De Meo e la lettera all'Unione Europea: se volete le auto elettriche, servono aiuti economici

Il Presidente di ACEA, l’Associazione Europea dei costruttori di vetture incalza le istituzioni: forse il settore automotive ha accettato troppo facilmente o entusiasticamente a suo tempo il passaggio a questa transizione della mobilità

di Andrea Brambilla

26.03.2024 11:53

Avete voluto la transizione verso l’elettrico, ora dovete aiutarci economicamente perché questo accada! In pratica è questo il messaggio che Luca de Meo, Presidente di ACEA, l’Associazione Europea dei costruttori di vetture, ha fatto all’Unione Europea nella sua lunga lettera che recentemente ha inviato rivolta ai cittadini europei, alle istituzioni e tutta la filiera del comparto automotive. Una richiesta probabilmente legittima visto che sia Cina che Stati Uniti aiutano economicamente le loro aziende mentre l’UE ha solo messo delle regole ferree sullo stop ai veicoli che emettono Co2 dal 2035 e ha lasciato ai singoli stati membri la scelta di dare incentivi per l’acquisto di vetture. Incentivi che come abbiamo visto hanno contribuito solo in parte allo sviluppo di questa alimentazione. Quando finiscono o non vengono erogati le auto elettriche non si vendono e l’Europa resta a percentuali bassissime del mercato delle vetture a zero emissioni.

Un settore tra mille difficoltà

Certamente De Meo ha fatto bene a scrivere questa lettera di allarme, in vista anche delle prossime elezioni europee, ma forse il settore automotive ha accettato troppo facilmente o entusiasticamente a suo tempo il passaggio a questa transizione della mobilità investendo parecchio ma non pensando che ci sarebbero stati diversi problemi da affrontare. E de Meo li conosce tutti ma, come dicevamo, mette in primis le sovvenzioni che Cina e USA mettono in campo per le loro aziende del settore mentre l’Europa regolamenta solamente. Il nodo è in pratica questo: se si vogliono salvare 13 milioni di posti di lavoro, tante sono le persone che in Europa lavorano nel settore automotive. Una sfida impari che è figlia, in Europa, del Volkswagen Gate che ha escluso dai tavoli delle leggi europee le aziende automotive e che quando, da legislatori poco esperti o forse interessati, gli è stato proposto di passare all’elettrico, hanno accettato dicendo che sarebbe stata la mobilità del futuro senza pensare a tempistiche corrette e concorrenza di chi dispone di materie prime e tecnologia più avanzata oltre a costo del lavoro più basso grazie a norme diverse da quelle europee.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a dichiarazioni delle Case auto sul passaggio di tutta la loro gamma a zero emissioni ancora prima del 2035, quasi fosse una sfida a chi per primo era più veloce ad abbandonare i motori che per 140 anni li hanno fatto crescere e guadagnare. Peccato che invece adesso hanno rivisto i programmi, preferiscono le piattaforme multienergia, dove possono produrre vetture elettriche ma anche con motori endotermici e c’è chi ha mantenuto in “vita” modelli di cui aveva già decretato la fine. Insomma il “grido d’allarme” di de Meo è stato chiaro ma forse risulta un po' tardivo in un momento dove certamente l’Europa tanti soldi da investire nell’industria automotive non li ha. Le Case auto europee pensavano di guadagnare in tempi brevi con le vetture elettriche invece ancora oggi i margini sono bassissimi o negativi rispetto alle endotermiche e in più c’è la concorrenza di cinesi e anche degli americani. E non dobbiamo dimenticare anche che i costruttori europei in questi anni hanno fatto ottimi guadagni e che molti hanno anche stretto partnership con i cinesi. Il Parlamento Europeo probabilmente da giugno avrà linee più morbide verso il 2035 ma saremo in tempo per salvare il mercato automotive europeo senza aiuti o dazi come chiedono in molti oppure come dice il vecchio detto “...chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati”.

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