06.06.2025 ( Aggiornata il 06.06.2025 18:10 )
Tra i numerosissimi tweet rilanciati da Elon Musk nelle ultime 24 ore, da quando cioè è iniziato lo scontro frontale con il presidente Trump, uno tra i tanti contribuisce a dare una lettura del burrascoso addio dell’a.d. Tesla alla scena politica supportata sin dallo scorso anno.
“I media hanno detto che Musk era il co-presidente, i media hanno detto che Trump stava facendo favori a Elon Musk. Beh, se guardate a questo grande, bellissimo decreto, non ci sono affatto favori per Elon Musk”, così il commentatore politico di Fox News, Jesse Watters. Retweet di Musk.
All’interno del decreto con il quale Trump ha concesso l’ulteriore sforamento della spesa pubblica in deficit, un extra di 3,8 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni e su un debito federale già oltre i 36 miliardi di dollari, il punto immediatamente sfavorevole a Tesla è lo stop al piano di incentivi all’acquisto di auto elettriche al prossimo 31 dicembre.
Quello noto come EV Mandate è un piano deliberato dall’amministrazione Biden per sovvenzionare, mediante la concessione di un credito d’imposta di 7.500 dollari, l’acquisto di veicoli elettrici. Un piano che avrebbe dovuto operare fino al termine del 2032, sebbene diversamente dall'Europa negli USA non esista alcuna messa al bando delle auto termiche.
Tesla si trova in profonda crisi con i volumi produttivi e di vendita, ha realizzato nel primo trimestre un calo della produzione del 16% rispetto all’anno precedente e -12% sulle consegne. Nei prossimi mesi, in ritardo sugli annunci, arriveranno le versioni economiche di Model 3 e Model Y, per provare a sostenere la domanda interna e globale. In questo scenario, il taglio degli incentivi all’acquisto di auto elettriche avrà un impatto anche su Tesla, oltre che sull’intera domanda di modelli a batteria. Tornare a operare sulla leva del prezzo, con tagli ai prezzi di listino delle versioni superiori, sembra una strategia molto più difficile da attuare.
Quel che è diverso, oggi, rispetto alle prospettive Tesla del 2021, quando Musk si diceva favorevole a eliminare gli incentivi, è la posizione della casa automobilistica sul mercato e la sua competitività. Che il credito d’imposta sulle elettriche abbia una sua rilevanza nelle strategie Tesla lo dimostra la sottolineatura, nella trimestrale dello scorso aprile, di come la produzione di una versione di Cybertruck con batteria 4680 avesse portato il pick-up - fallimentare per i risultati di vendita e produzione rispetto agli obiettivi - nel perimetro di applicazione degli incentivi, beneficiario dei 7.500 dollari di sostegno all’acquisto.
Esiste un problema legato al taglio dell’EV Mandate, uno dei pochi tagli alla spesa di un provvedimento altrimenti di incremento ulteriore della spesa in deficit, contro il quale Musk si è battuto negli ultimi giorni prima dell’addio alla posizione di consulente presso il Dipartimento per l’efficienza del governo.
“Se il Paese diventa insolvente, se tutti i soldi vengono spesi solo per pagare gli interessi sul debito, non rimangono soldi per nulla. Un Paese non è diverso da una persona. Un Paese spende troppo, il Paese fallisce, proprio come una persona che spende troppo fallisce. Quindi risolvere questi problemi non è facoltativo. È essenziale”, un altro post di Musk per sostenere la battaglia contro il provvedimento deliberato da Trump. Presidente che, dalla sua, ha dato una stoccata all’ex fedelissimo, che non ha mancato di spendersi durante la campagna elettorale: “Sono molto deluso da Elon. Conosceva questa legge meglio di chiunque altro e ha avuto problemi solo quando ha scoperto che avrei tagliato l’EV Mandate”. Ricostruzione contestata da Musk: “Falso. La proposta di legge non mi è mai stata mostrata nemmeno una volta ed è stata approvata nel cuore della notte, talmente in fretta che quasi nessuno al Congresso è riuscito a leggerla”.
In questo scenario di guerra aperta mossa tra Musk a Trump, Tesla subisce pesanti contraccolpi sui mercati. Le reazioni, irrazionali come quasi sempre caratterizzano i mercati finanziari, hanno prodotto un calo del 14% del titolo Tesla, che ha “bruciato” 152 miliardi di valore. La chiusura a New York giovedì sera a 284,70 dollari/azione è stata lontanissima dall’euforia di metà gennaio, a ridosso dell’insediamento di Trump, con Tesla a sforare i 428 dollari e vicina al record storico del dicembre scorso, a 479 dollari.
Proprio dall’insediamento di Trump e l’operatività di Musk nel ruolo di consulente per i tagli della spesa pubblica, Tesla ha subito un calo continuo del valore, dovuto sia alle uscite sopra le righe di Musk, legate alle posizioni politiche espresse (vedi elezioni in Germania), che per le azioni intraprese dall’amministrazione Trump su commercio globale e dazi. Un fronte quest’ultimo che ha alimentato il clima di incertezza che tanto in negativo condiziona le grandi corporate.
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