Dopo la parentesi del 10 cilindri biturbo 5.2 di derivazione Lamborghini (2008, seconda serie), l
’Audi RS6 è tornata alle origini con un V8 biturbo.
La prova su strada del nuovo modello è su Auto 02/2014 e le stesse considerazioni sul fatto che sia una vettura “totale” le avevamo già tratte nel
2003 con la primissima RS6.
Che montava appunto un
8 cilindri a V 4.2 con doppia turbina ed erogava 450 cavalli, saliti poi a 480 nella rara versione Plus. La RS6 nasceva sulla scia del successo della
RS4 Avant, la prima Audi a fregiarsi della denominazione RennSport e ad inaugurare la produzione della gamma di sportive nello stabilimento di Neckarsulm.
Anche la RS6 nasceva quindi vicino a
Stoccarda, in quell’ex-fabbrica NSU che negli anni si è trasformata in centro di eccellenza per la lavorazione dell’alluminio (A8 e A2 le prime), per le Audi S e RS, per gli allestimenti Exclusive e per tutte le “customer racing”, cioé le vetture da corsa per i clienti. Disponibile sia in versione Avant, sia berlina (oggi soltanto station wagon perché c’è la RS7 a far da tre volumi o quasi...), la RS6 si faceva notare per una
caratterizzazione piuttosto sobria ma estremamente efficace: griglie anteriori e posteriori a nido d’ape, ruote da 19 pollici a cinque razze (di serie i 18”) e in particolare i passaruota larghissimi per far spazio proprio ai 255/40.
Il propulsore era una profonda rivisitazione del classico V8 4.2 Audi che per anni ha servito l’alto di gamma: con distribuzione a 5 valvole per cilindro (tre sul lato aspirazione, due scarico) e variatore di fase, rispetto alla stessa unità aspirata montata sulla S6 si distingueva, oltre che per le
due turbine KKK K04, per le testate, l’impianto d’alimentazione e di scarico totalmente ridisegnati proprio in funzione della sovralimentazione. I 450 cavalli, ma soprattutto i 57 kgm di coppia a soli 1950 giri, venivano trasmessi al suolo attraverso
un robusto cambio Tiptronic a cinque rapporti e alla t
razione quattro che all’epoca prevedeva ancora la ripartizione paritetica al 50-50 sui due assi per via del differenziale centrale
Torsen.
Il comportamento stradale della vettura era dunque lontano da quello infinitamente dinamico e finalmente sovrasterzante dell’attuale RS6. Ma all’epoca
apprezzammo comunque le sue doti stradali anche per via del fatto che quel modello è stato il primo a portare al debutto il sistema DRC (Dynamic Ride Control), un circuito idraulico ad olio con valvole a regolarne il flusso che collegava in diagonale gli ammortizzatori anteriori con quelli posteriori. Grazie ad esso,
il rollio e il beccheggio erano contenuti al massimo a tutto vantaggio della maneggevolezza nel misto. Ma era soprattutto sul dritto che la RS6 si esprimeva al meglio, grazie all’erogazione massiccia del V8 biturbo che consentiva prestazioni al top:
0-100 in 5”49 (lontani dal 4”9 dichiarato, però) e ben 263,7 km/h di velocità, con il limitatore a 250 dell’esemplare provato che evidentemente era un po’ di manica larga...
