Porsche 918 Spyder, 0-100 in 2"53

Porsche 918 Spyder, 0-100 in 2"53
Per celebrare i 30 anni di Auto abbiamo provato questo straordinario trionfo di tecnologia

di Lorenzo Facchinetti

15.06.2015 ( Aggiornata il 15.06.2015 08:44 )

Presentazione

Fermi tutti: guardate l’immagine d’apertura di questo servizio. Perché oltre ad essere esclusiva e piuttosto rara da ammirare, racchiude in sé tutta l’essenza di Porsche degli ultimi trent’anni. Queste, signori, sono le tre supercar più significative che Stoccarda abbia mai costruito.

E ognuna di loro ha alle spalle una storia strettamente legata al motorsport, perché come sosteneva sempre Ferry Porschec’è molta esperienza che si può trarre dalle corse...”. Porsche 959, Carrera GT e 918 Spyder sono l’apice dello sviluppo tecnico che Weissach ha raggiunto in diversi momenti della sua storia dagli anni ‘80 ad oggi, nonché il perfetto esempio di come le corse servano alla produzione di serie e viceversa.

La 959 ad esempio, che a una superficiale occhiata pare una 911 un po’ più gonfia del solito, era un concentrato di tecnologia che ancora oggi impressiona per soluzioni attualissime, nonché capace di prestazioni ineguagliabili per molto tempo. Era nata, come alcune altre sportive degli anni ‘80, per la famigerata omologazione in Gruppo B. Ma la sua trazione integrale servì anche per la Parigi-Dakar e oltre che sulla sabbia questa vettura poggiò le ruote sull’asfalto di Le Mans, con la sigla 961. Per la 24 Ore, Porsche, sviluppò poi un’altra supercar, la GT1 del 1995. Ma non l’abbiamo presa in considerazione perché gli esemplari stradali costruiti per l’omologazione erano un paio di decine appena.

Arriviamo quindi al 2000 per trovare un’altra ipersportiva stradale dalla diffusione, si fa per dire, più elevata e ufficialmente a listino: è la Carrera GT, nata nell’epoca delle prime applicazioni della fibra di carbonio per le scocche e spinta da un V10 aspirato inizialmente pensato per la Formula Uno e che poi avrebbe dovuto equipaggiare un prototipo LMP1 per Le Mans in sostituzione della GT1 vittoriosa nel 1998, progetti poi entrambi abortiti. Infine arriviamo al 2013, con la rivoluzionaria 918 Spyder figlia dei nostri tempi. Dove anche le hypercar devono essere ibride e dove questa tecnologia ha uno stretto legame con le competizioni: il suo V8 4.6 aspirato ad alti regimi deriva da quello della RS Spyder barchetta LMP2 che correva nell’American Le Mans Series e l’ibrido, oggi, è la tecnologia su cui puntano tutti, dalla Formula Uno al mondiale Fia Wec che Porsche quest’anno vuole a vincere con il prototipo 919 Hybrid.

Proprio la 918 Spyder, in occasione dei 30 anni di Auto, è arrivata finalmente presso la nostra redazione. E dobbiamo ammettere che vederla scendere dal camion, in questa splendida livrea Martini Racing e con il pacchetto Weissach che la riempe di carbonio, titanio e magnesio per perdere una quarantina di chili, ci ha fatto correre un brivido lungo la schiena. Perché questa non è un’automobile, ma un’opera d’arte che poggia su quattro pezzi di gomma. Perderesti ore ad ammirarne i dettagli, a partire dall’enorme griglia posteriore che integra gli scarichi “top pipe” all’abitacolo che è una perfetta via di mezzo tra quello di un prototipo da corsa e di una futuristica concept car. Peccato soltanto che non la si possa vedere nuda, per ammirare quel laboratorio tecnologico su ruota che è la 918 Spyder: un V8 4.6 da corsa, un motore elettrico che lo separa dal cambio a doppia frizione e un secondo motore elettrico davanti, per le ruote anteriori, che in tutto fanno 887 cavalli e una coppia che può arrivare a oltre 1200 Nm. I suoi numeri fanno impressione già quando li leggi sulla scheda tecnica seduto alla scrivania.

Ma provarli su strada, e meglio ancora in pista, rendono più di qualunque parola che si potrebbe spendere a riguardo. E l’aspetto affascinante della 918 Spyder non è soltanto quello relativo alle sue prestazioni fuori dalla normalità. È tutto l’insieme che la rende speciale. Già soltanto il fatto che un arnese del genere, che in mezzo alle altre auto fa lo stesso effetto di un alieno che sorseggia Lambrusco alla sagra dell’asparago, possa viaggiare nel silenzio più assoluto per una trentina di km, peraltro con scatti e velocità imbarazzanti (0-100 in 6”2, 150 km/h), è di per sé un’esperienza affascinante.

Il sibilo dei motori elettrici che sospingono in maniera irrealistica questa supercar, proietta chi la guida in un’atmosfera fantascientifica. Basta però ruotare il pomello al volante verso destra, per selezionare le modalità Sport o Race, per tornare coi piedi per terra: a pochi centimetri dalle orecchie i due “top pipe” liberano l’urlo del V8, il cui sound ricorda quello degli otto cilindri Ferrari perché anche qui l’albero è piatto. Da questo momento in poi, con un sound che si confà alle forme della vettura, è un crescendo di emozioni tali che occorre parecchio self control per non esagerare. Perché qui le velocità in ballo sono davvero al limite del ridicolo: avete presente quant’è corto un chilometro di strada? Bene, partendo da ferma la 918 riesce a raggiungere in mille metri quota 295,9 km/h. Trasportate questo immaginario rapporto spazio temporale in un vialone di città, ed ecco che capirete che il piedino destro, con un attrezzo del genere, va abbassato con cognizione di causa.

Il progresso tecnologico, comunque, lo noti dalla facilità disarmante con cui chiunque può portare a spasso la 918. Alla fine è un po’ come un golf kart, soltanto un po’ più potente: metti in Drive, premi delicatamente il gas, e lei va come nulla fosse. Con la Carrera GT c’era da fare i conti con una frizione carboceramica dalla modulabilità quasi nulla e sulla 959 con un’erogazione scorbutica che non era tenuta a bada dall’elettronica. Se si stava meglio quand’era peggio, lasciamo a voi il verdetto...

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