Alfa Romeo Milano, Tavares risponde al Ministro Urso

Botta e risposta tra il Ministro Urso e l'ad di Stellantis Carlos Tavares sul caso del nome della nuova Alfa Romeo Milano. E lancia la frecciata sugli incentivi

Alberto SabbatiniAlberto Sabbatini

Pubblicato il 12 aprile 2024, 11:13 (Aggiornato il 12 aprile 2024, 11:50)

Botta e risposta tra il Ministro Urso (Imprese e Made in Italy) e Carlos Tavares sul caso dell’Alfa Milano prodotta all’estero. Ha cominciato il ministro che sbigottito, dopo la presentazione in prima mondiale dell’Alfa Milano alla sede ACI di Milano, in corso Venezia, ha sbottato così: "Un’auto che si chiama Milano non può essere prodotta in Polonia! È proibito farlo!", ha tuonato il Ministro. Non è nemmeno tanto una provocazione e basta, ma una mezza minaccia perché Urso ha esplicitamente citato una legge italiana (Italian sounding) che prevede che non bisogna dare indicazioni fuorvianti che inducano in errore il consumatore. "Un’auto che si chiama Milano si deve produrre in Italia altrimenti si danno indicazioni fallaci sono consentite dalla legge italiana, giocando su indicazioni geografiche".

Urso fa riferimento a una legge del 2003 che dovrebbe proteggere le contraffazioni sul cibo tipicamente italiano. Come mozzarella, parmigiano, olio d’oliva, pizza e pasta. Questi cibi vengono anche prodotti all’estero con procedure, lavorazioni e componenti ben differenti dalla vera mozzarella e dal vero parmigiano. Ma mantengono un nome pseudo-italiano, leggermente storpiato con nomi distorti e giocano sul sound simile per imbrogliare il consumatore straniero poco esperto. E per fargli credere che certi cibi siano davvero mozzarella o parmigiano italiani mentre sono soltanto imitazioni.

Il botta e risposta Urso-Tavares sulla Milano

Tavares però, proprio in occasione del lancio della Milano, ha risposto punto per punto al ministro difendendo le strategie di Stellantis. Ne ha parlato proprio con noi di Auto a margine della presentazione dell’Alfa Milano. Ecco come si è difeso e ha contrattaccato.

"L’Alfa Milano, per quanto mi riguarda, è italiana perché è stata pensata in Italia da italiani, progettata in Italia, disegnata nelle sue forme in Italia, ingegnerizzata in Italia. Viene semplicemente assemblata in un altro Paese (la Polonia nella fabbrica di Tichy dover nascono anche Fiat 600e e Jeep Avenger, n.d.r.) semplicemente è meno costoso farla lì che nelle fabbriche italiane. Ma ciò non deve suonare come uno scandalo. Non siamo più nell’Europa degli anni Settanta quando c’erano rigidi confini tra uno stato e protezionismo esagerato. Oggi l’Europa è un Paese allargato con leggi comuni, interessi commerciali comuni e si viaggia da una nazione all’atra senza esibire documenti perché facciamo tutti parte di un grande Paese allargato: l’Europa comune".

"Stellantis - continua Tavares - è un’azienda mondiale che ha diverse fabbriche sparse in Europa, dall’Italia alla Francia alla Spagna, alla Polonia. E noi localizziamo la produzione dove per motivi sinergici ci viene meglio farlo. Certo, avremmo potuto anche potuto produrre l’Alfa Milano in Italia invece che all’estero. Tecnologicamente era possibile farlo. Ma ci sarebbe costato molto di più. E non avremmo perciò potuto venderla a 30mila euro, come costerà quest’Alfa Milano, ma ad almeno diecimila euro di più. E a quel punto non sarebbe stata un’auto profittevole per l’azienda e per il consumatore perché non avrebbe avuto tante chanches di successo a un prezzo così elevato. Ma ripeto: è un’auto italiana pensata in Italia e riflette tutto lo spirito italiano Alfa Romeo: il fatto che sia costruita all’estero non inficia il contenuto e l’appeal della vettura".

La frecciata al Governo sugli incentivi

Tavares ha poi chiuso con una frecciatina nemmeno tanto velata rivolta allo stesso Ministro e al Governo di cui fa parte che aveva espresso già nell’incontro coi sindacati a Torino poche ore prima del lancio della Milano: "Agli italiani sono state fatte tante promesse, ma gli incentivi tanto attesi non sono ancora stati rilasciati…". Come dire: noi di Stellantis l’impegno per tenere bassi i prezzi della nuova auto ce l’abbiamo messo, il governo ancora no.

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