Italia indietro nella transizione green: il problema sono i salari?

Italia indietro nella transizione green: il problema sono i salari?

All'Automotive Business Summit sono state sollevate diverse tematiche riguardo l'elettrico nel nostro Paese. Il Ministro Fratin: "Le cause sono economiche"

 

di Redazione

16.11.2023 ( Aggiornata il 16.11.2023 10:51 )

Si è svolto nella giornata del 15 novembre l'Automotive Business Summit organizzato dal Sole 24 Ore, un'occasione nella quale si è discusso di alcune tematiche importanti riguardanti la transizione ecologica e il ruolo che l'Italia svolge all'interno di questo cambiamento, con tutte le difficoltà del caso. A partecipare al Summit autorevoli rappresentanti del mondo istituzionale, produttivo, accademico, delle associazioni.

Coloro che sono intervenuti hanno posto l’accento sulla necessità di preparare il nostro Paese in modo adeguato allo stop dei motori endotermici che avverrà nel 2035, e hanno analizzato anche le ricadute che potrebbero esserci per tutta la filiera. Sì, perché questo divieto va anche considerato nell'ottica di uno scenario in cui si è condizionati dalla concorrenza della Cina, primo esportatore di auto al mondo che vanta anche una posizione dominante sulle batterie, e dal sostegno dato dalla Casa Bianca alle aziende statunitensi attraverso l’Inflation Reduction Act. Per l'Italia, dunque, questa sarà una grande sfida.

Transizione: il problema possono essere i salari

Secondo il Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin: “La natura del ritardo italiano della transizione verso le auto elettriche è principalmente di ordine economico perché il salario medio italiano avrebbe bisogno di un'integrazione almeno del 50 o 60% per essere alla pari del salario tedesco e quindi si dovrebbe di fatto avere un incentivo, una contribuzione pubblica per l'elettrico di dimensioni, triple, quadruple rispetto all'attuale stanziamento, che però fa parte del bilancio del mio ministero precedente, il Mimit”. Quindi, continua, “il bilancio dello Stato non può permettersi interventi di questo genere quindi il percorso è quello che riguarda il sistema industriale, il sistema produttivo per arrivare a dei prezzi che siano compatibili con il mercato. È una questione di tempi, di salari, di cultura.

Ma le emissioni, dice il ministro, non riguardano solo la mobilità: "Ci sono le industrie, c'è l'agricoltura quindi è necessario avere un ragionamento organico. Infatti avrò a breve un incontro con le regioni per trovare delle soluzioni percorribili e condivise. La pianura Padana con montagne a nord, a sud, ad ovest e il vento che soffia dall'Adriatico è una realtà difficile ed è l’area più grande area d'Europa con il problema delle polveri sottili. Quindi ha bisogno di un'azione seria, realistica , anche veloce, ma non estemporanea, come quella sulle 160.000 Euro 5. Per quanto riguarda la rottamazione, l'Italia ha 40 milioni di veicoli, ha due milioni e mezzo di Euro 1 e Euro 2 che inquinano 28 volte un Euro 6. Quando ero al Mise c'è stato un provvedimento dove col Ministro Giorgetti abbiamo incentivato il cambio verso Euro 5 ed Euro 6 nel quale chi cedeva una Euro 1 o Euro 2 prendeva l'incentivo per rinnovare il parco auto. È un’azione che va fatta compatibilmente col bilancio dello Stato.

A prendere la parola anche Marco Stella, Vice Presidente e Presidente Gruppo Componenti Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica (ANFIA), secondo il quale l'Italia “vuole continuare a essere un Paese automotive e riconosce il valore di questa filiera. In tutte le grandi aree c’è una forte spinta verso l’elettrificazione che sarà fondamentale nei prossimi decenni ma è solo una delle tecnologie adottabili. Al contrario, in Europa si sta puntando solo sull’elettrico e per questo siamo più deboli. Il mio auspicio è che si riesca a costruire la trasformazione del nostro settore componentistica ricordando che senza manifattura non c’è sviluppo

 L'Italia non al passo con gli altri Paesi UE

Il problema, però, come sottolinea Andrea Cardinali, Direttore Generale Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri (UNRAE), è che il Bel Paese è molto indietro rispetto agli altri. Secondo Cardinali “è di moda parlare di neutralità tecnologica e questo obiettivo può essere raggiunto in modi diversi con tecnologie diverse che però non hanno la stessa maturità. Non si può negare che la tecnologia dell’elettrico sia più matura rispetto agli altri. Ci sono tanti gap che ci separano dagli altri Paesi europei: gap digitale ed infrastrutturale e anche diretto. La Spagna per esempio è più avanti rispetto a noi nella transizione verso l’elettrico e può contare su di una detrazione Irpef del 15%. Purtroppo abbiamo perso da tempo la leadership nell’automotive ed oggi attrarre investimenti stranieri è molto improbabile. Da due anni stiamo chiedendo di modificare il meccanismo di supporto alla domanda. Il tiraggio degli incentivi è bassissimo. Dobbiamo passare dal 3,9% di penetrazione dell’elettrico a dati più vicini a quelli delle realtà europee.”

 “Oltre il 30% delle vetture immatricolate in Italia sono destinate al noleggio. I veicoli elettrici sono arrivati ad una percentuale del 15% dell’immatricolato destinato al noleggio ma poi la successiva discussione sugli incentivi ha rallentato molto questa tendenza. Oggi nel noleggio l’elettrico sta facendo fatica e questo dipende anche dagli annunci continui di diminuzione dei listini. – ha affermato all’Automotive Business Summit del Sole 24 Ore Alberto Viano, Presidente ANIASA Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio, della Sharing mobility e dell’Automotive digital- Abbiamo una buonissima interlocuzione con il Governo e ci aspettiamo che la distorsione sugli incentivi che penalizza il noleggio venga rimossa quanto prima. Ci aiuterebbe molto un piano stabile a 5 anni con incentivi che accompagnino verso le riduzioni di listino. Purtroppo, i 40 milioni di auto che circolano in Italia stanno diventando sempre più vecchi perché il tasso di rinnovamento è insufficiente e in questo senso auspichiamo un quadro fiscale chiaro. Ad esempio, sarebbe importante per il car sharing avere il 10% di IVA come nel resto del trasporto pubblico locale.

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