Urban Mobility Council, punto sul futuro della mobilità

Urban Mobility Council, punto sul futuro della mobilità

Organizzato dal Gruppo Unipol e andato in scena alla Triennale di Milano, il convegno ha raccolto le opinioni e le proposte di istituzioni e aziende

di Monica Secondino

01.07.2023 ( Aggiornata il 01.07.2023 16:23 )

Si è svolta alla Triennale di Milano la seconda edizione di “The Urban Mobility Council”, il Think Tank della mobilità promosso dal Gruppo Unipol. Una piattaforma permanente di discussione, condivisione di idee, ricerche e case studies tra stakeholders istituzionali, università e aziende impegnate per costruire la mobilità sostenibile del futuro. Stefano Genovese, coordinatore del progetto, ha aperto i lavori con la citazione che si legge proprio sulle scale della Triennale: “Il futuro non è mai stato così presente”.

Un futuro che, per la mobilità, è: connesso, autonomo, integrato e green. Molti i personaggi che si sono alternati sul palco in dibattiti e discorsi più o meno a favore della neutralità tecnologica e alla ricerca di soluzioni orientate ad accompagnare i cittadini e le aziende alla nuova mobilità. Un’unica voce fuori dal coro, quella del Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Galeazzo Bignami. Ma andiamo con ordine.

Tra Black Box e Green Box

Per parlare di soluzioni è ragionevole partire dai dati e, a questo scopo, il Politecnico di Milano ha fatto uno studio analizzando quelli delle scatole nere installate sui veicoli dei clienti Unipol nelle province di Roma, Brescia e Bari. Dallo studio, presentato dal Professor Sergio Savaresi, emerge che l’E-Private Mobility Index – la percentuale di veicoli tradizionali che può essere effettivamente sostituita da veicoli elettrici – non è uniforme sul territorio nazionale ed è pari al 17% nella Capitale, al 28% a Brescia e al 42% a Bari. Una differenza che dipende dalla diversa estensione geografica, dai servizi sul territorio e dalle abitudini di guida della popolazione. L’indice è inoltre inversamente correlato ai km percorsi: aumenta al ridursi dei km fatti da ogni veicolo.

L’indicatore sintetico a livello nazionale si posiziona intorno al 30%. Lo studio ha misurato anche la fattibilità economica e cioè la convenienza dell’investimento al passaggio all’auto elettrica. Considerando che in Italia la durata media di proprietà di un’auto è 8 anni, è emerso che una delle variabili che più incide sulla fattibilità economica è il costo della ricarica. A Roma tutte le auto elettrificabili sarebbero ammortizzabili in 8 anni se la ricarica costasse 0,2 euro per kWh (costo pre crisi energetica), se il costo fosse 0,36 euro kWh (costo post crisi energetica), solo il 7% delle auto identificate andrebbe a break even in 8 anni. Per Brescia le percentuali sono di 7% e 3%, per Bari il 13% e il 6%.

Se lo studio è partito dalle Black Box, la ricerca propone di passare al concetto di Green box, uno strumento che definisca e classifichi l’impatto ambientale di ogni veicolo considerando non solo l’appartenenza alla classe Euro, ma anche i km percorsi, la velocità e lo stile di guida. Questo consentirebbe alle amministrazioni pubbliche di pianificare politiche più puntuali ed efficaci per la gestione del traffico privato e limitare l’inquinamento. Le emissioni reali, calcolate con le Green box, dicono che il 43% dei veicoli Euro 5 ha emissioni di gas serra inferiori alla mediana degli Euro 6 e persino il 26% degli Euro 4 ha un impatto di CO2 inferiore rispetto alla stessa mediana degli Euro 6. E, a proposito di amministratori, Attilio Fontana, Presidente della Regione Lombardia ha parlato del fatto che il cambiamento verso la nuova mobilità deve essere sostenibile non solo da un punto di vista ambientale ma anche sociale ed economico, altrimenti la situazione peggiora ulteriormente.

Sostenibilità ambientale ma anche economica

Per questo, consapevoli che il trasporto elettrico presenta dubbi e perplessità, Fontana ha spiegato che va sostenuta la svolta elettrica ma anche la ricerca su biocarburanti, sull’idrogeno e comunque bisogna considerare tutte le alternative. Se Genovese si spinge a proporre una super rottamazione che potrebbe essere una sorta di 110% dell’auto, come quello fatto per il settore immobiliare, dall’Europa, i rappresentanti al Mobility Forum hanno evidenziato l’importanza di un piano industriale comunitario che sostenga e accompagni il cambiamento. Massimiliano Salini, Europarlamentare membro della Commissione per trasporti al Parlamento Europeo, sottolinea che gli obiettivi che si è data l’Europa entro il 2035 sono basati sulla verifica delle emissioni del tubo di scarico.

Un metodo che non è certo sufficiente a garantire la sostenibilità delle auto: “Noi non abbiamo chiesto di ridurre le ambizioni ma di modificare il metodo di calcolo” è per questo che bisogna considerare anche i carburanti di ultima generazione. Anche Patrizia Toia – Europarlamentare, Vicepresidente della Commissione per l’Industria, la ricerca e l’energia Parlamento Europeo, ritiene il passaggio all’elettrico un cammino ormai iniziato ma, per agevolare la transizione, bisogna fare “sistema”. La politica per la mobilità deve essere accompagnata dalla politica industriale e di sostegno all’innovazione, altrimenti non si raggiunge l’obiettivo della sostenibilità.

De Meo: "Serve fare squadra"

Stesso concetto espresso da Luca de Meo, Ceo di Renault e Presidente ACEA: “l’Europa ce la può fare con una politica industriale in cui ognuno faccia il suo ruolo. Serve un lavoro di squadra. E’ un lavoro di grande coordinazione e non può essere fatto con gli editti. Secondo Michele Crisci, Presidente UNRAE e Amministratore Delegato Volvo Italia, accanto all’industria bisogna pensare alla fiscalità dell’auto e agli incentivi che non funzionano. Non bisogna difendere il passato ma guardare al futuro in cui le opportunità arriveranno dai posti di lavoro creati non più dal motore delle auto ma dai software dalle tecnologie, dalla sicurezza, dalla connettività.

Il problema però, secondo Toia, è che una politica industriale presuppone un bilancio comune, che non c’è. Sono i singoli Paesi membri a pensarci, elargendo aiuti di Stato, quindi chi è più ricco più può fare. E intanto si allarga il gap con la Cina (che sovvenziona la mobilità elettrica da anni con aiuti alle aziende) e con gli USA che hanno da poco messo sul tavolo 400 miliardi di dollari. Il Next Generation Eu è stato un modello vincente, con finanziamenti comuni e bilancio comune, che però è 1/10 rispetto a quello di cui abbiamo bisogno per realizzare il Green deal.

Città e automobili

Secondo Salini servirebbe un Next Gen Eu ogni anno. Secondo la Toia un fondo Sovrano per l’industria a livello Europeo. Dall’Europa alle città, gli assessori alla mobilità di Milano, Arianna Ceni, di Roma Capitale, Eugenio Patanè e di Torino, Paolo Mazzoleni, hanno sostenuto con forza l’importanza del MAAS: Mobiilty As A Service. Secondo Patanè: “la città vive nella dittatura dell’autovettura e bisogna invece passare a una città intermodale che usi diversi vettori.”

A rafforzare il concetto porta l’esempio di aziende che produrranno le auto solo per lo sharing e non più per la vendita. Del resto a Roma 2,8 milioni di veicoli rimangono fermi per il 92% del tempo. Concetti analoghi per la Censi che racconta orgogliosamente che a Milano l’obiettivo è quello di diminuire le auto che entrano in città e di quelle parcheggiate, per aumentare lo spazio pubblico. Il tutto per salvaguardare la salute dei cittadini, che è la sua prima preoccupazione. Per gli industriali invece la prima preoccupazione è far quadrare i conti senza precludersi nessuna strada. Per questo Raffaella Lucarno, Head of Bio Refinery & Supply, Biomethane, Eni Sustainable Moblity, dice che le auto elettriche non sono l’unica soluzione e racconta che ENI è attiva anche nella produzione di un diesel completamente bio, decarbonizzato e disponibile nelle stazioni di servizio. Una produzione destinata ad aumentare da qui al 2027. Accanto a questa c’è quella di bio nafta, bio gpl e Jet (per la mobilità aerea).

Bignami: "Elettrico un'opzione, ma..."

Ecco quindi che, a chiudere i lavori dell’Urban Mobility Council arriva sul palco Galeazzo Bignami. Il Vice Ministro è un fiume in piena e parte ricordando l’articolo 16 della costituzione: il diritto alla mobilità. Una mobilità in cui il mercato deve incontrare la domanda e non creare la domanda”. Cosa che si è invece verificata con l’elettrificazione. “La politica non deve educare ma offrire un portafoglio di soluzioni tra le quali il cittadino possa scegliere. E l’auto elettrica, oggi, non è socialmente sostenibile.” Per Bignami “stiamo passando dalla padella russa alla brace cinese”. E, a questo proposito, ricorda che la Cina emette il 33% della CO2 globale. “Se 8 milioni di persone usano il circuito autostradale significa che il trasporto su gomma è ancora l'unico che soddisfa il diritto e la libertà di movimento”. Per il Vice Ministro, in questo contesto, l’elettrico è un’opzione ma l’approccio più corretto è quello delle industrie che si tengono tutte le strade aperte.

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