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Luca Talotta
2 set 2025
Il filtro antiparticolato (FAP o DPF) è uno dei componenti più discussi delle auto diesel moderne. Nato per ridurre le emissioni di particolato e rispettare le normative ambientali, spesso diventa il peggior incubo degli automobilisti. Non perché sia inutile, ma perché si intasa facilmente se non si conoscono le regole per mantenerlo efficiente. E qui sta il problema: troppi costruttori si “dimenticano” di spiegare bene come funziona, lasciando i clienti ignari fino al momento in cui si accende la spia… e il portafoglio si alleggerisce. Sapere come riconoscere i sintomi in anticipo può salvarti da una spesa da centinaia, se non migliaia, di euro.
Il primo segnale d’allarme è la spia sul cruscotto: può essere dedicata al FAP oppure la generica “check engine”. Quando si accende, significa che il sistema rileva un intasamento anomalo. In teoria, basterebbe una rigenerazione per risolvere, ma se la spia resta accesa troppo a lungo, il danno è dietro l’angolo.
Un FAP vicino alla saturazione massima provoca altri sintomi facilmente percepibili:
Il guaio è che molti ignorano questi sintomi, pensando che sia “solo un po’ di sporco” o un calo momentaneo. Invece, sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare.
Il FAP si intasa principalmente per uno stile di guida errato: troppi tragitti brevi, velocità basse, marce alte e mancanza di percorrenze a regime costante. Il problema è che le case automobilistiche vendono auto diesel anche a chi fa 5 km al giorno in città, pur sapendo che il FAP in quelle condizioni è un disastro annunciato. Una scelta commerciale che scarica i problemi (e i costi) sul cliente, senza fornire istruzioni preventive chiare.
La rigenerazione del FAP, infatti, avviene quando i gas di scarico raggiungono temperature elevate, cosa che in città è praticamente impossibile. Così, chilometro dopo chilometro, il filtro si riempie di fuliggine fino a soffocare il motore.
Per evitare di “restare a piedi” a causa di un FAP intasato, bastano alcune regole di buon senso:
La manutenzione preventiva è l’unico vero scudo: ignorare i primi segnali porta a interventi costosi come la pulizia professionale (200-400 euro) o la sostituzione completa (anche oltre 1.500 euro).
Se la spia è accesa e l’auto è già in modalità “recovery” (potenza ridotta), non insistere: rischi di danneggiare turbo e motore. Le opzioni sono:
E attenzione: circolare con un FAP rimosso o manomesso non è solo dannoso per l’ambiente, ma anche vietato dalla legge, con multe e bocciatura alla revisione.
Il filtro antiparticolato non è un nemico: fa il suo lavoro e riduce realmente le emissioni nocive. Il vero problema è la scarsa informazione data agli automobilisti e la vendita indiscriminata di auto diesel a chi non ha uno stile di guida adatto. Risultato? Migliaia di automobilisti finiscono in officina per guasti evitabili. E finché i costruttori non affronteranno il problema alla radice, l’unica difesa è conoscere i sintomi, agire in anticipo e non sottovalutare mai i segnali che la tua auto ti manda.
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