Sproporzionate, discutibili, incomprese: ecco la top 10 delle auto meno apprezzate esteticamente di tutti i tempi

Top 10, le auto più "incomprabili" di tutti i tempi

La forma di un'automobile è figlia di numerose esigenze: meccaniche, aerodinamiche ma anche puramente estetiche. Oggi, il design è uno degli aspetti su cui le Case automobilistiche investono maggiormente. Un'auto giudicata esteticamente poco accattivante, infatti, rischia di diventare un flop commerciale malgrado possa avere caratteristiche tecniche interessanti, e viceversa. Nella storia dell'auto, sono numerose le vetture che, pur affidabili, economiche e talvolta anche veloci e prestanti, non hanno brillato sul mercato a causa di un aspetto esteriore discutibile.
Ma cosa rende un'auto “brutta”? Innanzitutto, è d'obbligo la premessa che l'estetica, in quanto tale, è soggettiva, e che un design può piacere o non piacere a seconda degli occhi di chi la guarda. Del resto, già dall'antichità sappiamo bene che “de gustibus non disputandum est”, ovvero “sui gusti non si può discutere”. È anche vero però che, se la maggior parte delle persone non trova piacevole le linee di una vettura, questo basta a decretarne l'insuccesso. Ci sono poi fattori “oggettivi” che concorrono alla sgradevolezza estetica di un'auto: parliamo soprattutto delle proporzioni, spesso imposte dalla struttura meccanica dell'auto e talvolta frutto deliberato del lavoro dei designer, che fanno risultare il modello, appunto, sproporzionato. E in questo caso, i “gustibus” possono ben poco.
sono le vetture “meno belle” che popolano le strade italiane, e non solo? Noi abbiamo provato a dare una risposta, con questa top 10 dei modelli più discutibili, sproporzionati e incompresi di sempre. Quali sono i vostri?
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<h2>Alfa Romeo Arna</h2>

Quando si parla di <a href="https://www.auto.it/marche/alfa-romeo/modelli">Alfa Romeo</a>, vengono in mente modelli sportivi che hanno fatto la storia dell'auto, o vetture meno prestanti ma comunque capaci di regalare emozioni e dotati di uno stile personale e unico. Poi c'è l'Arna. Nata negli anni '80 come frutto di una joint venture tra la Casa del Biscione e Nissan (il suo nome stava per “Alfa Romeo Nissan Auto”) l'Arna si rivelò ben presto un insuccesso. Basata sulla Pulsar dell'epoca, si rivelò onerosa da assemblare e il pubblico si rivelò assai freddo nei confronti di questa Alfa nipponica. Alla fine, la dirigenza del Marchio di Arese decise di ritirare il modello dal mercato dopo 5 anni e poco più di 50mila esemplari venduti. Mettendo di fatto la parola fine sulla joint venture tra Alfa Romeo e Nissan. 
Pressoché identica alla Nissan Pulsar N10, l'Arna venne fin da subito criticata per il suo aspetto eccessivamente convenzionale e soprattutto poco coerente con lo stile del Biscione. A parte i fari e la mascherina, infatti, l'auto non si distingueva dalla gemella giapponese, e ciò le rese l'infelice nomea di Alfa più brutta di sempre, diventando oggetto di derisione e scherno nella cultura popolare italiana. Il gruppo musicale Elio e le Storie Tese, nella canzone “Visioni”, ha dedicato una strofa a questa sfortunata Alfa: “In vacanza sull'Arno, in vacanza sull'Arna/ questa collaborazione tra Italia e Giappone/ che ha dato i suoi frutti, io li metto nel forno”.
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<h2>AMC Pacer</h2>

Quella di AMC (American Motors Corporation) è stata una storia breve ma intensa: nata dall'unione tra Nash-Kelvinator Corporation e Hudson Motor Car Company (all'epoca fu la più grande fusione del settore negli USA), la AMC ebbe sotto il suo controllo anche il brand Jeep la divisione americana di Renault. Almeno fino a quando, con l'acquisizione da parte del gruppo Chrysler di tutte le attività dell'azienda, il Marchio AMC venne chiuso nel 1988.
L'American Motors Corporation rimase comunque in attività abbastanza a lungo da dare alla luce numerosi modelli, alcuni dei quali ricordati poco felicemente per il loro aspetto estetico tutt'altro che apprezzato. Come la Gremlin, aspramente criticata per la sua coda tronca, e la Pacer del '75. Quest'ultima si presentava come una vettura di taglia medio-piccola, con una lunghezza limitata a 4,36 metri a fronte di una larghezza di ben 1,96 m. Dotata di motori V6 e V8, aveva un grande cofano anteriore e un abitacolo piccolo e particolarmente arretrato che rendevano la vettura fortemente sproporzionata. Particolare, e non apprezzata ai tempi del lancio, la coda inclinata quasi interamente vetrata.
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<h2>Chrysler PT Cruiser</h2>

Nei tempi recenti, sono tanti i Costruttori che hanno deciso di ispirarsi alle vetture del passato per il design dei loro nuovi modelli. A partire da chi, come Fiat con la 500 e Mini, hanno riproposto in chiave moderna i loro successi del passato, fino alle Case che invece hanno reinterpretato non modelli specifici, ma stili di una determinata epoca. È il caso, quest'ultimo, di Chrysler, che nel 2000 ha lanciato la sua entry level PT Cruiser, ispirata alle vetture americane degli anni '30. 
Lunga poco meno di 4,3 metri e proposta sia in versione hatchback a 5 porte che cabrio, la PT Cruiser è stata un buon successo commerciale, con oltre 1,3 milioni di esemplari venduti, di cui una quota abbastanza rilevante anche in Europa. Uno stile, quello di questa Chrysler, da amare oppure odiare, come testimoniano i molti estimatori del modello, ma anche i tanti che invece non ne apprezzano affatto le linee. Al centro delle critiche, i gruppi ottici anteriori e posteriori “a goccia”, le forme fortemente tondeggianti e le particolari proporzioni.
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<h2>Daihatsu Materia</h2>

I gusti, come abbiamo detto, cambiano da persona a persona. Ma anche da Paese e Paese, e non è raro che auto giudicate esteticamente appaganti in una parte del mondo, possano fare suscitare reazioni opposte altrove. Ciò succede per diverse auto asiatiche, incluse quelle che arrivano dal Giappone, patria di auto apprezzatissime da noi europei, ma anche di modelli che assai difficilmente incontrano il gusto degli automobilisti del Vecchio Continente. In particolare, nel Paese del Sol Levante hanno un grande successo piccole monovolume dalle linee squadrate, che solo raramente raggiungono i nostri mercati.
Qualche esempio? La Nissan Cube e soprattutto la Daihatsu Materia, vettura versatile dalle dimensioni contenute (è lunga 3,8 metri) caratterizzata da un design squadrato e non certo votato alla massima efficienza aerodinamica. Realizzata anche in versione Subaru e Toyota (mai arrivate in Europa), questa monovolume su base Yaris non ha riscosso un particolare successo sul nostro mercato, e anzi è stata oggetto di forti critiche per il suo aspetto. Non a caso, dal 2013 Daihatsu ha cessato le importazioni nel Vecchio Continente, e nessun altro brand giapponese ha deciso di proporre ulteriori modelli simili in Europa.
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<h2>Fiat Duna</h2>

Le berline di taglia medio-piccola sono sempre state uno dei best seller di <a href="https://www.auto.it/marche/fiat">Fiat</a>. Ma ogni regola ha la sua eccezione, che in questo caso risponde al nome di Duna. Derivata dalle fortunate Fiat Premio ed Elba realizzate in Brasile sulla base della Uno, la Duna venne lanciata in Europa nel 1987, due anni dopo il debutto dei modelli sudamericani. Tuttavia, la versione europea dell'auto si rivelò presto davvero poco apprezzata dalla clientela, tanto da spingere la Casa torinese a far uscire di scena la Duna dopo appena 4 anni di commercializzazione, nel 1991.
Criticata per il suo aspetto anonimo e per le proporzioni sgraziate, la Duna è da decenni bersaglio di ironie. Come il calendario a lei dedicato all'inizio degli anni '90 dalla rivista satirica “Cuore”. Di contro, va detto che le versioni brasiliane della Duna continuarono la loro carriera fino al 2000 con un buon successo, e sono tuttora molto apprezzate.
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<h2>Fiat Multipla</h2>

Ci sono vetture che, pur fortemente criticate per il loro aspetto estetico, si sono rivelate dei discreti successi commerciali, grazie a caratteristiche di versatilità che vanno oltre il design esteriore. È il caso della <a href="https://www.auto.it/marche/fiat">Fiat</a> Multipla, monovolume lanciata dalla Casa torinese nel 1998 e dotata di una curiosa configurazione 3+3, che permetteva di ospitare 6 passeggeri nonostante la lunghezza contenuta in 4 metri. Spaziosa e versatile, venne realizzata in oltre 120mila esemplari.
A suscitare le critiche relative all'aspetto della Fiat Multipla era principalmente la parte frontale dell'auto, con i piccoli fari tondi e soprattutto il “doppio cofano” che faceva sembrare la parte superiore dell'auto “appoggiata” su quella inferiore. Caratteristica che venne eliminata con il restyling del 2004, con cui la Multipla venne fortemente normalizzata, rendendola un modello molto più convenzionale e simile alla più piccola Idea. Il design della prima Multipla è comunque divenuto iconico, tanto da far guadagnare all'auto un ingresso al MoMA di New York, che l'ha inserita nella mostra Different Roads del 1999.
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<h2>Ford Scorpio</h2>

Nel 1985 <a href="https://www.auto.it/marche/ford">Ford</a>, per sostituire la Granada, lanciò una nuova berlina denominata Scorpio, caratterizzata da linee tradizionali e senza particolari guizzi stilistici. Qualche anno dopo, nel '94, la Casa americana propose una seconda generazione, che abbandonava il design rassicurante del modello precedente. La grande berlina (era lunga oltre 4,80 metri) era ora caratterizzata da linee tondeggianti, piccoli fari anteriori, anch'essi di forme morbide, e gruppi ottici posteriori lunghi e sottili.
Soprannominata nei Paesi francofoni “grenouille triste”, ovvero “rana triste”, la seconda generazione di Scorpio si rivelò un flop. A decretarne l'insuccesso fu proprio lo stile, giudicato troppo distante da quello delle precedenti vetture del brand e dai gusti degli acquirenti delle berline Ford. Fu così che nel 1999 l'auto uscì di produzione senza eredi, visto che, dopo l'acquisizione di Jaguar da parte di Ford, la Casa americana decise di ritirarsi dal segmento delle grandi berline.
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<h2>Pontiac Aztek</h2>

Conosciuta poco o nulla in Europa, Pontiac è una delle Case automobilistiche di lusso più iconiche degli USA, con modelli entrati a far parte della storia dell'auto come la GTO e la Firebird. Una storia, quella di Pontiac, cominciata nel lontano 1926 e terminata ingloriosamente nel 2010, dopo un periodo di declino e di perdita di identità da parte del Marchio americano, finito a realizzare vetture tutt'altro che sportive e lontanissime dallo spirito originale del brand. Simbolo di questa parabola discendente di Pontiac fu la Aztek, grande Suv prodotto dal 2001 al 2005 e decisamente poco apprezzato dal pubblico nonostante le buone qualità di spazio che offriva (tanto che lo slogan al momento del lancio recitava “Quite possibly the most versatile vehicle on the planet”, ovvero “Probabilmente il veicolo più versatile del pianeta”).
Caratterizzata da linee eccessivamente pesanti e complesse, e da una parte posteriore sproporzionata, la Aztek ha fatto incetta di primati negativi negli USA: nel 2007, il “Time” la definì come una delle auto peggiori di sempre, mentre l'anno dopo, in una sondaggio del “The Daily Telegraph”, la sfortunata Pontiac risultò prima tra i 100 modelli di auto più brutti di tutti i tempi.
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<h2>Renault Avantime</h2>

Ci sono Case automobilistiche che, per scelta, puntano su concetti collaudati e design conservativi, per ridurre il rischio d'impresa legato al lancio di nuovi modelli, pur accettando come compromesso di non spiccare nel mercato. Poi c'è chi, a costo di rischiare il flop, decide di osare proponendo design innovativi e carrozzerie diverse da tutte le altre e fuori dal comune. È questo il caso della <a href="https://www.auto.it/marche/renault">Renault</a> dei primi anni 2000, autrice di modelli coraggiosi come la Mégane II, l'ammiraglia Vel Satis e la monovolume Avantime. Proprio quest'ultima si è guadagnata un posto tra i più grandi flop della storia di Renault.
Presentata nel 2001 e ritirata dal mercato già nel 2003 dopo appena 8mila esemplari venduti, la Avantime era, come suggerito dal nome, il tentativo della Casa francese di proporre un modello che anticipasse i tempi. Forse anche troppo, perché al di là delle scelte tecniche che ne limitarono le vendite (come l'adozione di motori a benzina 4 e 6 cilindri tutt'altro che economi) la Avantime non piacque per le sue peculiarità estetiche giudicate eccessivamente eccentriche e forzatamente futuristiche. Alcune delle sue soluzioni vennero comunque riprese su modelli della Casa francese di maggior successo.
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<h2>SsangYong Rodius</h2>

Presente sul mercato europeo ormai da diversi anni, la sudcoreana <a href="https://www.auto.it/marche/ssangyong">SsangYong</a> è stata capace di ritagliarsi una nicchia di mercato sempre più rilevante, grazie a modelli di qualità elevata e dal design assai personale, pur equilibrato. Caratteristiche, queste ultime, che non sono sempre state proprie delle vetture del brand, che anzi hanno ricevuto piogge di critiche legate al loro design. Una su tutte, la Rodius, immenso Suv (era lunga 5,12 m, con ben 3 metri di passo) datata 2004 e prodotta, con vari aggiornamenti, fino al 2013.
Il suo discusso stile era figlio dell'idea della Casa di catturare l'essenza degli yacht di lusso e di riproporla su un'automobile. Il risultato non fu però dei più felici: l'auto, anche a causa delle dimensioni assai generose, risultava goffa e massiccia, con una linea laterale dei finestrini che declinava al posteriore cercando di dissimulare la grande mole della coda. Anche la Rodius, come altre sue “colleghe” in questa nostra top 10, ha fatto incetta di premi “al contrario”, svettando in numerose classifiche europee dedicate alle auto più brutte di sempre.
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