McLaren Artura, l'abbiamo provata in esclusiva

Siamo volati in Spagna per la prova della sportiva ibrida di Woking che sfida la 296GTB. Ecco come va

di Alberto Sabbatini

15.06.2022 09:41

L’eterno dualismo Ferrari-McLaren che ha caratterizzato per decenni la F1 si sposta dalle corse alle supercar stradali. Pochissimi mesi dopo il Cavallino, anche la marca inglese ha lanciato la sua prima berlinetta 6 cilindri ibrida plug-in: la McLaren Artura. Diretta concorrente della 296 GTB presentata pochi mesi fa.

McLaren Artura, la prova

McLaren Artura, la prova

Sul circuito Ascari in Spagna abbiamo provato in esclusiva la McLaren Artura. Ecco le foto

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La prova in esclusiva

Finora della Artura se ne era parlato soltanto sulla carta: nessuno aveva avuto la possibilità di guidarla. Ma ora siamo in grado di dirvi come va e quali emozioni trasmette questa berlinetta ibrida plug-in di McLaren perché AUTO è una delle pochissime riviste europee a cui è stato concesso di guidarla in esclusiva. Non soltanto per strada, ma anche in pista.

Mentre guardiamo la Artura, bellissima nel suo colore arancio papaya tinta-simbolica da sempre della McLaren, il pensiero non può non andare alla rivale del Cavallino che con la “Mecca” condivide alcune scelte tecniche. La McLaren però una volta al volante si dimostra abbastanza differente nella guida, nella vita a bordo. nel feeling che trasmette al pilota. E anche nel prezzo: 236mila euro, inferiore rispetto a quello della Ferrari.

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Il nome è tutto un programma

Il nome Artura, nella nostra lingua, fa un po’ sorridere perché non esiste la versione femminile del nome Arturo. Ma in inglese suona meglio, perché Artura è la crasi di due parole come “art” e “future”. Un termine che si pronuncia facilmente in tutte le lingue del mondo e che esprime benissimo il senso di questa nuova McLaren turbo ibrida plug-in: sintesi di tecnologia futuristica e forme avveniristiche. Lo stato dell’arte della tecnologia motoristica.

Il test in Spagna

L’abbiamo provata su un circuito spagnolo intitolato a un grandissimo campione italiano, Alberto Ascari, iridato di F1 nel 1952 e 1953. Il circuito Ascari si trova nel sud della Spagna, in Andalusia e non viene usato per le corse ma per test di vetture. Perché riassume in quasi 6 km  di lunghezza ogni tipo di difficoltà. Ha un disegno tortuoso ed impegnativo, con pochi rettifili e numerose curve a raggio variabile che rendono questa pista un banco di prova davvero completo per valutare la dinamica di guida di una supersportiva. Su questo tracciato dove curve così impegnative mettono in evidenza le qualità o i difetti endemici di un’auto, la Artura ci ha impressionato davvero positivamente.

McLaren Artura, la scheda tecnica

Per capire perché la Artura va così bene bisogna analizzare com’è costruita. A differenza della Ferrari 296, la Artura è realizzata attorno a un solidissimo telaio in fibra di carbonio. Una tecnologia di cui McLaren è stata precursore fin dal 1981, quando con la MP4/1 introdusse in F1 il primo telaio in carbonio della storia. Da allora tutte le McLaren da corsa - e dal 1992 anche la supercar F1 stradale - hanno sfoggiato questa soluzione tecnica che la Ferrari ha utilizzato per la prima volta solo qualche anno dopo, nel 1995 (con la F50). Nel caso della Artura la rigidissima scocca pesa appena 88 kg e contribuisce a tenere sotto i 14 quintali il peso complessivo dell’auto.

Il propulsore della Artura è un V6 turbo ibrido. Come gli attuali motori F1. Fortissime le analogie in questo caso con la Ferrari 296 GTB. A Woking hanno fatto le identiche scelte tecniche di Maranello: motore 6 cilindri a V di 3 litri di cilindrata, anche in questo caso con bancate “larghe” a V di 120 gradi (come il motore F1 della Ferrari F1 di Gilles Villeneuve e non come i turbo F1 odierni che sono a 90°). Lo scopo? Abbassare il baricentro dell’auto il più possibile. E visto lo spazio che così si crea in mezzo alla V dei cilindri, anche McLaren, come Ferrari, ha deciso di piazzare lì dentro i due turbocompressori.

Il motore elettrico dell’Artura invece è una specie di grosso disco con rotore e statore, montato fra motore e cambio, con una terza frizione che lo unisce alla scatola del cambio e che permette di staccare la trasmissione in modo che il motore elettrico sia anche in grado di spingere da solo l’auto. Il cambio a doppia frizione è a 8 marce; per inserire nella compatta scatola cambio l’ottavo rapporto è stato eliminato l’ingranaggio della retromarcia. Ma non è che l’Artura non possa andare a marcia indietro: ci va facendo girare in reverse il motore elettrico.

La Artura ha una batteria agli ioni di litio da 7,4 kWh, collocata dietro il sedile in posizione orizzontale che garantisce circa 31 km di autonomia in modalità solo elettrica, poco più della Ferrari 296 che ne fa 25. E come la vettura del Cavallino, anche McLaren ha scelto di adottare per la Artura un differenziale elettronico sul posteriore.

Le analogie fra McLaren Artura e Ferrari 296 finiscono qui. Perché a livello di potenza, prestazioni, peso e guidabilità i risultati differiscono un poco fra loro. La Artura genera una potenza complessiva di 680 cavalli, di cui 585 cv dal motore termico (quasi 200 cv/litro) e 95 cv dal motore elettrico. Questa cavalleria permette di accelerare in 3” netti da 0 a 100 km/h, di raggiungere i 200 km/h da fermo in 8,3 secondi e i 300 in poco più di 21”. E di toccare una velocità massima di 330 km/h. Complessivamente la Ferrari è leggermente più rapida (un decimo meglio sullo 0-100 e mezzo secondo in meno sullo 0-200 km/h) perché ha una potenza nettamente superiore (830 cv) sia dal motore termico che da quello elettrico. La McLaren però è decisamente più leggera: 1395 kg, circa un centinaio di kg meno della 296. Merito del telaio in carbonio e della ricerca spasmodica del peso limite in ogni dettaglio. E costa di base quasi 40mila meno della Ferrari.

Sensazioni alla guida: la prova dell'Artura nel dettaglio

La McLaren Artura però si guida anche in modo diverso: mentre la Ferrari è votata al divertimento puro, con soluzioni tecniche e software che ne facilitano la sbandata controllata, la McLaren è più solida e concreta. Appare più monolitica. In pista non risulta immediatamente facile, m dopo qualche km ti comincia a dare confidenza. E ti fa capire che il limite è altissimo. Non è una specie di grosso e potente go-kart come la Ferrari che butti in curva dove vuoi; l’Artura è più impegnativa da condurre e impieghi un attimo di più a prenderci la mano ma presto si rivela sincera e stabile. Imposti la linea e ti puoi fidare che seguirà la traiettoria. Anche quando ti sembra di essere “lungo”, di avere sbagliato, di non starci dentro per una frenata ritardata, si rivela capace di compiere manovre limite: basta un colpo di sterzo e lei esegue l’input ed entra in curva. Ha un limite elevatissimo e una stabilità inimmaginabile. Merito di una compattezza e di una rigidità generale che le viene dal telaio in carbonio.

Nell’uso su strada poi la McLaren Artura rivela un volto ancora diverso: è confortevole, pastosa, guidabilissima. Comoda e rilassante. Ha unm muso fortemente schiacciato che permette una visibilità eccezionale davanti. Fonte di sicurezza. Però ha un’impostazione più minimalista della Ferrari. Non ci sono tante rifiniture raffinate dentro, tocchi di colore, grafiche sgargianti sul cruscotto. È elegante ma sobria. Anche l’approccio dell’abitacolo segue questa regola. Ad esempio, la Ferrari ha portato tutti i comandi sul volante in modalità touch, compreso il manettino e il tasto di start. La McLaren invece ha fatto l’esatto contrario. Ha tolto ogni comando dalle razze per alleggerire al massimo le masse non sospese dello sterzo nella rotazione ed evitare che un volante ripieno di sensori e attuatori risulti “pesante” nell’azione. Non c’è neanche il manettino motore sul volante.

Filosofie diverse

Ma anche la McLaren segue un approccio del tipo “occhi sulla strada e mani strette al volante”. Solo che lo fa con una filosofia diversa da Ferrari. In questo caso tutti i comandi si azionano tramite due satelliti che sono sopra al cruscotto, subito dietro al volante. Si raggiungono allungando le dita che stringono la corona. Distendendo le dita durante la guida a mo’ di pianista, e usando anulare e indice, si aziona un bilanciere che si può cliccare verso sinistra o verso destra per dare l’input dei comandi. Inoltre questi sono stati scorporati: con la mano di sinistra si interviene su tutto quello che riguarda l’handling: quindi assetto e sospensioni. A destra si comandano le mappature motore. I livelli, molto semplicemente, sono sempre tre. Tutti con lo stesso nome: Comfort, Sport e Track. Ma si possono incrociare fra loro regolazioni di handling e motore per ottenere una lunga serie di combinazioni.

Gomma tecnologica made in Italy

Il tocco di classe finale della Artura però è tutto italiano: viene dalla Pirelli ed è il cyber-pneumatico. Una gomma provvista di sensori sulla carcassa che trasmettono in tempo reale (in bluetooth) al cruscotto temperatura e pressione della mescola. Sembra un giochino per nerd ma è invece una cosa utilissima. La F1 ci ha abituato a capire quanto sia utile sapere e mantenere nell’uso in pista la giusta finestra di utilizzo della gomma per la massima performance. I piloti F1 hanno esperienza per capirlo ma l’automobilista di tutti i giorni no. Il cyber-pneumatico sviluppato da Pirelli in esclusiva per McLaren ti aiuta proprio in questo: misura la temperatura della gomma e te lo dice sul cruscotto identificando il valore giusto col colore, così che a colpo d’occhio puoi capirlo subito. Se il valore numerico è blu la gomma è fredda e non conviene tirare troppo, se il numero dei gradi è in bianco allora la gomma è nella giusta finestra di utilizzo e puoi fidarti perché hai la massima aderenza, se è rosso è in overheating e bisogna cambiare stile di guida per raffreddarla per avere più grip altrimenti scivola. La Pirelli l’ha applicato a tutti e tre i tipi di gomma creati ad hoc e omologati per la McLaren Artura: PZero, PZero Corsa e PZero Winter. Un'invenzione che è l’uovo di colombo per chi nei week end si diverte a portarla in pista nei track days.

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