Il bando ai motori termici: arriva la resa dei conti

Il bando ai motori termici: arriva la resa dei conti

Il voto dell'europarlamento se ha fornito un'indicazione politica sulla scelta elettrica, ha anche sancito la profond divisione politica in atto sul tema. E dopo l'Italia che insiste su neutralità tecnologica e carburanti sintetici, anche il governo tedesco si è spaccato

di Pasquale Di Santillo

18.07.2022 17:13

Altro giro, altra corsa. Alla giostra dell’Europa c’è chi scende e c’è chi sale. Se poi chi scende è il primo a essere salito a bordo dell’oltranzismo misto a integralismo ambientalista, cioè il Paese - o una parte - dal quale e per il quale si è avviato tutto il carrozzone anti-Diesel e soprattutto pro elettrico, capirete bene che siamo al delirio più totale. Il che non rende le cose più semplici nel momento in cui i venti di guerra, sempre in Europa, non accennano ad attenuarsi, mentre incombe la siccità e qualche diffuso rischio di ribaltoni governativi (in Italia come in Francia). Lo so, è difficile da credere: ma leggere che il Ministro delle Finanze tedesco ha deciso personalmente e come rappresentante di uno dei partiti di maggioranza del Governo di Berlino di dire no alla messa al bando dal 2035 delle auto a benzina, Diesel e ibride, fa davvero impressione.

L'auto elettrica conviene davvero?

Eppure è vero: Christian Lindner, 43 anni, liberale, annunciando il suo no alla decisione presa dall’Europarlamento ha aperto una profonda spaccatura nell’Esecutivo tedesco. Difficile dire se il ripensamento sia figlio di un rigurgito di buon senso, di una convinzione profonda o di chissa cos’altro. Di fatto, la sua scelta ricorda quella di Herbert Diess, AD del Gruppo Volkswagen - protagonista nel 2015 della deflagrazione del Dieselgate - pronto a salire al volo sul carro ambientalista e lanciare la più massiccia campagna di investimenti sull’elettrificazione che si sia mai vista, per poi, qualche mese fa, sottolineare come non esistono ancora le condizioni per il passaggio definitivo ai motori alla spina.

Già, perché nello scorso marzo, il Governo teutonico all’unanimità si era espresso in maniera positiva per sostenere la proposta della Commissione Europea, a cominciare dalla Ministra federale per l’Ambiente Steffi Lemke. Ora, al netto delle posizioni e del cambiamento di opinioni di chiunque, se la Germania, che è la Germania, si fa portatrice degli stessi dubbi avanzati all’interno del Governo italiano su una transizione da gestire diversamente, per modi e tempi, da come vorrebbe l’Unione Europea, forse è il caso di porsi qualche domanda, anche a prescindere dalle fortissime lobby che evidentemente da una parte e dall’altra tirano la giacca ai politici di turno.

Intanto, c’è da chiedersi che fine ha fatto l’unanimità politica (ideologica?) su un tema così delicato che certo non si può risolvere con divisioni di questa portata, come del resto già evidenziate dai risicati numeri della maggioranza in sede di Europarlamento? E soprattutto, come si intende uscire da questo cul de sac? Perché, se è vero che la votazione ha fornito un’indicazione chiara, è altrettanto vero che il cammino è ancora lungo. Visto che il provvedimento deve passare per il Consiglio d’Europa e soprattutto al vaglio dei singoli Stati. E se il concetto che si sente ripetere da più parti continua a essere quello della neutralità tecnologica, sbandierata anche dal Ministro tedesco, mentre si sta facendo strada anche il discorso dei carburanti sintetici, per il quale a più riprese il nostro referente per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha speso parole importanti - oltre a qualche legittimo sospetto su chi continua a ignorarli - cominciamo a pensare che lo stop per le auto a benzina, Diesel e ibride al 2035, sia molto meno sicuro di quello che pensano gli integralisti in servizio permanente ed effettivo.

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