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Roma e Berlino chiedono all’Europa un approccio flessibile e tecnologicamente neutrale per la decarbonizzazione delle flotte aziendali, senza imporre solo l’elettrico.
Luca Talotta
29 ago 2025
Finalmente una voce forte e comune: Italia e Germania si presentano unite davanti a Bruxelles per chiedere che la decarbonizzazione delle flotte aziendali venga affrontata con realismo e non con imposizioni unilaterali. Dopo l’incontro dello scorso luglio a Berlino tra il ministro Adolfo Urso e la sua omologa tedesca Katherina Reiche, i due Paesi hanno formalizzato una posizione congiunta che mette in discussione l’approccio troppo rigido della Commissione Europea.
L’Europa non può più permettersi di imporre diktat ideologici che penalizzano imprese e automobilisti. La transizione ecologica va fatta, ma va fatta bene, senza trasformarla in un boomerang economico e sociale.
La linea comune tra MIMIT e BMWE è chiara: il futuro delle flotte aziendali non può essere legato esclusivamente all’auto elettrica. Biocarburanti, idrogeno, ibridi di nuova generazione e persino motori termici a basse emissioni devono rimanere parte della partita.
«Abbiamo il dovere di sostenere misure efficaci e flessibili, capaci di accompagnare le imprese nel percorso verso la decarbonizzazione, senza gravare con regolamentazioni rigide e penalizzanti», ha dichiarato Urso. Una frase che sintetizza la necessità di tenere insieme sostenibilità e competitività industriale.
L’approccio tecnologicamente neutrale significa anche lasciare spazio alla ricerca e non ingessare l’innovazione. È un punto su cui automobilisti e imprese non possono che essere d’accordo: più scelte ci sono, più soluzioni concrete possono arrivare sul mercato.
La proposta congiunta non riguarda solo le autovetture, ma anche i veicoli commerciali leggeri e i mezzi pesanti, ossia il cuore pulsante della logistica e del trasporto merci. Un settore che non può permettersi di fermarsi davanti a regolamenti impossibili da rispettare.
Chi gestisce flotte lo sa bene: passare da un giorno all’altro al full electric non è sostenibile né dal punto di vista economico né infrastrutturale. Mancano colonnine, mancano reti di ricarica veloci, e soprattutto mancano incentivi adeguati. Ecco perché l’intesa Italia-Germania è un grido di buon senso che difende gli interessi delle imprese e, indirettamente, anche dei cittadini.
La rigidità di Bruxelles rischia di trasformarsi in un regalo alla concorrenza asiatica, che continua a sfornare auto elettriche a basso costo. Senza un approccio equilibrato, le aziende europee potrebbero perdere terreno e gli automobilisti pagare il prezzo più alto, con meno scelta e costi più elevati.
Italia e Germania, insieme, rappresentano il cuore industriale del settore automotive in Europa. Se loro alzano la voce, è perché la direzione intrapresa non è sostenibile. La neutralità tecnologica non è un compromesso al ribasso, ma una strategia intelligente per non spaccare il mercato e garantire una transizione graduale.
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