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Ferrari F40, prova del 1991

Ferrari F40, prova del 1991

24 feb 2011

La Ferrari F40 inaugura questa nuova rubrica per appassionati duri e puri, quelli che ricordano con nostalgia ed emozione le sportive simbolo degli anni ‘80 e ‘90. AutoStory vi proporrà, ogni mese, un riassunto della prova su strada dei modelli più significativi passati “sotto i ferri” del nostro centro prove dal 1985 in poi. Si parte con una delle supercar più celebri e performanti di tutti i tempi, la Ferrari delle Ferrari, la F40. Nata nel 1987 per celebrare i primi quarant’anni della Casa di Maranello, questo modello arriva presso la redazione diautonel 1991 per una prova su strada. Vista l’entità del mezzo in questione, e soprattutto considerate le prestazioni sbalorditive (ancora oggi), il teatro del test è l’anello di alta velocità di Nardò, in Puglia. Soltanto quella struttura, infatti, poteva consentire di spremere a fondo i 478 cavalli del V8 3 litri biturbo della belva di Maranello. Un mostro capace di volare a 325,168 km orari effettivi, limite che ancora oggi viene superato raramente, e in grado di “violentare” il pilota con accelerazione letteralmente brutali. Non tanto sullo scatto breve (4”5 sullo 0-100), perché all’epoca non esistevano sofisticati launch control e il grip dei pneumatici era quello che era, bensì nell’allungo: quando le enormi ruote posteriori riuscivano ad aggrapparsi all’asfalto, bastavano appena 11”59 per arrivare a 200 km/h e 20”80 per infrangere la barriera del km da fermo, con una velocità d’uscita di 263,4 km orari. Al di là delle prestazioni pure, all’epoca a dir poco spaventose e imbattute per molti anni, era l’atmosfera che si respirava a bordo della F40 che metteva i brividi: essenziale come poche, gli unici striminziti rivestimenti che aveva all’interno servivano per celare l’abbondanza di fibra di carbonio del telaio e della carrozzeria, che pure trabordava da ogni dove. Portare a spasso la F40, poi, non era certamente una passeggiata come lo è oggi al volante di una 458 o di una 599: non c’erano servosterzo e servofreno e la frizione bidisco richiedeva 40 kg di sforzo al pedale; anche se all’epoca scrivevamo che nel traffico la belva era abbastanza docile, grazie a una poderosa coppia di 58,8 kgm a 4000 giri, di cui 55 disponibili già a 3500 giri. Figuriamoci, quindi, guidarla al limite, con quel propulsore quasi sgarbato nel’erogazione (un pazzesco turbolag, allora, era la normalità) e la vettura totalmente priva di elettronica di aiuto alla guida. Era una Rossa da guidare con i guanti per via dell’assetto piatto e rigidissimo, dello sterzo preciso come un bisturi e capace di offrire inserimenti in curva rapidissimi, con un leggero sottosterzo che diveniva poi un brutale sovrasterzo se non si dosava a dovere il pedale dell’acceleratore. La potenza, perlomeno, era spalmata a dovere attraverso cinque rapporti al cambio di una lunghezza impressionante, con una prima da 89,5 km/h, una seconda da 146,7, una terza da 198,8 e una quarta da 263,7 orari!

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