BMW dove vai?

BMW dove vai?
La Casa di Monaco esplora nuovi segmenti e segue le tendenze. Riuscirà a conservare il suo dna sportivo?

di Lorenzo Facchinetti

21.04.2015 ( Aggiornata il 21.04.2015 07:20 )

Con le immagini della nuova Serie 2 Gran Tourer sotto gli occhi la nostra mente, per un attimo, è volata verso un’altra BMW che aveva un portellone posteriore così inclinato: la Z3 Coupé della fine degli anni Novanta. Che era un po’ sgraziata, di posti ne aveva soltanto due anziché sette, ma trasudava originalità e desiderio di guidare da ogni dove. Quella vettura era il manifesto di quello che BMW ha sempre rappresentato nell’immaginario degli appassionati: vetture potenti, veloci, una spanna sopra le altre per guidabilità e piacere di guida. La Serie 2 Gran Tourer, versione allungata e con due sedili in più della 2 Active Tourer, a modo suo è invece lo specchio di quello che è diventata oggi BMW: un marchio globale che ha ampliato paurosamente la sua offerta per incontrare i gusti di una clientela sempre più eterogenea e in continua evoluzione. E a giudicare dai risultati, la strategia di Monaco di Baviera sta ripagando alla grande e fa felici sia il Board che gli azionisti. Nel 2014, il Gruppo BMW (quindi comprese Mini, Rolls Royce e BMW Motorrad) ha superato i due milioni di unità consegnate con una crescita del 7,9% sul 2013, che sale al 9,5% se guardiamo soltanto al marchio BMW. Merito del mercato americano che ha superato la crisi (vendite aumentate del 3,9%), dell’Europa che sta lentamente risollevandosi (+6,4%), ma soprattutto dei mercati non più emergenti ma emersi da un bel po’ come Asia (+13,8%) e Medio Oriente (+22,6%). Quei Paesi, per inciso, che accolgono con più calore le BMW del nuovo corso: grandi, spaziose, confortevoli e sempre più premium.
L'ultima BMW Serie 1 a trazione anteriore - La nuova 1, che ha debuttato a Ginevra, sfodera ritocchi estetici (specie in coda, con i nuovi fari a sviluppo orizzontale) e introduce i nuovi motori modulari a 3 e 4 cilindri, con la 116d da 116 cv da soli 89 g/km di CO2. La futura Serie 1, però, abbandonerà la trazione posteriore in favore dell’anteriore.
E da qui la strategia di BMW, che spesso rimarca il CEO Norbert Reithofer — in procinto di passare il testimone, a maggio, al più giovane Harald Krüger per un significativo cambio generazionale —, “production follows the market”: la produzione che segue i mercati, cioé l’apertura di stabilimenti laddove c’è più richiesta: nel 2003 un impianto in Cina (il primo mercato per BMW), Spartanburg negli USA che sarà ampliata per sfornare Suv in serie e sempre più grandi (la X7 è in rampa di lancio), la recente apertura di uno stabilimento in Brasile e, nel 2019 e di un altro in Messico. Ma la produzione che segue i mercati può essere riferita anche alla tipologia di modelli da produrre. E qui c’è tutto il succo della questione, il motivo per cui BMW ha pensato a vetture che, talvolta, non rispecchiavano in pieno il DNA originario del marchio. Come la Serie 5 Gran Turismo declinata poi anche sulla Serie 3, un modello che incontra i favori dei mercati asiatici al pari delle ammiraglie Serie 5 e 7 a passo lungo. Oppure la lunga schiera di Suv della serie X che vendono bene un po’ dappertutto, dagli USA al Medio Oriente passando per l’Europa. Poi c’è il brand parallelo “BMWi”, con la i8 ibrida che è diventata addirittura la vettura immagine di Monaco quando un tempo lo era la Serie 8. Fra i3 e i8 BMW ha già piazzato 17.800 unità in tutto il mondo (ma il 90% sono i3) e continuerà ad espandere gamma e servizi per le sue elettriche. E per finire, ecco che BMW si è lanciata in un segmento che mai nessuno avrebbe pensato fosse nelle sue corde, quello della monovolume compatta e per di più a trazione anteriore. Con la Serie 2 Tourer, di fatto Monaco è entrata in un segmento dove oggi latitano i suoi due diretti rivali, Audi e Mercedes. Con la prima che tentò timidamente di inseguire il successo della originaria Classe A con la multispazio in alluminio A2, ma poi entrambe hanno abbandonato il sentiero lasciando campo libero a BMW che attualmente è l’unica marca Premium a proporre una monovolume. Tutto questo porta profitti, ma da un lato ha ammorbidito e smussato un poco quell’immagine sportiva, specie nei riguardi del piacere di guida, che BMW ha sempre vantato. Almeno nei confronti della clientela più appassionata, che teme magari che anche il reparto sportivo M possa essere influenzato negativamente da questa ricerca del confort e di modelli che di sportivo hanno ben poco. Segnali positivi arrivano però da diversi fronti. Ricordiamo ad esempio che l’ingegner Roberto Fedeli, per tanti anni direttore tecnico di Ferrari, è da poco arrivato a Monaco con il suo enorme bagaglio culturale in tema di materiali compositi leggeri, elettrificazione e sportività in senso assoluto. Poi c’è stato un cambio anche a capo della divisione M, con l’arrivo di Franciscus van Meel direttamente da Audi Quattro GmbH. Quest’ultimo ritiene che il suo nuovo reparto sportivo, fatto dalle vetture M e dai modelli M Performance (che globalmente nel 2014 hanno segnato un +44% di vendite) abbia un futuro roseo e immune dalle scelte tecniche applicate al resto della gamma. A partire dalla trazione anteriore introdotta proprio dalla Serie 2 Active Tourer — e attesa anche sulla futura generazione di Serie 1 — che mai si presterà a dover “tirare” un modello M. Ma anche la trazione integrale, Suv a parte, non è vista di buon occhio sui modelli M, che dunque sono rimasti gli unici a trazione posteriore dopo che anche Mercedes AMG si è messa ad offrire la 4x4 parallelamente alla posterior e Audi che da sempre ne fa un vanto. Anzi, secondo Van Meel c’è ulteriore margine di sportività con modelli M ancor più spinti. Una risposta alle Black Series di AMG, per intenderci. E dovrebbero arrivare molto presto...

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