Mazda 323 GTR, quella voglia di rally "rara"

Mazda 323 GTR, quella voglia di rally "rara"

È nata agli inizi degli anni '90 dall'evoluzione della 323GTX. Anche se non brilla per potenza e design, oggi è una delle vetture della casa giapponese più ricercate

di Lorenzo Moro

06.12.2021 17:46

GTR, già queste tre lettere sono un programma: riservate alla miglior produzione giapponese e, quando sono messe insieme, di solito fanno venire prurito sotto al piede destro e l’acquolina in bocca. GTR, una sigla che Nissan adottò per definire il proprio concetto di auto sportiva e che Mazda ha fatto sua per competere nei rally con la poco nota 323 GTR.

La storia della versione GTR, ultima, massima, sublime espressione della Mazda 323, inizia nel 1987, quando la casa di Hiroshima schierò la nuova 323 4WD, messa a punto appositamente per partecipare al Mondiale Rally nel Gruppo A.

Spinta da un 4 cilindri in linea da 1.597 cc, la nuova arrivata non fece faville (a causa di un motore inferiore ai rivali e di un cambio cronicamente fragile) ma, grazie anche a piloti del calibro di Timo Salonen e Hannu Mikkola, riuscì a segnare qualche piazzamento importante, concludendo la sua carriera nel 1990 con tre vittorie e il terzo posto nel mondiale ‘89. La 323 4WD venne quindi sostituita dalla sua evoluzione diretta, la 323 GTX.

Mazda 323 GTR: scheda tecnica di un piccolo capolavoro

Mazda 323 GTR: scheda tecnica di un piccolo capolavoro

MOTORE Anteriore trasversale, 4 cilindri in linea; alesaggio x corsa 83 x 85 mm; cilindrata 1.136 cm3 ; rapporto di compressione 8,2:1; potenza max 1.836 kW (185 cv) a 6.000 giri/min; coppia max 235 Nm (24 kgm) a 4.500 giri/min; basamento in ghisa, testata in lega leggera; distribuzione a 4 valvole per cilindro, doppio asse a camme in testa, punterie idrauliche (cinghia dentata); iniezione multipoint. TRASMISSIONE - Trazione integrale permanente differenziali autobloccanti; cambio manuale a 5 marce. AUTOTELAIO - Sospensioni anteriori a ruote indipendenti (schema MacPherson), con triangoli sovrapposti, ammortizzatori telescopici, molle elicoidali e barra antirollio; sospensioni posteriori di tipo multi-link con ammortizzatori telescopici, molle elicoidali; barre stabilizzatrici anteriore e posteriore; sterzo a cremagliera servoassistito; impianto frenante a doppio circuito idraulico: freni anteriori e disco autoventilanti (274 mm), freni posteriori con dischi pieni (280 mm), servofreno; cerchi in lega da 15”; pneumatici anteriori 195/50 R 15, pneumatici posteriori 195/50 R15. DIMENSIONI E PESO - Lunghezza 4,090 m Larghezza 1,690 m Altezza 1,390 m Passo 2,450 m Carreggiata anteriore 1,430 m Carreggiata posteriore 1,435 m Peso in ordine di marcia 1.220 kg Capacità serbatoio 60 litri

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La scheda tecnica

Più robusta e leggera, questa si mostrò fin da subito migliore rispetto alla precedente, portandosi a casa diversi Mondiali Gruppo N, grazie alle gesta di Alex Fassina, figlio del mitico Tony Fassina. Se le prime serie della GTX avevano lo stesso 1.600 cc della 323 4WD, a partire dalla fine del 1989, Mazda dotò l’auto di un 1.840 cc da 166 cv a 5.500 giri e oltre 220 Nm di coppia massima, tutti a spingere una vettura che pesa appena 1.175 kg. La potenza è scaricata sulle 4 ruote attraverso un semplice ma affidabile sistema di trazione integrale, dotato di un differenziale centrale a giunto viscoso Ferguson e di un differenziale LSD posteriore anche lui di tipo viscoso, mentre il differenziale anteriore è aperto.

Da GTX a GTR

L’auto è infine appoggiata su un raffinato schema sospensivo con ruote indipendenti all’anteriore e multi-link al posteriore. La GTX era tutto qui, una anonima due volumi dalla meccanica eccelsa che, se messa a punto doverosamente, poteva dare del filo da torcere a molte delle più potenti (ma anche pesanti) due litri dell’epoca. Nel 1992 infine la 323 GTX diventò 323 GTR, immediatamente riconoscibile dall’immenso paraurti anteriore, utile per ospitare l’intercooler e i due fari supplementari (che nella vettura da corsa diventavano prese d’aria per i freni) e gli sfoghi dell’aria sul cofano, necessari per scaricare il grande calore generato dal motore Mazda. Le modifiche però non furono solo estetiche: il motore da 1.840 cc era sovralimentato da una turbina IHI VJ-23 raffreddata a liquido che girava su cuscinetti per un totale di 185 cv a 6.000 giri. Oltre a questo l’auto venne ribassata di circa 10 mm, vennero aggiunte nuove barre antirollio e nuovi cerchioni da 15” su mozzi con 5 bulloni al posto dei canonici 4.

Tanta voglia di correre

Per quanto non propriamente bella, se non altro la GTR adesso dimostrava fin da subito i suoi intenti, risultando immediatamente più aggressiva e decisa della sua cugina GTX. Probabilmente l’ultima “homologation special” prodotta da Mazda, la 323 GTR stradale è una vettura divertente: con la turbina che soffia a soli 0,65 bar quando in realtà può tranquillamente arrivare a 1,1 in configurazione spinta (e quindi capace di superare di slancio i 250 cv) e i suoi 185 cv l’auto risulta particolarmente facile ed educata. Passato un iniziale turbo lag mai fastidioso, spinge bene in tutto il range 3.000 – 6.000 giri, percorrendo tanta strada e attaccando al sedile, ma senza mai dare l’idea di voler strappare l’asfalto da terra. Tutto avviene con facilità e linearità, non ci sono grossi colpi di testa, la 323 accelera con forza, lanciandosi avanti con tonnellate di grip ma senza mai, purtroppo, emozionare più di tanto, vittima anche di un cambio sì preciso ma fragilissimo e da trattare con delicatezza, onde evitare di tritarlo fra una marcia e l’altra.

La Mazda regala sorrisi

Presa confidenza con un’impostazione di guida un po’ vecchia scuola, con il volante inclinato e una seduta molto seduta, ci si trova per le mani un’auto facile e gustosa ma che fatica a strappare un sorriso dalle labbra. La 323 GTR è sempre molto composta nel suo essere numericamente molto veloce e il grip meccanico dato dalla sua trazione integrale e dal telaio estremamente neutro la rendono impeccabile, specialmente su asfalto. Il problema della 323 GTR sono le sue quotazioni, già a ridosso dei 40 mila euro per un’auto che, per quanto anonima, in fin dei conti è rara e, quindi, degna di entrare in qualunque collezione.

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