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Crisi Lear, piano italo-cinese per rilanciare lo stabilimento di Grugliasco

Il gruppo DTB Auto con partner italiani punta a investire 100 milioni per assemblare fino a 20mila quadricicli elettrici. Sindacati cauti, governo ottimista

Crisi Lear, piano italo-cinese per rilanciare lo stabilimento di Grugliasco
© La Valsusa

Luca TalottaLuca Talotta

11 set 2025

Dopo anni di incertezze e la perdita della commessa Maserati, lo storico stabilimento Lear di Grugliasco potrebbe imboccare una strada di rilancio. Al tavolo convocato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) è stato presentato un progetto ambizioso: la creazione di una newco, chiamata Fipa – Fabbrica italiana produzione automobili, che punta a reindustrializzare il sito avviando l’assemblaggio di quadricicli elettrici a marchio Desner.

Il piano porta la firma del gruppo italo-cinese DTB Auto, con il supporto del Gruppo Fassina e di Gan Tou, imprenditori che hanno già radici consolidate in Italia. L’obiettivo dichiarato è chiaro: investire fino a 100 milioni di euro e riassorbire 200-250 addetti sui 370 attualmente in organico, con avvio delle attività industriali a partire da gennaio 2026.

Produzione di quadricicli elettrici Desner

Il cuore della strategia riguarda la produzione di veicoli elettrici leggeri. Nello stabilimento di Grugliasco, secondo il piano industriale, si assembleranno fino a 20mila quadricicli elettrici l’anno, suddivisi tra modelli di categoria L6 e L7, già distribuiti in Italia con il marchio Desner.

In una fase iniziale, gran parte delle componenti sarà importata dalla Cina, ma la newco non esclude possibili collaborazioni con le imprese della filiera italiana. Si tratta di un passaggio cruciale: senza un vero coinvolgimento del tessuto produttivo nazionale, il rischio è di trasformare lo stabilimento in un semplice centro di montaggio, lasciando fuori l’indotto locale. È qui che sindacati e istituzioni chiedono garanzie concrete.

La posizione del governo e dei sindacati

Il ministro Adolfo Urso ha accolto con favore la proposta, definendola «un progetto che si inserisce pienamente nella nostra strategia di reindustrializzazione e di rafforzamento della filiera automotive, importante soprattutto in una fase di grande trasformazione del settore».

Di segno più prudente le reazioni sindacali. Fiom, Fim e Uilm hanno espresso soddisfazione per una prospettiva che «rappresenta una speranza per i lavoratori», ma hanno ricordato i nodi irrisolti: la distanza tra gli organici attuali (370 persone) e il fabbisogno dichiarato da Fipa (200-250 addetti), la necessità di verificare la solidità finanziaria del gruppo investitore e le condizioni di passaggio contrattuale, salariali e normative.

«Siamo pronti a un confronto serrato – sottolineano i sindacati – ma riteniamo necessario procedere con prudenza, perché tutte le reindustrializzazioni portano rischi e incertezze». Non è escluso che, parallelamente al rilancio, venga avviata anche una procedura di uscite volontarie incentivate.

Una partita decisiva per la filiera automotive piemontese

Il caso Lear è emblematico di una crisi che non riguarda solo un singolo stabilimento, ma l’intero comparto automotive piemontese. La fine della produzione di sedili per Maserati ha lasciato centinaia di lavoratori senza prospettive e il territorio impoverito di competenze industriali.

Il nuovo piano industriale potrebbe rappresentare un punto di svolta, ma sarà decisivo verificare la capacità di Fipa di trasformare promesse in realtà. Gli incontri con i sindacati e le istituzioni locali inizieranno già dalla prossima settimana, mentre un nuovo vertice al Mimit è fissato per il 9 ottobre 2025.

Nel frattempo, la Regione Piemonte ha attivato percorsi di formazione e riqualificazione professionale per ricollocare i lavoratori in settori affini, come l’aerospazio, ma la priorità resta salvare il maggior numero possibile di posti di lavoro in ambito automotive.

La vicenda Lear dimostra ancora una volta come sia necessario difendere con forza il settore automobilistico italiano, troppo spesso trascurato da politiche miopi. L’auto non è solo industria: è occupazione, innovazione e identità nazionale.

 

 

 

 

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