VW Polo 1.4 TDI, fino a 29 km/litro!

Prestazioni

Vibrano, sono rauchi, acusticamente sempre un po’ zoppi. Hai voglia a metterci (come ha fatto correttamente Volkswagen) un albero di equilibratura e un volano bimassa: i loro difetti ce li hanno, i tre cilindri. Specie quando sono diesel, che è già un motore comunque più scorbutico di suo.

Eppure, piaccia o no, sono il presente — e il futuro prossimo — della motorizzazione sotto i due litri. Perché hanno pochi ma enormi vantaggi: sono molto elastici e permettono economie di carburante quasi imbarazzanti. Prendete il nostro 1.4 TDI da 90 cv della Polo: abbiamo rilevato 22,622 km/litro di media. Con un mostruoso 29,018 ai 90 all’ora regolarizzati, 23,781 in extraurbano, 19,371 in città e addirittura 8,918 a tavoletta, che qui significa pestare a 177,7 all’ora (certo, molti di meno dei 184 che avrebbe dovuto fare, questo va detto).

La precedente Polo, quella del 2009 di cui la serie attuale è un restyling, faceva (con il 1.6 TDI 4 cilindri 75 cv) 20,260 km/litro di media. Il recupero è di oltre l’11%: buono, ma non enorme. Però con 15 cv supplementari la Polo 2014 è anche più veloce e brillante. La Audi A1 TDI 1.6 da 90 cv si era fermata a 17,870 km/litro, la Peugeot 208 1.6 eHdi da 92 cv a 19,668. Nemmeno un’ibrida estremamente parca come la Toyota Yaris (1.5 litri, 100 cv) le sta dietro: 20,379 km/litro di media. Poi certo, per sua natura in città la Hybrid fa meglio (23,238 km/litro) salvo poi crollare in autostrada (13,937). Insomma: se avete in mente di frequentare poco il benzinaio, questa Polo fa per voi.

Mettete giusto in conto che il motore farà sentire la sua voce (e qualche scossa) quando lo spingerete ai regimi più alti che, peraltro, non gradisce più di tanto. Da buon turbodiesel spinge infatti bello pieno già da 1400 giri e allunga sino a 3500, che corrispondono al regime di potenza massima, oltrepassato il quale si “spegne”. Gira bene, insomma, ma smorza le aspettative dinamiche in favore di un’erogazione piatta e regolare.

In effetti la resa prestazionale si assesta a un livello non più che discreto, come dimostrano gli 11”79 necessari per passare da 0 a 100 (10”9 nella scheda ufficiale VW) o i 14”37 per rilanciare da 80 a 120 all’ora: anche se difficilmente il cliente-tipo di una Polo diesel starà lì a contare i secondi, le rivali più dirette qualcosina di meglio lo fanno. Il cambio, con la classica manovrabilità un po’ contrastata dei manuali Volkswagen, è un comando piacevole più nell’uso da tutti i giorni che quando ci si dà dentro.

La guida si conferma docile e rilassata: si fanno notare soprattutto l’estrema stabilità e prevedibilità di comportamento ma tra le curve resta spazio per un gradevole dinamismo. Precisa, brillante ed equilibrata, la Polo conferma anche in questa edizione riveduta e corretta (nel motore, più che nel resto della meccanica) elevati limiti di tenuta laterale: si appoggia bene sull’avantreno e digerisce con facilità i cambi di direzione. E tutto questo pur avendo un assetto tendenzialmente morbido e turistico, che lascia spazio a un certo rollio, comunque progressivo e con una estensione molto guidata. Altrettanto prevedibili i movimenti del retrotreno quando si gioca di tiro e rilascio prima ancora che intervenga il controllo di stabilità, richiamato solo nelle situazioni veramente critiche.

Note positive anche dai freni che, grazie al maggiore dimensionamento dei dischi, permettono decelerazioni più efficaci (e in spazi più contenuti) rispetto a quelle che a suo tempo avevamo misurato sul diesel 1.6 da 90 cv. Bene, con qualche riserva di natura meccanica, il confort: l’assorbimento delle sospensioni è efficace, rumori parassiti non se ne avvertono, l’aerodinamica è curata. Certo, qualche vibrazione arriva. E, almeno su questo, il vecchio quattro cilindri era certamente preferibile.