Auto ibride, un fenomeno in crescita ma serve chiarezza

Auto ibride, un fenomeno in crescita ma serve chiarezza
L'Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School ha fatto il punto sulla situazione delle ibride in Italia, proponendo una nuova metologia di classificazione

18.06.2025 ( Aggiornata il 18.06.2025 14:36 )

In un mercato che sembra faticare ancora molto ad affezionarsi all’elettrico, sono le ibride a emergere ritagliandosi sempre maggiore spazio. In Italia, negli ultimi mesi, quasi un’auto su due tra le nuove immatricolazioni ha un motore endotermico abbinato a un’unità elettrica. Di ibridi, però, ce ne sono tante tipologie e in continua evoluzione, e non sempre è facile fare una classificazione di esse. Per aggiungere chiarezza in questo scenario, e fare il punto sulla situazione delle vetture elettrificate nel nostro Paese, è intervenuto l’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School, che ha portato avanti una ricerca sulle ibride in Italia proponendo una uniformazione dei criteri di classificazione di queste ultime. Lo studio è stato presentato martedì 17 giugno a Roma.

Hybrid Cars, what else? Lo studio della Luiss 

A presentare i risultati della ricerca sono stati Luca Pirolo, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Luiss Business School, Fabio Orecchini, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Luiss Business School e Università Guglielmo Marconi e Nicola Desiderio, membro della Luiss Business School.

Lo studio ha chiarito quanto sia ampia l’offerta delle auto ibride in Italia: esse coprono un’ampissima fascia di vetture che va dalle city car alle supercar, passando per crossover, grandi Suv e ammiraglie. Nel complesso, sono 48 i Marchi che hanno almeno un’ibrida a listino, per un totale di 244 modelli e 762 varianti, considerando diverse declinazioni di elettrificazione, trazione eccetera.

Andando più nel dettaglio, la ricerca ha rivelato che ben il 62,3% degli ibridi in questione sono mild hybrid, ovvero il livello più basso di elettrificazione (475 varianti complessive); sono invece il 9,8% (con 75 varianti) le full hybrid, cioè vetture con batteria di elevata capacità ma senza ricarica esterna; il 27,6% (210 varianti) sono poi le plug-in, ossia ibride ricaricabili tramite presa; infine, sono appena lo 0,3% (2 varianti) le auto dotate di range extender, ovvero elettriche la cui autonomia viene incrementata da un motore endotermico.

A questi si aggiunge un sottogruppo piuttosto recente e non universalmente riconosciuto, ovvero le cosiddette middle hybrid: si tratta di quelle mild hybrid che permettono di veleggiare e percorrere brevi tratti con il motore endotermico spento. Questa tipologia include 65 varianti, cioè circa il 14% delle mild hybrid, e rappresentano un segmento in crescita.

Altri dati estrapolati dallo studio dell’Osservatorio sono relativi alle alimentazioni degli endotermici su cui sono basati gli ibridi disponibili in Italia: il 77% è alimentato a benzina, il 22% a gasolio e appena lo 0,3% bifuel GPL/benzina. Gli ibridi con batterie non ricaricabili dall’esterno costituiscono la parte più consistente delle auto vendute sul mercato (44,9% in Italia nei primi 4 mesi del 2025 e 35,9% in Europa nel primo trimestre 2025). Infine, un dato relativo alla capacità delle batterie dei plug-in hybrid: è di 20,3 kWh e la percorrenza media in modalità puramente elettrica è di 78,9 km.

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Le proposte per la classificazione delle ibride

Come detto, la classificazione dei sistemi ibridi non è però sempre uniforme, ed esistono, nelle 13 metodologie prese in esame dall’Osservatorio, ben 9 parametri diversi, il più importante dei quali è la capacità del motore elettrico di muovere la vettura senza fare ricorso all’unità endotermica. Un fattore, questo, che però non viene rilevato nel ciclo di omologazione WLTP.

La proposta dell’Osservatorio Auto e Mobilità ha individuato due metodologie da usare nel breve e nel medio periodo: la prima propone di applicare un indice oggettivo basato sul “grado di elettrificazione” di un sistema ibrido, ovvero mettendo in relazione la potenza del motore elettrico, quella del propulsore del motore termico e la massa del veicolo. Si tratta di una metodologia facilmente applicabile in quanto tutte queste variabili sono comunicate in fase di omologazione e quindi presenti tra le caratteristiche tecniche di ciascuna vettura.

Il secondo metodo, quello a medio termine, invece si basa sulla quantità di tempo che una vettura ibrida riesce a viaggiare in un ciclo urbano (sia in termini di tempo che di distanza percorsa) senza ricorrere al motore endotermico. Nello specifico, verrebbero così considerate full hybrid le vetture capaci di viaggiare almeno al 60% in full electric, middle hybrid quelle tra il 30 e il 59% del tempo e mild hybrid quelle sotto il 29%. Questa, specifica l’Osservatorio, è però una metodologia che potrà essere applicata solo in futuro quando questo tipo di dato verrà rilevato in fase di omologazione.

Il punto di vista delle aziende sull'ibrido

Come ha spiegato Andrea Cardinali, direttore generale di UNRAE, “La nuova ricerca dell’Osservatorio Auto e Mobilità della LUISS, di cui UNRAE è Partner, evidenzia il dinamismo dell’industria automobilistica e i suoi ingenti sforzi verso la decarbonizzazione, che oggi passa soprattutto attraverso l’elettrificazione in tutte le sue forme. UNRAE valuta positivamente le proposte dell’OAM di classificazione dei powertrain ibridi, che migliorerebbero la chiarezza verso i consumatori grazie a una comunicazione standardizzata, prosegue il Direttore Generale. Un’adozione a livello europeo, inoltre, renderebbe i diversi mercati finalmente confrontabili”.

Un dinamismo che affonda le sue radici in un passato molto lontano, addirittura alle origini dell’automobile stessa. Se le prime ibride di massa, ovvero la Toyota Prius e la Honda Insight, sono arrivate sul mercato solamente negli anni ’90, risale al 1900 la prima ibrida della storia: la Lohner-Porsche Semper Vivus, progettata da un giovanissimo Ferdinand Porsche e che di fatto proponeva per la prima volta un propulsore elettrico e uno a benzina su una stessa vettura. Una pietra miliare, che dimostra quanto l’idea dell’ibrido sia radicata nella storia dell’auto, anche se come noto bisognerà poi aspettare quasi un secolo affinché questa tecnologia diventi disponibile per il grande pubblico.

A margine della presentazione della ricerca, è andato poi in scena un incontro che ha visto protagonisti, oltre al già citato Andrea Cardinali di UNRAE, i rappresentanti di alcune aziende attive nel settore automotive ed energetico: Alberto Santilli, Amministratore Delegato Toyota Motor Italia, Simone Mattogno, Direttore Generale Auto Honda Motor Europe Italia, e Fabio Pressi, CEO A2A E-Mobility.

Toyota e Honda che come detto rappresentano i due principali precursori delle ibride di massa, e che continuano a portare avanti una strategia di elettrificazione parallela e multitecnologica: da un lato le elettriche “pure”, dall’altro le ibride. In particolare, Honda ha pianificato il lancio di ben 13 modelli ibridi nel prossimo periodo, a partire dalla sportiva Prelude che sarà disponibile dall’autunno, mentre Toyota porterà per la prima volta su una vettura di piccola taglia come la Aygo X un ibrido ad alto potenziale con bassi consumi ed emissioni, a partire dalla fine di quest’anno.

Per quanto riguarda invece chi si occupa della distribuzione di energia, come A2A, il focus è sui costi della creazione dell’infrastruttura e dell’energia, che devono essere sostenuti anche dalla presenza di un sufficiente numero di vetture EV o plug-in in circolazione.

 

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