Perché la Dakar si corre in Arabia Saudita

Dal Sahara al Medio Oriente: le ragioni sportive, logistiche e strategiche che hanno portato il rally raid più duro al mondo a correre in Arabia Saudita

Perché la Dakar si corre in Arabia Saudita
© Dakar.com

Luca TalottaLuca Talotta

Pubblicato il 24 dicembre 2025, 11:00

La Dakar Rally è molto più di una gara: è un simbolo del motorsport estremo, un banco di prova per uomini, mezzi e tecnologie, ma anche un evento che nel tempo ha saputo reinventarsi senza perdere la propria identità. Dal 2020, il rally raid più famoso al mondo si corre interamente in Arabia Saudita, una scelta che ha fatto discutere, ma che risponde a una serie di motivazioni sportive, logistiche ed economiche ben precise.

Per comprendere davvero perché la Dakar si corre oggi in Arabia Saudita, è necessario andare oltre la superficie delle polemiche e analizzare il contesto in cui il rally si è trovato a evolvere negli ultimi anni.

La Dakar nasce in Africa, cresce in Sud America e oggi trova nel Medio Oriente una nuova casa. Non è un tradimento dello spirito originario, ma l’adattamento di una competizione che, per restare viva, ha dovuto cambiare pelle.

Dall’Africa al Sud America, fino al Medio Oriente

La Dakar nasce nel 1979 come Parigi-Dakar, attraversando il Sahara e territori africani spesso estremi e incontaminati. Per decenni l’Africa è stata l’anima della gara, fino a quando problemi di sicurezza geopolitica hanno reso impossibile garantire l’incolumità di piloti, team e organizzatori.

Il trasferimento in Sud America, a partire dal 2009, ha segnato una nuova era: scenari spettacolari, grande coinvolgimento di pubblico e governi locali fortemente interessati all’evento. Tuttavia, anche lì sono emerse criticità legate ai costi crescenti, all’impatto ambientale e alla complessità logistica su territori vastissimi e spesso urbanizzati.

L’Arabia Saudita arriva quindi come terza fase della storia della Dakar, non come scelta improvvisata, ma come risposta a esigenze concrete.

Spazi infiniti e varietà tecnica: il fattore sportivo

Dal punto di vista sportivo, l’Arabia Saudita offre ciò che oggi è sempre più raro trovare altrove: spazi enormi, continuità territoriale e una varietà di terreni eccezionale. Dune dell’Empty Quarter, piste sabbiose, tratti rocciosi, altopiani e deserti veloci consentono agli organizzatori di disegnare percorsi lunghi, selettivi e tecnicamente complessi.

A differenza di altre aree del mondo, qui è possibile costruire tappe Marathon autentiche, ridurre l’impatto dei trasferimenti urbani e mantenere intatta la filosofia del rally raid: navigazione, resistenza e strategia contano ancora più della pura velocità.

Non è un caso che molte edizioni saudite abbiano riportato in primo piano errori di navigazione, gestione delle gomme e affidabilità meccanica, elementi che storicamente definiscono la Dakar.

Sicurezza e logistica: un’organizzazione sostenibile

Un altro punto chiave è la sicurezza. L’Arabia Saudita garantisce condizioni di controllo del territorio che permettono di pianificare l’evento con grande precisione. Questo non significa snaturare l’avventura, ma renderla compatibile con gli standard richiesti oggi da team ufficiali, sponsor globali e federazioni.

Dal punto di vista logistico, il Paese offre infrastrutture moderne, collegamenti rapidi tra le aree di gara e una capacità organizzativa che consente di ridurre costi e tempi. Un aspetto fondamentale in un’epoca in cui il motorsport deve fare i conti anche con sostenibilità economica e ambientale.

Una visione strategica che va oltre lo sport

La presenza della Dakar in Arabia Saudita si inserisce all’interno di una strategia più ampia di apertura del Paese ai grandi eventi internazionali. Motorsport, calcio, boxe e Formula 1 fanno parte di un progetto di posizionamento globale, in cui la Dakar rappresenta uno degli asset più iconici.

Per gli organizzatori del rally, questo si traduce in stabilità contrattuale e possibilità di pianificare il futuro su più anni, un elemento cruciale per innovare format, regolamenti e tecnologie, comprese quelle legate all’elettrificazione e ai carburanti alternativi.

La Dakar resta la Dakar?

È la domanda che molti appassionati continuano a porsi. La risposta, guardando ai percorsi, ai chilometraggi e alla durezza delle edizioni saudite, è meno scontata di quanto sembri. La Dakar non è più Parigi-Dakar, ma non lo è da oltre quindici anni. Ciò che conta è la sua capacità di restare la gara più dura del motorsport, indipendentemente dalle coordinate geografiche.

In Arabia Saudita, la Dakar ha ritrovato centralità sportiva, riducendo compromessi e tornando a mettere al centro la sfida pura. Non è nostalgia, ma evoluzione.

Ed è proprio questa capacità di adattarsi, senza perdere il proprio DNA, che spiega perché oggi la Dakar si corre lì — e perché, almeno nel medio periodo, continuerà a farlo.

 

 

 

Iscriviti alla newsletter

Le notizie più importanti, tutte le settimane, gratis nella tua mail

Premendo il tasto “Iscriviti ora” dichiaro di aver letto la nostra Privacy Policy e di accettare le Condizioni Generali di Utilizzo dei Siti e di Vendita.

Commenti

Loading

Defender partner ufficiale della Dakar 2026: al lavoro nel deserto più estremo

Defender rafforza il proprio legame con l’off-road più autentico

Dal bollino rosso al nero: il calendario del traffico di Natale 2025

Traffico di Natale 2025: 35 milioni di veicoli in viaggio, bollino rosso sulle principali autostrade e bollino nero previsto sull’A22 del Brennero