Terre rare e industria dell'auto, ci risiamo con un'altra crisi di approvvigionamento?

Terre rare e industria dell'auto, ci risiamo con un'altra crisi di approvvigionamento?
La catena di valore, dei componenti fondamentali alla produzione di un'auto, deve fronteggiare la crisi delle materie prime necessarie ai magneti (non solo delle EV)

10.06.2025 09:37

Le dinamiche rispetto a 4 anni fa sono diverse, le cause pure. Il rischio che a essere simile sia l’esito, ovvero, lo stop della produzione di auto, è concreto. Se tra il 2021 e il 2023 la ripartenza dell’industria dell’auto dopo il Covid è stata minata dalla scarsità di microchip, in una domanda dell’industria concorrente che fu quella dell’elettronica di consumo privilegiata allora dai fornitori - con una concentrazione della produzione mondiale di microchip nelle mani di pochissimi player a Taiwan -, adesso sono le terre rare a far tremare l’industria dell'auto. A essere a rischio è, nuovamente, la supply chain, la catena di approvvigionamento.

"L'intera industria automobilistica è in preda al panico. Sono disposti a pagare qualsiasi prezzo, le parole di Franck Eckard all’agenzia Reuters, a.d. di Magnosphere, multinazionale attiva, soprattutto, nella produzione di magneti.

La Cina e le terre rare fondamentali non solo alle elettriche

Nell’elenco delle terre rare, metalli in realtà non rari per disponibilità nella crosta terrestre ma per le operazioni di estrazione, compaiono, tra gli altri - in un elenco di 50 elementi -  quel manganese e cobalto che sono cruciali non solo per una tipologia di batterie ma per la realizzazione dei magneti.

Ecco, è il ruolo della Cina nell’intera vicenda a essere centrale e, con esso, i rapporti commerciali alla luce della politica di dazi attuata dagli Stati Uniti. Con Pechino le interlocuzioni condotte dalle istituzioni a Washington e quelle a Bruxelles sono continue, per negoziare accordi commerciali a vantaggio dei due blocchi economici nella dipendenza dalla Cina in alcuni settori industriali chiave. Nelle mani del Paese del Dragone, attraverso l’apertura o chiusura dei “rubinetti” sulle concessioni all’export delle terre rare, finisce il controllo dell’operatività degli stabilimenti automobilistici.

Se le auto elettriche impiegano una quantità superiore di terre rare, le auto termiche e le ibride non sono certo immuni da una crisi che andrebbe a impattare sui tempi di consegna e in una fase di domanda già debole sul mercato europeo dell’auto.

La crisi dei microchip: ritardi e prezzi all'insù

Come accadde con la dipendenza dai microchip realizzati dai grandi player specializzati a Taiwan - per nulla semplice da superare considerati gli investimenti necessari -, sulle terre rare la Cina controlla il 70% del mercato globale dell’estrazione, secondo i dati diffusi dall’agenzia Reuters e l’85% delle attività di lavorazione. Un quadro in cui operare nell’immediato è estremamente difficile, con un altro effetto da monitorare, che fu quello vissuto con la crisi dei microchip. Scarsità dell’offerta che portò il rallentamento della produzione, l’allungamento dei tempi di consegna e l’aumento ulteriore dei prezzi di listino. Una condizione, quest’ultima, che nell’attuale scenario di mercato - tra pressioni sui prezzi dovute ai dazi e concorrenza dei costruttori cinesi, leggendo il mercato in chiave europea -  non è praticabile salvo deprimere ulteriormente la domanda.

Dall’altro, se i costruttori “sono disposti a pagare qualsiasi prezzo”, riprendendo Eckard, una crisi della fornitura di terre rare sarà un altro fattore che metterà alla prova i bilanci e i margini operativi.

Terre rare che restano nella stragrande maggioranza dei casi fondamentali per produrre i magneti e i componenti elettrici presenti sulle auto. Alcuni Costruttori, negli ultimi anni, si sono impegnati per ridurre la presenza delle terre rare nelle batterie, diminuendo a circa il 10% la presenza rispettivamente di manganese e cobalto ed riuscendo a eliminarli dalla produzione dei motogeneratori. Un’indipendenza che potrebbe non bastare per procedere con la produzione davanti al blocco dell’export che la Cina dovesse decidere di intensificare.

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