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Il nanowire è il futuro delle batterie?

Ricercatori californiani sono riusciti a raggiungere i 200 mila cicli di ricarica da semiconduttori di misure nanometriche, rivestendoli con un gel in PMMA

Il nanowire è il futuro delle batterie?
© Steve Zylius/UCI

Fabiano PolimeniFabiano Polimeni

28 apr 2016

E' il primo passo per aprire, forse, nuovi orizzonti tecnologici nei prossimi anni. La tecnologia delle attualibatterie deve affrontare sfide chiave per il futuro dell'auto elettrica: durata, capacità, peso, sono tutti temi cruciali per il miglioramento delle caratteristiche dei nuovi modelli. In California, nell'Università di Irvine, un gruppo di ricercatori, guidato da Mya Le Thai, sta esaminando le proprietà di quella che potrebbe rappresentare un'evoluzione nella struttura delle celle interne ai pacchi batteria. L'applicazione potrebbe, in teoria, riguardare anche il settore automobilistico, e chiama in causa ilnanowire (nano-filo).

Di per sé non è una tecnologia nuova, si tratta di una struttura caratterizzata da dimensioni quantificabili ricorrendo all'unità di misura dei nanometri, in sezione, quasi unidimensionale, tanto è sottile, al tempo stesso con un'ampia superfice per immagazzinare e trasferire elettroni. Basti pensare che in riferimento a un capello umano raggiunge uno spessore 100 volte inferiore.

Il problema dei nanowire finora era quello di non riuscire a superare i 5-7.000 cicli di ricarica, a fronte della migliore soluzione sviluppata con una classica cella a ioni di litio, sperimentata da ricercatori malesi e con una vita utile di 10 mila cicli, nonché tempi di ricarica rapidissimi (70% in 2 minuti). L'innovazione del gruppo di ricerca dell'Università della California sta nell'aver rivestito il nanowire in oro con un gel elettrolitico in PMMA (polimetilmetacrilato) anziché un elettrolite liquido e posto all'interno di una conchiglia in diossido di manganese. La modifica permette flessibilità e una resistenza del nanowire maggiori, tanto da essere arrivati a 200 mila cicli di scarica-ricarica in 3 mesi, senza assistere a perdite di prestazioni.

Resta da valutare se la soluzione si presti a specifiche applicazioni al di fuori dell'esperimento di laboratorio e quali possano essere i costi per un impiego su vasta scala, nonché i benefici al di là dell'elevatissimo ciclo di vita utile.

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