Pandemia, chip e guerra: l'automotive è in panne

Pandemia, chip e guerra: l'automotive è in panne

Più costi e vendite ancora in calo ma ora la crescita dei prezzi si dovrà fermare. E il 2022 sarà un altro anno complicato. Per alcune stime la produzione scenderà di 2,6 milioni, ma le case dovranno pensare al potere d'acquisto ridotto dei clienti

di Monica Secondino

21.04.2022 12:08

Nel 1905 Albert Einstein presentava la formula più famosa di tutta la storia della fisica (E=mc²). Oggi ci vorrebbe forse ancora lui per risolvere l’enigma che attanaglia il settore auto dopo il conflitto tra Ucraina e Russia. Molte aziende hanno chiuso i bilanci dell’anno scorso con utili e margini record, perché sono riusciti a bilanciare le minori vendite con maggiori ricavi, visto che hanno alzato i prezzi delle auto. Ma quanto potranno ancora continuare? Si pensava che la crisi dei chip, l’aumento delle materie prime e le difficoltà di approvvigionamento fossero effetti transitori dovuti alla pandemia. Poi il 24 febbraio la Russia attacca l’Ucraina e, l’esplosione delle prime bombe, fa esplodere anche problemi che fino a quel momento erano stati ignorati e che non possono essere risolti in pochi giorni. Gli Stati Uniti si preparano a diventare il primo fornitore europeo di gas, sostituendo la Russia, un cambiamento epocale nel mercato dell’energia e negli equilibri geopolitici che ci metterà un po’ a dare i suoi frutti.

Per i cablaggi invece l’automotive ha guardato al Marocco con l’Italia ponte strategico con il Nord Africa. Ma per quanto ancora i produttori potranno alzare i prezzi delle auto, in un mondo in cui i consumatori si vedono ridurre il reddito disponibile per pagare le bollette, fare rifornimento e anche semplicemente fare la spesa? Non è difficile prevedere quindi che il 2022 sarà un anno molto difficile per le Case auto, con impatti destinati a protrarsi anche nel futuro. Renault è la più esposta in Russia, che rappresenta il secondo mercato dopo la Francia grazie alla partecipazione al 69% in AvtoVaz, dalla quale arriva circa il 12% dei ricavi del Gruppo. Luca de Meo ha detto che questo determina “una situazione molto complessa” per la Casa della Losanga e sono stati rivisti al ribasso sia il margine operativo che il cash-flow. Oltre a questo nei conti del primo semestre 2022 è prevista una svalutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali delle attività russe che, a fine 2021, valevano circa 2,2 miliardi di euro. Renault sta ancora valutando tutte le opzioni, cercando di salvaguardare i 45.000 dipendenti che ha in Russia.

Intanto da Mosca fanno sapere che potrebbero arrivare forti ritorsioni contro le aziende estere che stanno lasciando il Paese. Si parla di espropri e nazionalizzazioni, con tutti gli impatti che ne derivano in termini di vendite e di bilanci. Renault è sicuramente quella messa peggio ma è in buona compagnia. Volkswagen ha comunicato che verrà posticipato il debutto della nuova ID.5 di un mese per i problemi di approvvigionamento dei cablaggi. Herbert Diess, AD del Gruppo ha già detto che la guerra ha messo in discussione le prospettive dell’azienda per il 2022. BMW ha tagliato le previsioni per i margini della divisione auto nel 2022. Ford ha ridotto la produttività negli impianti in Spagna e Germania a causa dei ritardi nelle consegne delle materie prime. E la lista potrebbe continuare. Intanto, S&P Global Mobility – società di ricerca automobilistica - stima che la guerra potrebbe determinare una riduzione nella produzione per il 2022 e il 2023 di 2,6 milioni di veicoli, con l’Europa a subire il colpo maggiore con un taglio di 1,7 milioni di unità.

C’è poi la famosa banca d’affari Morgan Stanley che stima che il solo aumento del nickel – fondamentale per la produzione delle batterie delle auto elettriche delle leghe d’acciaio - avrà l’effetto di aumentare di 2.000 dollari il prezzo di un’auto elettrica media negli Stati Uniti. Più costi e meno auto, con i prezzi finali che non possono continuare a salire all’infinito. C’è da chiedersi quale sarà la soluzione di questa equazione che probabilmente avrebbe fatto tremare anche Albert Einstein.

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