Giorgetto Giugiaro: la sua storia

Giorgetto Giugiaro: la sua storia

Dalla sua matita e la sua visione, sono nate alcune delle auto più iconiche della storia: orgoglio italiano e non solo, ripercorriamo le tappe più significative della carriera del "Designer del secolo"

di Redazione

15.04.2020 ( Aggiornata il 15.04.2020 11:57 )

Per capire tutto, basterebbe sapere ciò che di lui ha recentemente detto Volkswagen, uno dei Marchi che più di altri ha legato con la sua carriera: "Pochi hanno avuto un'influenza così grande sull'automobile come Giorgetto Giugiaro". Non basta? Aggiungiamo che nel 1999 una giuria di esperti lo ha votato "Designer del secolo". Sì, perché andando indietro nel tempo, si scopre che molte delle auto più iconiche della storia portano la sua firma, la sua visione personale di come l'arte e lo stile debbano essere in funzione della mobilità e della fruibilità della gente. Oggi, con il figlio Fabrizio porta avanti, con strumenti moderni, le stesse idee di successo nate tanti anni fa, che hanno reso grande, grandissima la figura di Giorgetto Giugiaro, modellatore di auto e di sogni.

Giorgetto Giugiaro, le auto più importanti FOTO

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Dieci tra le vetture più iconiche nate dalla matita e dal genio visionario del "Designer del secolo", tra modelli di serie, granturismo e berline di lusso ma anche automobili da sogno rimaste solo dei concept

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L'INFANZIA, L'ARTE E BERTONE

Giorgetto nasce e cresce in un paesino di 3mila anime circa, in Piemonte. La predisposizione per l'arte feconda in fretta, ma, come dice Gabriel García Márquez, "l'ispirazione non si improvvisa". Il padre Mario e il nonno Luigi infatti sono pittori e decoratori, e Giorgetto cresce tra scuola, Pablo Picasso, corsi di disegno tecnico e Lucio Fontana. Studia mille artisti, e da tutti trattiene qualcosa.

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I vicoli di Garessio gli stanno stretti. Si parte, si va in città. A 17 anni è già in Fiat, scovato da Dante Giacosa, come apprendista designer. Manda qualche bozzetto a un suo amico impiegato alla Bertone, non si sa mai possano interessarsi. E alla carrozzeria torinese s'interessano eccome, tanto che Nuccio Bertone lo nomina addirittura responsabile del Centro Stile. Siamo nel 1959, Giorgetto ha solo 19 anni.

Alla Bertone si svezza il Giugiaro che tutti impareranno a conoscere. La sua effervescenza creativa lo porta a disegnare granturismo e auto di lusso iconiche, come Alfa Romeo Giulia GT, la 1200 Coupé del Biscione, la BMW 3200 CS, ma senza mai abbandonare l'idea di funzionalità e di rispetto delle normative dell'epoca. Le sue linee sono sinuose e ammalianti, l'esempio più lampante, in quegli anni, è la Chevrolet Testudo, concept car (una delle tante fatte in carriera) che reinterpreta in chiave italiana gli stilemi sportivi della Casa statunitense. Nel 1963 a Ginevra la sua classe incanta tutti: Giugiaro è già una stella.

GHIA E ITALDESIGN

Terminata l'esperienza in Bertone, Giorgetto si sposta, rimanendo però sempre a Torino. Alla Ghia è autore dei disegni di tre auto che all'epoca rivoluzionano i concetti di stile fino a quel momento pensati e applicati alle macchine di lusso. Una è la De Tomaso Mangusta, una delle stelle più brillanti della travagliata storia della Casa modenese. Le altre sono praticamente le rivali di mercato di Mangusta: la prima è Iso Rivolta Fidia, la berlina più esclusiva della defunta Casa di Milano. La seconda è invece una coupé che tra gli anni '60 e '70 riuscirà a vendere più unità della Ferrari 365 Daytona e della Lamborghini Miura: Maserati Ghibli, la cui storia di successo continua ancora oggi. Già che c'è, trova il tempo di diventare uno dei primi designer occidentali a collaborare con un Marchio giapponese, nello specifico Isuzu.

Nel 1968 la grande svolta della sua carriera. Insieme al tecnico e amico Aldo Mantovani, fonda la Italdesign. La società offre servizi, ovviamente, di creatività stilistica, ma anche ingegneria e avviamento alla produzione. Giugiaro stringe collaborazioni con innumerevoli brand, e dagli anni Settanta in poi è protagonista della creazione di auto che non hanno bisogno di spiegazioni tecniche, basta solo il nome per rievocarne l'importanza all'interno non solo del settore automobilistico, ma del tessuto sociale italiano dell'epoca: Fiat Panda, Punto, Lancia Delta e Thema, Maserati Coupé.

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Ma il rapporto più duraturo e longevo viene stretto con Volkswagen. Con il Gruppo tedesco nasce una partnership ricca di soddisfazione e successo. Un esempio? No, L'esempio, con la L maiuscola, è Golf, che se non è l'utilitaria più famosa della storia, poco ci manca. Il design è infatti opera di Giugiaro, a cui viene chiesto all'epoca di abbozzare una vettura compatta, in linea con le tendenze di quegli anni, con uno stile che deve e dovrà essere riconosciuto anche e soprattutto negli anni a venire. Giugiaro verga i suoi disegni sul foglio, ridefinendo i parametri con cui da lì in avanti verranno disegnate le automobili. E il fatto che Volkswagen Golf sia arrivata all'ottava generazione ne è la prova.

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DALL'ADDIO A ITALDESIGN A GFG STYLE

Italdesign entrerà anche a far parte del Grupppo Volkswagen, nel 2010, ma Giugiaro se ne distaccherà cinque anni dopo, anche e soprattutto per via dello scandalo Dieselgate che coinvolge il Marchio di Wolfsburg.

Ma Giorgetto, che dalle viuzze di un piccolo centro della provincia di Cuneo è arrivato a stringere accordi con uno dei due Gruppi automobilistici più grandi al mondo, non può stare fermo. Nel 2015 infatti fonda con il figlio Fabrizio - non proprio un neofita, in quanto negli anni addietro andava, da solo, per conto di papà fino in Germania a trattare accordi con brand come BMW - GFG Style, che oggi prova a ridefinire i concetti della mobilità contemporanea attraverso design che, come spesso è accaduto, lasciano a bocca aperta.

GFG Style Bandini Dora Barchetta FOTO

GFG Style Bandini Dora Barchetta FOTO

Fabrizio e Giorgetto Giugiaro presentano a Moncalieri la Bandini Dora Barchetta, sportiva a due posti con motore elettrico dedicata al marchio forlivese di Ilario Bandini

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Il "Designer del secolo" è ancora all'opera. E il mondo degli appassionati e degli addetti ai lavori non può che esserne felice.

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