Seat Leon Cupra vs Leon Cup Racer

Seat Leon Cupra vs Leon Cup Racer
La Cupra stradale ha una base tecnica talmente valida che con poche modifiche ne è derivata la Cup Racer per corse Turismo. L’abbiamo guidata

di Redazione

22.08.2014 ( Aggiornata il 22.08.2014 13:59 )

La Seat Leon Cupra ha anche una sorella da corsa. Grintosa, aggressiva e potente. Che della Leon stradale eredita gran parte della meccanica, ed è valorizzata da un design davvero racing. Si chiama Cup Racer ed è la nuova vettura turismo da corsa Seat per tutto il mondo. A differenza della Leon vecchia generazione, la Cup Racer non è stata pensata per il mondiale Turismo, dove Seat fino al 2010 era impegnata ufficialmente e ha vinto diversi titoli mondiali (fra cui uno con il nostro Gabriele Tarquini) ma è stata invece progettata su misura per tutte le categorie turismo nazionali, compreso il nostro CITE (Campionato Italiano Turismo Endurance), oltre che per un monomarca europeo organizzato dalla marca spagnola. “Il nostro obiettivo — spiega l’ing. Matthias Rabe, tedesco di provenienza Volkswagen, da tre anni a capo della ricerca e sviluppo di Seat — era realizzare un’auto da corsa che avesse le prestazioni simili a quelle della nostra Leon WTCC dello scorso anno ma a una frazione del prezzo”. L’obiettivo sembra raggiunto: la Leon Cup Racer, con il suo 4 cilindri 2 litri turbo da 330 cavalli, bassa e larga, ben poggiata per terra con una carreggiata larghissima, è una turismo da corsa dalle prestazioni veramente elevate. Ma la chiave finale per il successo del progetto racing era quello di tenere bassi i costi produttivi, per giungere a un prezzo finale talmente conveniente da convincere i piloti a scegliere questa Cup Racer invece di altre vetture concorrenti. Una turismo WTCC arriva a costare anche 400mila euro; ebbene, la Seat si era invece imposta per la sua Leon Cup Racer un prezzo di vendita di appena 70mila euro. “Un ottimo modello stradale da cui partire per la nostra turismo l’avevamo — spiega l’ing. Rabe — ed è la nuova Leon Cupra. Non c’è un’altra auto stradale che ha 280 cavalli di serie, va da 0 a 200 km/h in meno di 20 secondi e ha un consumo medio di 15 km/litro. Un’auto che sul vecchio Ring è riuscita a scendere sotto gli 8 minuti al giro. Un tempo eccezionale. Per costruire la nostra Cup Racer siamo partiti da lì”. Il nome Cupra viene dalle iniziali di Cup Racing. Ma un nome non basta. “Abbiamo lavorato sulle forme e sul telaio della Cup Racer — spiega l’ing. Rabe — per darle un aspetto e un comportamento racing. In Seat ci consideriamo per metà spagnoli e per metà tedeschi: di spagnolo abbiamo l’orientamento al design sportivo, mentre di tedesco la cura per la meccanica e l’affidabilità. Quindi anche nella costruzione di un’auto da corsa non potevano tradire le nostre origini. Il risultato è un’auto molto veloce il cui centro di gravità è degno di un’auto da corsa. Ma anche il design è particolarmente efficace: trasmette l’idea di sportività Seat che è il nostro emblema di marca”. Ma come ha fatto Seat a realizzare una turismo da corsa che va forte come una WTCC ma costa un quinto? Il trucco è stato quello di usare il maggior numero possibile di componenti di serie, attingendo alla “banca organi” di tutto il gruppo Volkswagen, senza ricorrere a componenti racing che sono estremamente costosi ma prendendo piuttosto, dove serviva, ricambi di serie dei marchi più sportivi del gruppo VW. Radiatori e intercooler per esempio sono Audi, telaio e carrozzeria invece sono quelli di serie della Leon, come il cambio. Il motore 2 litri turbo a iniezione diretta è quello della Cupra (ma anche di Golf R o Audi S3, per intenderci) portato a 330 cavalli. Questo metodo ha permesso di risparmiare notevolmente i costi produttivi assicurandosi comunque componenti di qualità. Dice Jaime Puig, direttore di Seat Motorsport “Per contenere i costi, fin dall’inizio del progetto abbiamo deciso di usare al 100% la base della vettura stradale. Abbiamo scelto una carrozzeria a 5 porte anche se quella a 3 garantiva più rigidità, perché c’era la necessità di costruire un’auto da corsa adatta alle corse turismo di tutti i paesi e in certe nazioni non omologano come “turismo” le vetture a tre porte. Inoltre abbiamo mantenuto motore, cambio e differenziale di serie, ma adottando una gestione elettronica sportiva. Anche le sospensioni sono quelle di serie, a parte il fatto che sono montate su uniball invece che su silent-block. Agendo in questo modo abbiamo potuto risparmiare su tanti componenti”. Un esempio intelligente di questa costruzione al risparmio viene dall’impianto di aria compressa, necessario nelle corse a sollevare la vettura. “Per non ricorrere a componenti racing costosi — dice Puig — abbiamo utilizzato il bocchettone di rifornimento di un’auto del gruppo con alimentazione a gas che ha la stessa valvola. Una sinergia semplice e poco costosa. Ma abbiamo anche certe raffinatezze: la Cup Racer monta i fari a Led, che poche auto da corsa hanno. E poi il volante ha i collegamenti elettrici nel piantone invece del classico cavo esterno che si attorciglia. Proprio come in F.1”. Certe scelte orientate al risparmio si sono rivelate anche vantaggiose a livello tecnico: il telaio della Leon si basa sul moderno pianale modulare MQB (comune fra Leon, Golf, Skoda Octavia, Audi A3) realizzato come la carrozzeria con acciai speciali a spessore differenziato. Nel caso della Leon Cup Racer ha permesso di incrementare la rigidità torsionale dell’auto da corsa che rispetto alla Leon Cup dello scorso anno è superiore del 15%, nonostante il peso sia stato ridotto di ben 90 kg (1150 kg). In pista, la Leon Cup Racer trasmette una sensazione positiva: la macchina è piatta, attaccata a terra. Reattiva senza essere nervosa. La potenza del turbo è vigorosa ma l’erogazione piena e “pastosa” a tutti i regimi, non brutale. Accelera con forza e ti porta rapidamente da una curva all’altra. La cosa che impressiona di più è la tenuta di strada: la Cup Racer è larga 195 cm davanti e dietro, ben 166 mm più della stradale; grazie alla notevole carreggiata, anche se è una trazione anteriore non “smusa” affatto: è molto precisa e segue sempre bene la linea che le si imprime con lo sterzo, sia in inserimento, sia quando si riaccelera da centro curva in poi. Merito anche del differenziale a controllo elettronico sulle ruote motrici. Unica sensazione negativa: il DSG 6 marce a doppia frizione di serie a noi non sembra davvero all’altezza dell’auto quanto a comportamento. È poco rapido nell’azionamento, rifiuta la scalata quando il motore è ancora su di giri o si vogliono togliere due marce in rapida successione. Un buon cambio per un’auto stradale, ma quando si ha sotto il volante un assetto da WTCC si vorrebbe una cambiata quasi istantanea. Per questo ci sarà la variante Long Run col sequenziale da corsa e il differenziale meccanico (con 20.000 euro in più).

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