Più pedoni e meno auto, ma manutentori, artigiani e trasportatori restano penalizzati
Luca Talotta
20 lug 2025 (Aggiornato il 21 lug 2025 alle 07:51)
La ZTL Quadrilatero cambia pelle. O meglio, cambia regolamento. Dopo mesi di polemiche, osservazioni, richieste da parte delle categorie produttive e analisi sui flussi di traffico, il Comune di Milano ha finalmente deciso di aggiornare la disciplina viabilistica di una delle zone più pregiate (e vincolate) della città. Eppure, anche stavolta, chi lavora con l’auto o il furgone è trattato da problema, non da risorsa.
Il bilancio dei primi mesi di attivazione parla chiaro: le auto private sono diminuite del 13,38%, ma è cresciuto l’uso di taxi (+30%), moto (+18,7%) e NCC (+19,95%). Un aumento prevedibile in una zona che, nei fatti, scoraggia la mobilità autonoma per chi deve entrare e uscire quotidianamente.
Il dato più preoccupante? Il crollo dell’accesso da parte di artigiani, manutentori, impiantisti (-35,44%) e dei veicoli per il trasporto merci (-31%). Segno che la ZTL, così com’era, ha tagliato fuori proprio chi dovrebbe garantire servizi essenziali: chi ripara, consegna, installa, smaltisce.
L’amministrazione, per voce dell’assessora Arianna Censi, parla oggi di un “ascolto attento” delle esigenze degli operatori economici. E così, ecco le prime modifiche ufficiali:
Infine, viene formalizzata l’esclusione dai divieti per i veicoli delle forze di pubblica sicurezza impegnati in attività di tutela.
Se è vero che i flussi pedonali sono aumentati (+12%), con oltre 115.000 persone al giorno e picchi di 8.400 pedoni l’ora tra le 11 e le 18, è altrettanto vero che la riduzione del traffico veicolare ha colpito in modo selettivo e diseguale.
Chi lavora con il mezzo di trasporto per mestiere ha visto complicarsi la propria operatività, con accessi più rigidi, vincoli burocratici e deroghe temporanee da rinnovare ogni anno. Non basta dire che “qualcosa è stato fatto”: i fatti dimostrano che l’interesse pubblico coincide quasi sempre con la mobilità dolce per i residenti, ma non con le necessità di chi mantiene vivi i servizi nella città.
Sebbene il Comune abbia accolto alcune proposte, resta una forte discrezionalità: l’accesso è subordinato alla durata del contratto, alla specificità del servizio, all’orario di accesso. E questo, per chi opera nel Quadrilatero, non garantisce stabilità. Un installatore o un impiantista che ha interventi occasionali deve ancora fare salti mortali per entrare.
Chi lavora in città non chiede il permesso di entrare ovunque, ma il diritto di lavorare senza ostacoli ideologici. Se una zona diventa inaccessibile senza una giustificazione documentale e limitata nel tempo, l’effetto è chiaro: si rinuncia al cliente o si aumentano i costi del servizio.
Il Comune punta a «incrementare la vivibilità sottraendo spazio pubblico all’uso dei veicoli» – parole dell’assessora Censi. Ma l’equilibrio tra vivibilità e accessibilità deve essere reale, non solo dichiarato. Non può esistere vivibilità se chi deve lavorare, consegnare o riparare viene ostacolato da un regolamento scritto con l’ottica di chi non ha mai dovuto portare un compressore o un boiler a spalla.
I centri storici non sono salotti da Instagram, sono anche luoghi dove si vive, si lavora, si produce. E la transizione ecologica deve accompagnare il cambiamento, non creare una nuova forma di selezione all’ingresso.
Non c’è mobilità sostenibile se si criminalizza l’uso dell’auto in qualunque forma. I mezzi da lavoro non sono un capriccio: sono uno strumento di sopravvivenza per intere categorie. Se da un lato va bene regolamentare, dall’altro è inaccettabile che un installatore che lavora su impianti elettrici o un fioraio che monta allestimenti per eventi debba lottare ogni giorno contro cavilli, varchi elettronici e permessi a scadenza.
Anche chi guida ha diritti. E oggi serve più che mai una politica della mobilità che riconosca il valore dell’auto quando è necessaria, non solo quando è elettrica o condivisa.
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