Subaru WRX STI, sale sulla coda, la prova

Subaru WRX STI, sale sulla coda, la prova
Tornata definitivamente ai tre volumi, la Subaru si evolve nella linea ma anche in tecnica e finiture

di Maurizio Voltini

26.09.2014 ( Aggiornata il 26.09.2014 07:54 )

Prestazioni

Da quando non è più impegnata nel mondiale rally, per mettere in mostra il proprio modello più sportivo la Subaru si è rivolta maggiormente alla pista. Ma non a certi tracciati asettici moderni, però: è noto il suo impegno alla 24 Ore del Nürburgring, per esempio, e proprio con quest’ultima versione ha migliorato la propria prestazione cronometrica fatta segnare all’Isola di Man.

Parliamo dell’infido percorso stradale dove si corre il tristemente famoso Tourist Trophy con le moto: su questo circuito di 59,5 km che si snoda fra le case dell’isola britannica, il rallysta Mark Higgins ha ottenuto il tempo di 19’15” migliorando il suo precedente 19’57” del 2011. Va detto che questa prestazione è stata ottenuta con una WRX STI leggermente preparata, sia nelle dotazioni di sicurezza (roll-bar, estintore...) sia nell’assetto e nel boost. Nondimeno tutto ciò non ha fatto altro che aumentare la nostra curiosità nella presa di contatto con la nuova generazione della supersportiva by Subaru.

Già il primo approccio è favorevole: oltre alla linea esterna più aggressiva ma anche moderna e aggraziata, è soprattutto l’abitacolo a impressionare in positivo. Infatti il design della plancia è migliorato considerevolmente e anche se i materiali utilizzati non sono certo pregiati, il loro aspetto non denota “pochezza”, anzi. A ciò si sommano le modanature al carbonio e i rivestimenti in pelle dei sedili, sempre ottimi anche se ora di aspetto meno “racing”. Abbiamo anche la regolazione elettrica dei sedili, un elemento a favore della posizione di guida ma (al pari di altre dotazioni e scelte, come il tettuccio elettrico) non della massa della vettura, un parametro che si farà sentire. Infatti nonostante certi miglioramenti a livello di scocca e altro, ci ritroviamo con un’ottantina di chilogrammi in più, nel complesso.

All’atto pratico, nella guida su strada questo non si avverte tantissimo, vuoi perché dichiaratamente l’erogazione è stata resa meno scorbutica - anche se l’entrata in pressione del turbo resta sempre piuttosto decisa - vuoi perché le prestazioni possibili sono decisamente al di là del Codice e non facili da raggiungere appieno anche se improvvisamente ci scordassimo del valore affettivo della nostra patente. Discorso ben diverso su un tracciato chiuso come il nostro percorso di prova, dove miglioramenti dal punto di vista stradale e di utilizzo non si concretizzano  con un tempo all’altezza della versione precedente, con peggioramento di 5 secondi.

Fatto sta che le prestazioni pure rilevate sono certamente buone, ma non rivaleggiano con quelle fatte segnare dal modello testato nel 2011. L’ala posteriore leggermente più prominente non basta a giustificare la velocità massima “limitata” a 233,1 km/h contro i precedenti 245,9. Il peso in più invece spiega benissimo lo zero-cento in 5”45 (contro 5”15) o i mille metri da fermo in 25”28 (contro 25”07). Che, beninteso, restano delle belle prestazioni.

Fra l’altro l’erogazione è tale da non rendere indispensabile sfiorare il limitatore, anzi si può cambiare già a 5000 giri senza sacrificare granché nell’accelerazione. Per la capacità d’arresto, il miglioramento nei freni si fa sentire soprattutto alle velocità superiori: per cui se a 100 orari ci fermiamo in 34,3 metri anziché i precedenti 34,0, però a 160 ne servono solo 88,7 anziché 92,2. Il tutto con buona stabilità e ABS “calibrato”.

Migliorano pure i consumi, facendo riscontrare una media di 10,8 km/litro contro i precedenti 9,9 e nonostante in città non aiuti il peso maggiore: infatti si risparmia di più a velocità costante, con tutto che non possiamo certo parlare di una vettura sobria. Infine, rileviamo un leggero aumento della rumorosità, che imputeremmo principalmente alla peraltro piacevole sonorità di scarico.

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