture nuove esentate per tre anni e per le altre verdi che non contribuiscono fino ai cinque – quindi finirà col frenare gli altri consumi per destinare al bollo i pochi risparmi. Col risultato di deprimere ancora di più i consumi interni. Quando il limone è alla buccia, spremerlo ancora è tempo sprecato.

Spalmare il bollo sulla benzina

Molto più intelligente sarebbe spostare il bollo sulle accise di benzina, di gasolio, di metano e di Gpl. Chi consuma di più (nella realtà, su strada, non nei mirabolanti risultati del ciclo di omologazione), pagherebbe di più. Con l’aggiunta di qualche detrazione per chi con l’auto o il camion ci lavora: col vantaggio di veder sparire per sempre l’evasione del bollo; col risparmio derivante dalla fine dei controlli di Aci, Regioni e tesoreria centrale sui bolli pagati e sulla loro congruità; con la partecipazione dei turisti stranieri al pareggio del bilancio. Sarebbe una cosa intelligente, ma alle Regioni, che oggi riscuotono la tassa di proprietà, non conviene perché non sarebbe più una cifra fissa, nota a priori, ma un introito aleatorio affidato ai cittadini, al loro potere di acquisto, all’evolversi della crisi, alla scelta di veicoli che veramente consumano poco e di come si guida. Ma è tutto troppo logico perché gli uomini dei ministeri, quelli che fanno i conti, possano comprenderlo. Abbiamo raccolto commenti esasperati, ma significativi. Questi i più gettonati: “Non è pensabile che una persona normale compri un’auto nuova solo per non pagare il bollo per tre anni, cioè per risparmiare 450 euro ne spende subito migliaia e migliaia. La proposta mi sembra più un favore ai “ricchi” che devono acquistare un’auto nuova, magari aumentando poi il bollo agli altri”. John scrive: “Naturalmente, il bollo che si andrà poi a pagare sarà almeno il doppio o il triplo dell’attuale. Ecco come ci si inventa un modo per obbligare chi ha un’auto di qualche anno - e non se ne può permettere una nuova - a cambiarla per forza: con la scusa dell’inquinamento la si tassa talmente tanto da renderne antieconomico l’utilizzo, così si ravvivano un po’ anche le vendite. Una bella targa bulgara e tanti saluti a tutti”. Giovanni Maria aggiunge: “Non si tratta di bollo di circolazione, ma dell’ennesima tassa sulla proprietà, e l’unico modo sensato di commisurarla all’inquinamento prodotto sarebbe riversarla sui carburanti. Perché chi consuma di più, inquina di più. Tutto sarebbe proporzionale all’uso e al consumo dell’auto. Più uso l’auto, più pago. Inoltre non si dovrebbe più rincorrere chi non paga e, chi deve pagare non si dovrebbe più ricordare della scadenza. Un vantaggio per lo Stato e per il cittadino”.

Guerra fra Aci e Asi...

Molti sottolineano che spalmare il bollo sui carburanti farebbe rifiorire il mercato dell’usato, consentendo agli appassionati di possedere più di un’auto o di una moto senza dover pagare centinaia di euro all’anno, solo per tenerle ferme in garage. E davvero sarebbe la bacchetta magica per interrompere la guerra in atto fra Aci e Asi. La prima ha fondato da poco una sua associazione di veicoli storici, vuole accrescere il suo peso e nobilitarsi; la seconda esiste dal 1966, è incaricata ufficialmente dal 2003 di conferire il diploma di auto da collezione a tante ventenni e quindi ha il potere di ridurre loro il costo di bollo e di assicurazione. I soci Asi sono cresciuti da 35.000, nel 2002, a 220.000 oggi, cifre da suscitare invidia. Ogni anno e escono dal club 60.000 vetture e ne entrano 70.000, segno che la prima cifra è verosimilmente quella delle ultraventenni che vengono rottamate, la seconda è invece quella delle giovani ventenni che entrano nell’orbita. La differenza, 10.000 unità, rappresenta il plotone delle vere storiche da collezione. In Francia le vetture che hanno compiuto 20 anni spariscono dagli elenchi del circolante e non pagano più la “vignette” (il loro bollo ndr), da noi alcune Regioni (ad esempio, la Lombardia) hanno convertito la tassa di proprietà in bollo di circolazione, come i ciclomotori, senza richiedere alcuna iscrizione ai club storici. Nel resto d’Italia, alcuni circoli Asi sono stati di manica larga nell’accettare l’iscrizione di muli da lavoro, ancora marcianti ma con poche velleità storiche. Morale, fra tante auto ben conservate circolano veri catorci, ma pochi riconoscono che il problema è a monte: se il circolante è insicuro, inquinante e non affidabile, la colpa è delle finte revisioni, non di un circolo che attesta altre doti.

... ed è una guerra fratricida.

Ora nella legge di stabilità (la Finanziaria 2015) si vuole cancellare l’agevolazione del bollo ridotto offerta a tutte le ultraventenni, iscritte o non iscritte all’Asi. Qualcuno, fra i contabili del ministero dell’Economia deve essersi illuso di ricavarne chissà quanti soldi. O lo hanno illuso. Ma contro la legge di stabilità l’Asi è subito insorta a paladino dei deboli: invece di ammettere che molti catorci circolano senza essere soci di alcunché, invece di indicare nelle revisioni mal fatte il nocciolo del problema, invece di essere trasparente su certe iscrizioni facili rilasciate dai suoi circoli, tuona contro improbabili danni per l’economia nazionale che la legge di stabilità produrrebbe. In realtà, chi è affezionato a una anzianotta, o trova conveniente mantenerla in vita perché fa ancora il suo lavoro con dignità, continuerà a pagare il bollo, senza scossoni per l’erario. Altri che non sono più interessati o che hanno catorci di scarso valore, li rottameranno, con beneficio per la sicurezza. Se poi si decidesse di spalmare l’introito del bollo sulla benzina, ogni discussione e guerra fratricida cadrebbe per sempre. Meditate politici, meditate.

Enrico De Vita

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