Ghibli, per Maserati, dev’essere proprio un nome di alto gradimento. Adesso
distingue la berlina di segmento E, che da quest’estate sfiderà
Audi A6, BMW 5 e Mercedes E, e che sarà la
prima vettura della storia del Tridente ad avere motori diesel e la trazione integrale.
Ma Ghibli
era anche una meravigliosa coupé disegnata da
Giugiaro, che fra il 1967 e il 1973
se la giocava con Lamborghini Miura e Ferrari 365 Daytona. E Ghibli, per finire, è stata
l’ultima evoluzione della celeberrima e discussa stirpe delle Biturbo nate all’inizio degli anni Ottanta. Perché parliamo proprio di quest’ultima? Intanto per il fatto che questo è l’anno del rilancio di Maserati, iniziato a Detroit con il debutto in pubblico della nuova
Quattroporte.
Poi perché questa Ghibli è stata prodotta dal
1992 al 1996 (con model year nel ‘94, qui protagonista), dunque alcuni esemplari hanno già vent’anni di vita con tutti i vantaggi che ne derivano in termini di costi di gestione (bollo e assicurazione irrisori). Infine perché essendo
l’ultima delle Biturbo era senza dubbio la più riuscita sotto tutti i punti di vista, potendo contare su oltre 15 anni di continui sviluppi e affinamenti che hanno eliminato i problemi di affidabilità iniziali.
La Ghibli del ‘94, nella fattispecie, oltre a qualche modifica estetica marginale si segnalava per l’introduzione di un
nuovo e più efficace impianto frenante con ABS e dischi posteriori autoventilanti, poiché i freni erano la pecca della prima serie. Per il resto, l’architettura meccanica era quella ben nota e apprezzata. Il propulsore, fedele alle origini,
era il sei cilindri a V di 90° di appena 2 litri di cilindrata (fu proprio la cubatura ridotta a decretare il successo delle Biturbo in tempi di tasse sul lusso), con doppia sovralimentazione affidata a due turbine IHI da 1 bar di pressione.
La potenza era la più elevata mai raggiunta: 306 cavalli a 6250 giri con un picco di 38 kgm di coppia a 4250 giri. Regimi abbastanza elevati, sia per la potenza sia per la coppia, che lasciavano intuire una certa propensione a frullare alto. Il V6 biturbo, infatti, al di sotto dei 4000 giri era piuttosto spento: poi l’incredibile botta, attuata dalle due turbine in piena pressione e al massimo della coppia. Per gli amanti del turbo-lag e dei calci nella schiena,
la Ghibli era dunque il massimo, sebbene peccasse di conseguenza in ripresa costringendo a smanettare sovente con il Getrag meccanico a sei rapporti. La motricità delle ruote posteriori, sebbene coadiuvate da un differenziale autobloccante Ranger, non era il massimo proprio per l’irruenza dell’erogazione.
Per questo la Ghibli riusciva a spuntare soltanto 5”92 sullo 0-100, quando qualcosa di meglio poteva essere alla sua portata, e nella guida sportiva occorreva essere lesti di volante se l’ingresso della sovralimentazione arrivava nel bel mezzo di una curva durante l’appoggio. Quanto alla velocità, durante la prova toccammo il 253 orari effettivi, lontani dai 260 promessi e inferiori alla Ghibli prima serie.