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Lada Azimut, il nuovo SUV russo tra eredità Niva e sfida moderna

Il primo vero modello post-Renault per Avtovaz segna la rinascita di Lada: Azimut è un SUV pensato per il mercato globale, ma rinuncia alla trazione integrale. Tradimento o evoluzione?
Lada Azimut, il nuovo SUV russo tra eredità Niva e sfida moderna

Luca TalottaLuca Talotta

21 lug 2025

C’è un nome che torna a far parlare di sé nel mondo dell’automotive, e non è uno qualunque: Lada. Dopo l’uscita di scena di Renault, seguita alle tensioni geopolitiche legate alla guerra in Ucraina, il colosso russo Avtovaz prova a rilanciarsi nel panorama automobilistico con un nuovo modello, 100% nazionale: la Lada Azimut. Un SUV di segmento C lungo 4,42 metri che, tra linee moderne, tecnologia di bordo e ambizioni globali, punta a raccogliere l’eredità pesantissima della storica Lada Niva.

Ma attenzione: chi si aspettava un fuoristrada vecchio stile resterà deluso. Perché Azimut segna una netta rottura con il passato, almeno nelle intenzioni estetiche e strategiche.

Stile moderno, ma senza dimenticare l’identità

Guardare la nuova Azimut è come osservare il salto generazionale tra due epoche. Addio linee grezze e look spartano: il nuovo SUV propone una carrozzeria muscolosa, LED diurni dal taglio aggressivo e cerchi da 18 pollici che richiamano le tendenze attuali. Un look da crossover urbano più che da mezzo per affrontare le steppe siberiane.

Gli interni sorprendono ancora di più. Per chi era abituato a vedere plance minimali e plastiche rigide, la doppia strumentazione digitale e l’infotainment in stile tablet sono una rivoluzione. Eppure, in un contesto di forte innovazione, restano comandi fisici per clima e cambio, una scelta che appare come un omaggio agli utenti affezionati alla concretezza dei comandi manuali. Praticità prima di tutto, anche nell’era digitale.

Non mancano però le influenze “estere”. Alcuni dettagli degli interni – plancia, bocchette dell’aria, pulsantiera – sembrano usciti da una Renault Captur o una Dacia Duster. E non è un caso: la base meccanica della nuova Azimut deriva ancora dalla Lada Vesta, che a sua volta è un’eredità tecnica del periodo Renault. Insomma, si cambia rotta, ma non del tutto.

Nessuna trazione integrale: una scelta che fa discutere

Qui viene il punto critico. Niente trazione integrale. Nemmeno optional. Una vera eresia per chi ha fatto della Niva un’icona dell’off-road, amata per decenni da agricoltori, militari e avventurieri russi (e non solo). L’Azimut, invece, debutta solo con la trazione anteriore, segno evidente della volontà di posizionarsi in un segmento urbano/familiare, piuttosto che nel mondo del fuoristrada puro.

Una scelta probabilmente dettata dal mercato interno e dalla mancanza di componenti, ma che lascia l’amaro in bocca a chi sperava in una vera erede della Niva. Eppure, dal punto di vista commerciale, la decisione ha una logica: oggi il SUV più venduto in Europa è il Peugeot 2008, e il 90% delle sue vendite è in versione 2WD. Anche in Russia, la domanda di SUV compatti per uso cittadino è in crescita costante.

Motori a benzina: niente elettrico, almeno per ora

Sul fronte motorizzazioni, niente ibrido, niente elettrico. Azimut si affida a una gamma di motori termici a benzina: 1.6 e 1.8 litri aspirati, già noti sulla Vesta, più un nuovo 1.5 turbo in arrivo. Le potenze non sono state dichiarate, ma i media russi parlano di una fascia tra 106 e 150 cavalli, abbinati a cambio manuale o automatico CVT.

Non solo: secondo alcune indiscrezioni, componenti chiave come la trasmissione o l’elettronica potrebbero essere forniti dalla cinese Geely, segno che Avtovaz si sta guardando attorno per costruire alleanze tecniche fuori dall’influenza europea. È una diversificazione strategica, resa necessaria dalle sanzioni e dalle difficoltà di approvvigionamento.

Il rilancio di Avtovaz passa anche dal simbolismo

Ma al di là delle specifiche, l’Azimut è soprattutto un simbolo politico ed economico. È il primo modello completamente nuovo da quando Renault ha lasciato la Russia. È frutto della volontà di ricostruire un’industria nazionale forte, senza il supporto diretto dell’Occidente. È anche un segnale rivolto al mercato interno: «Guardate, possiamo farcela da soli».

Non è un caso che il lancio sia avvenuto a Togliatti, la città che porta il nome del leader comunista italiano Palmiro Togliatti, dove nel 1966 fu costruita la prima grande fabbrica automobilistica sovietica. Un luogo carico di storia, che oggi prova a rinascere sotto nuove forme.

Ma serve realismo: la Lada Azimut non è ancora pronta per competere con i SUV europei, giapponesi o coreani, almeno in termini di raffinatezza meccanica, connettività avanzata o guida assistita. Eppure, è un primo passo. E in un contesto di isolamento economico, può rappresentare una risposta concreta a un’esigenza locale, anche con un occhio all’export in mercati meno regolamentati (Asia centrale, Medio Oriente, Africa).

La memoria della Niva

Non possiamo restare indifferenti davanti a certe scelte. Perché Azimut potrà anche essere moderna, ben rifinita e tecnologica, ma togliere la trazione integrale al nome Lada è come togliere il motore boxer alla Subaru o il diesel al Defender. Una provocazione? Forse. Ma è chiaro che la strada intrapresa da Avtovaz non parla più agli amanti del fuoristrada, bensì ai pendolari e alle famiglie urbane.

Ci chiediamo se non sarebbe stato più giusto rilanciare la Niva in parallelo, con la sua meccanica ruvida ma autentica, e affiancarla a un SUV come l’Azimut. Così si rischia di perdere l’anima del marchio in nome della “normalizzazione” tecnica. Una scelta forse comprensibile in ottica industriale, ma difficile da digerire per chi ha amato davvero Lada.

 

 

 

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