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Esso, la rete torna italiana: 1.200 distributori acquistati da sei famiglie

Dopo anni di controllo straniero, la rete Esso in Italia torna tricolore: un consorzio di sei famiglie italiane rileva 1.200 punti vendita per 425 milioni di euro
Esso, la rete torna italiana: 1.200 distributori acquistati da sei famiglie
© Ponte Ineza

Luca TalottaLuca Talotta

25 ago 2025

La rete di distribuzione carburanti a marchio Esso torna finalmente in mani italiane. Un’operazione da 425 milioni di euro ha sancito la cessione da parte di EG Group, colosso britannico del retail energetico e alimentare, a un consorzio formato da sei famiglie italiane, attraverso cinque società leader nel settore: Pad Multienergy, Vega Carburanti, Toil, Dilella Invest e Giap. Un vero e proprio passaggio di testimone che interessa circa 1.200 impianti, sparsi da nord a sud della penisola.

Questa rete rappresenta il 6% dell’intero mercato nazionale dei distributori di carburante e si distingue non solo per la vendita di benzina e gasolio, ma anche per l’offerta di servizi accessori: ristoranti, minimarket, servizi su strada. Un comparto che vale circa 1,4 miliardi di litri di carburante erogati ogni anno.

Fine di un’epoca: dal controllo straniero al ritorno del tricolore

Dal 2018 la rete Esso in Italia era passata sotto la gestione di EG Italia, ramo locale del gruppo EG nato dall’acquisizione di Esso Italiana, un tempo parte del colosso americano ExxonMobil. In pochi anni, EG Italia ha raggiunto 2 miliardi di fatturato e 400 dipendenti, diventando uno dei principali player nel panorama italiano del rifornimento.

Ora però, con la firma dell’accordo vincolante avvenuta a Roma, si chiude il capitolo del controllo straniero e si apre una nuova fase: italiana, capillare, familiare. Le cinque società coinvolte sono nomi di rilievo del settore, realtà storiche che operano da decenni nella filiera dei carburanti.

Un segnale forte per la sovranità industriale

Non è solo un’operazione finanziaria: questo è un segnale forte, un messaggio chiaro a chi crede che l’Italia sia solo terra di conquista per gruppi stranieri. Dopo anni in cui si è assistito passivamente alla svendita dei marchi nazionali, finalmente un’inversione di tendenza. Il settore carburanti, vitale per la logistica e la mobilità del Paese, torna a essere guidato da imprese italiane.

Un’azione che va a difesa dell’interesse nazionale, e che potrebbe aprire la strada ad altre operazioni simili, in un contesto europeo in cui la concorrenza si fa sempre più agguerrita. Le famiglie italiane che hanno partecipato all’acquisizione lo hanno fatto con capitali propri, esperienza e radicamento nel territorio: un modello opposto rispetto ai fondi speculativi o ai grandi gruppi esteri interessati solo alla massimizzazione del profitto.

Una rete strategica anche per il futuro della mobilità

Questi 1.200 impianti non sono solo pompe di benzina: sono nodi cruciali della rete di mobilità, potenzialmente pronti a ospitare anche soluzioni per carburanti alternativi, ricariche elettriche, servizi per la smart mobility. È auspicabile che il nuovo corso punti a rafforzare la transizione energetica, pur partendo da una solida base di distribuzione tradizionale.

Il consorzio potrebbe quindi giocare un ruolo decisivo nello sviluppo del futuro energetico dell’Italia, favorendo l’evoluzione del settore senza abbandonare le esigenze degli automobilisti, spesso trascurati da scelte politiche miopi o imposte da Bruxelles senza una reale valutazione delle conseguenze locali.

Chi sono i protagonisti dell’acquisizione

Le cinque società acquirenti non sono comparse improvvise. Pad Multienergy, Vega Carburanti, Toil, Dilella Invest e Giap rappresentano sei famiglie italiane che, da anni, guidano con passione e competenza la distribuzione di carburanti nel nostro Paese. Realtà capaci di gestire impianti, logistica, rapporti con la clientela e con le istituzioni.

Dietro ai loro marchi ci sono storie imprenditoriali solide e radicate. Questa operazione, se ben gestita, può diventare un modello virtuoso di rilancio industriale tricolore, capace di coniugare business, sviluppo territoriale e servizio al cittadino.

Un accordo mediato da attori italiani

L’operazione è stata accompagnata e seguita da Mediobanca ed Equita Mid Cap Advisory, due realtà che confermano come anche nel mondo della finanza esistano competenze italiane capaci di gestire operazioni complesse, strategiche e ad alto impatto. Un ulteriore segnale di autonomia e solidità del sistema-Paese quando si punta su eccellenze interne.

Difendiamo il settore: basta cessioni all’estero

Questa acquisizione non è solo una buona notizia: è un campanello d’allarme per il futuro. Troppe volte l’Italia ha svenduto pezzi strategici della propria economia, cedendoli a multinazionali estere in nome di una globalizzazione spesso mal interpretata. Il settore energetico – come l’automotive, le telecomunicazioni, i trasporti – è troppo importante per lasciarlo in mani straniere.

Va sostenuto con decisioni politiche coerenti, incentivato con sgravi fiscali mirati e difeso da logiche predatorie. Perché un’Italia che controlla le proprie reti è un’Italia più forte, più sicura, più indipendente.

 

 


 

 

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