La creatività che nasce dal passato alleva i Tori

La creatività che nasce dal passato alleva i Tori

Nel Centro Stile Lamborghini guidato da Mitja Borkert, le linee partono tutte dalla Countach degli anni ‘70 e poi si fanno futuro. Tutti noi siamo stati designer, pronti a immaginare  la supercar dei sogni: oggi l'elettrificazione apre nuove orizzonti

di Guido Meda

15.09.2022 11:38

Siamo in tanti ad aver disegnato automobili. Mica per davvero. Alle elementari, alle medie e al liceo intendo. C’era sempre il compagno con la mano migliore, che ai nostri sgorbi opponeva schizzi più credibili. E mentre noi, da maturandi, ci lambiccavamo tra l’ipotesi di studiare scienze politiche o giurisprudenza, sapevamo già che quello avrebbe scelto, dritto dritto, architettura con l’obiettivo di finire a progettare automobili. Di norma erano coupé le nostre creazioni, oppure brutte imitazioni delle Formula 1 dell’epoca. Auto che in pratica ci stimolassero l’emozione. Io sono stato tra quelli con la matita discreta, ma non abbastanza.

E la frustrazione di non avercela fatta mi ha travolto insieme ad una gioia infantile quando ho messo piede, molto di recente, nel bunker del Centro Stile Lamborghini. Accolto da Mitja Borkert, ho proprio visto quello che mi sono perso. Ho visto uno stanzone colorato in cui la gente è felice di creare. Ho visto modelli in scala 1:1 di prototipi che vedremo e altri che non vedremo mai. Ho visto professionisti giovani mettere le mani su forme in clay e trasformare, solo spostando di qualche millimetro una sottile strisciolina adesiva nera, gli slanci di una fiancata che da normale diventava straordinaria con un guizzo esperto dell’occhio, della mano, dell’istinto.

Ogni auto parte da un’unica linea comune a tutte le Lambo che unisce muso, tetto e coda. Sempre quella linea lì, che poi è la stessa della prima Countach degli anni ‘70. Anzi, sapevate che “Countach” non è un tipo di toro, ma un’esclamazione piemontese che significa “accidenti”? La pronunciava di continuo un collaboratore piemontese di Marcello Gandini mentre nasceva una delle auto più iconiche di sempre, Borkert e i suoi partono da lì e poi, semplicemente, si divertono giocando con la propria scienza, il proprio gusto e le proprie regole. Inseriscono i temi della Y e dell’esagono, poi aspettano. Aspettano che quel progetto diventi un’auto. Da sogno. Borkert è una tempesta di entusiasmo e di umanità che spiega molto del successo di quelle auto irraggiungibili.

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Borkert non è nemmeno preoccupato se gli parli di elettrificazione. Riesce a percepire gli aspetti positivi di una rivoluzione che, a chi come lui per mestiere deve disegnare l’estremo, aprirà nuove strade. Immagino che sia lo stesso stimolo che muoverà i centri stile di tutti quelle Case che si occupano di supercar. Gente che magari ha un’idea mentre si rade la mattina davanti allo specchio, ha la possibilità di metterla in pratica mezz’ora dopo quando apre la porta del proprio parco giochi e poi di convertirla in un sogno che diventa vero. Per la cronaca, il mio compagno bravo con la matita si chiamava e si chiama Carlo Bonzanigo, ha studiato architettura e oggi è un designer di automobili (Pinifarina e Citroën). Si puó fare!

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