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Auto UE: le proposte dei costruttori rischiano di dimezzare le vendite di elettriche

Luca Talotta
Pubblicato il 23 ottobre 2025, 12:04
La corsa verso la mobilità elettrica in Europa potrebbe subire una brusca frenata. Secondo un’analisi di Transport & Environment (T&E), l’associazione dei costruttori europei ACEA avrebbe presentato alla Commissione UE un documento contenente sei proposte di flessibilità normativa che, se accolte, dimezzerebbero la quota di vendite di veicoli elettrici prevista per il 2035.
In pratica, i costruttori chiedono di equiparare le auto alimentate con carburanti alternativi “carbon neutral” (come e-fuel e biocarburanti) ai veicoli a zero emissioni, di fermare la revisione dei criteri per le ibride plug-in e di introdurre crediti di CO₂ per chi rottama vecchi veicoli o usa materiali “verdi” in produzione.
Per T&E, si tratta di una strategia per indebolire la normativa UE sulle emissioni e rallentare la transizione industriale, con rischi ambientali e occupazionali notevoli.
Le richieste di ACEA: sei deroghe che cambiano tutto
Secondo il documento interno di ACEA visionato da T&E, i costruttori europei puntano a:
- equiparare i veicoli alimentati con carburanti “carbon neutral” (biocarburanti, e-fuel) a quelli a emissioni zero;
- bloccare l’aggiornamento dell’utility factor per le ibride plug-in (PHEV) previsto per il 2027;
- introdurre crediti di CO₂ per chi rottama auto inquinanti o utilizza materiali a basso impatto nella produzione;
- premiare la produzione di piccole auto elettriche con bonus aggiuntivi, ma solo se fabbricate in Europa;
- introdurre meccanismi di averaging pluriennale sulle emissioni (es. media 2028-2032 invece di anno per anno);
- riconoscere crediti di filiera “verde” a chi usa energia rinnovabile certificata nella produzione.
Queste proposte, secondo T&E, ridurrebbero la quota di EV al 52% entro il 2035, ben al di sotto degli obiettivi fissati per il blocco della vendita di auto a motore termico.
T&E: “Normativa europea a rischio, la lobby vuole un colabrodo”
La reazione delle organizzazioni ambientaliste è stata immediata. Andrea Boraschi, direttore di T&E Italia, ha dichiarato:
«Queste richieste sono da respingere. Se adottate, comprometteranno la prospettiva industriale e occupazionale della transizione europea, minando ogni prospettiva di investimento. È il momento di recuperare terreno rispetto alle potenze industriali concorrenti, non di trasformare la normativa europea sulle auto in un colabrodo».
Il timore di T&E è che, dietro le pressioni industriali, si nasconda la volontà di guadagnare tempo: mantenendo in vita tecnologie tradizionali come endotermici e ibridi, si rischia di ritardare investimenti cruciali nella catena del valore dell’elettrico, favorendo indirettamente la concorrenza cinese, oggi in forte crescita nel mercato EV europeo.
Perché le “scappatoie” pesano sul futuro dell’auto elettrica
Le simulazioni di T&E mostrano come l’impatto delle deroghe sarebbe rilevante:
- l’equiparazione dei carburanti alternativi ridurrebbe del 25% le vendite EV previste;
- l’eliminazione dell’utility factor per le ibride plug-in peserebbe per un ulteriore 10%;
- i crediti per rottamazione e tecnologie verdi taglierebbero l’ambizione di un altro 12% complessivo;
- le premialità per i piccoli EV ridurrebbero ancora di un 1% la quota di veicoli elettrici sul mercato.
In totale, i costruttori avrebbero bisogno di raggiungere solo poco più della metà (52%) del target previsto di vendite a zero emissioni, diluendo drasticamente lo sforzo climatico dell’UE.
L’Europa divisa tra competitività e clima
ACEA giustifica la richiesta con la necessità di preservare competitività e posti di lavoro, sottolineando i ritardi infrastrutturali nelle colonnine di ricarica e i costi elevati delle batterie. Ma la posizione dei costruttori evidenzia un problema di fondo: la transizione non è ancora percepita come opportunità industriale, ma come un vincolo normativo.
La Commissione Europea, intanto, è attesa a presentare entro la fine del 2025 la proposta di revisione della normativa CO₂. In gioco c’è non solo l’ambizione climatica del continente, ma anche la leadership tecnologica europea in un mercato dove la Cina sta consolidando la propria posizione grazie a strategie industriali più aggressive e coordinate.
L’equilibrio da trovare
Il nodo centrale resta la definizione di “zero emissioni”: includere anche i carburanti alternativi rischia di confondere la comunicazione al consumatore e spostare risorse da tecnologie mature e a impatto realmente nullo.
Se da un lato i costruttori rivendicano una maggiore flessibilità per adattarsi al mercato, dall’altro il rischio è di rendere inefficace una delle normative più ambiziose mai approvate. Il dibattito tra Bruxelles e l’industria si preannuncia teso, e il compromesso dovrà tenere insieme sostenibilità, innovazione e competitività industriale.
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