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Il programma prevede un'operazione di conversione in fabbrica, una modifica reversibile. Il motore elettrico anteriore ha 88 cavalli e l'autonomia è di 160 km
Fabiano Polimeni
25 gen 2022
Si distingue da operazioni simili, oramai diffuse in gran numero, perché è una conversione effettuata in fabbrica. A Oxford è al lavoro una squadra di specialisti dedicata, con l'incarico di seguire i progetti Mini Recharged. L'idea è semplice: porti la tua Mini d'epoca, con le varie declinazioni di motore benzina, loro estraggono il vecchio cuore, lo conservano per un'eventuale, futura, conversione ulteriore e installano un motore elettrico.
Così, la Mini classica diventa elettrica. Tutto nasce nel 2018, da un concept presentato al Salone di New York, Mini elettrica ante litteram, prima ancora che fosse la moderna Cooper SE a debuttare sulla scena.
Ora che quella Mini elettrica è al passo di una seconda generazione, diversissima nel design, più compatta nelle dimensioni e, sicuramente, meno legata all'iconico passato, torna in auge la storia degli anni Sessanta e seguenti.
Sotto al cofano anteriore finisce un motore elettrico da 88 cavalli di potenza continua, alimentato da una batteria che, sebbene non sia stata dettagliata nella potenza massima, è in grado di assicurare 160 di autonomia e una ricarica da postazioni a corrente alternata a 6,6 kW.
Le prestazioni sono vivaci, questo dice il dato dei 9 secondi necessari per accelerare da 0 a 100 km/h.
Oltre alla conservazione di tutti gli organi meccanici legati alla parte termica, il programma Mini Recharged installa una strumentazione ad hoc per monitorare il sistema elettrico, in aggiunta a un numero di serie specifico. Il programma è curato esclusivamente presso gli spazi approntati a Oxford.
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