18.01.2016 ( Aggiornata il 18.01.2016 00:00 )
Il contenimento delle emissioni e la stretta fiscale di alcuni paesi hanno favorito la diffusione di motori relativamente piccoli anche sulle vetture più grandi, questo è un amaro dato di fatto. Per carità, con potenze vicine ai duecento cavalli e valori di coppia molto elevati (il 4 cilindri 2.0 Jaguar Ingenium vanta 180 cv e 430 Nm), alla fine non c’è da lamentarsi. Semmai il problema nasce la volta in cui ti capita di provare un propulsore come il 3.0 V6 con turbina a doppio stadio come quello della XF diesel top di gamma. È in quel momento che diventa difficile tornare indietro e operare un “downsize”.
Perché questo V6, al di là dei pur strepitosi numeri (300 cv e 700 Nm), è uno dei migliori plurifrazionati di questa categoria. Silenzioso, rotondo e vellutato come pochi altri, vanta una curva di coppia che è una meraviglia. Il piede destro ha a disposizione tante di quelle risorse che a volte risulta difficile contenersi e addirittura, in modalità Dynamic dove la risposta al pedale diventa più tagliente, l’erogazione appare quasi troppo brusca.
La soddisfazione è comunque quella di avere la consapevolezza che, in qualsiasi situazione di guida, ci sono potenza e coppia a sufficienza per non dover chiedere di più: in un sorpasso, lungo una salita di montagna, se ti vien voglia di guidare sportivo. Ma al tempo stesso c’è quella fluidità, tipica del sei cilindri, per muoversi con un filo di gas in souplesse in città o in autostrada.
A fare buona compagnia al V6 c’è il solito, eccellente cambio automatico a 8 rapporti della ZF. Che sebbene l’abbiamo trovato un po’ brusco (almeno circoscritto all’esemplare in prova), nel passaggio dalla retro al Drive, continua ad essere uno dei migliori cambi con convertitore di coppia sulla piazza. Sia per logica di funzionamento, perché capace di adattarsi alla perfezione ad ogni stile di guida, sia per la gradevolezza che mette in mostra nei passaggi marcia e nell’oculato utilizzo del convertitore, che slitta poco e rende diretta la trasmissione.
MOTORE a parte, anche tutto il resto della XF convince. La serie precedente, per inciso, rappresentava già un bel passo avanti rispetto alla non propriamente eccelsa S-Type dell’epoca. Ma quest’ultima edizione sposta ancora più in alto l’asticella. L’aspetto positivo è che a fronte di una dose di confort molto elevata, che arriva da uno smorzamento davvero efficace delle sospensioni, la XF appare più affilata, precisa e piacevole fra le curve. Ha un avantreno più pronto e preciso, offre una sensazione di maggiore agilità e leggerezza, appare più stabile sul veloce. In due parole, offre la comodità che ci si aspetta da una Jaguar, ma in mezzo alle curve non è mortificante come quelle di decenni fa. Anzi, è senza dubbio una delle più riuscite del segmento in termini di dinamica di guida.
CONCORRE a ciò, in primo luogo, lo sterzo. Si tratta del nuovo comando elettrico, sviluppato per la prima volta sulla F-Type, ed è molto prodigo di informazioni per le mani, garantendo sempre un feeling ottimale e una precisa sensazione di ciò che fanno le ruote anteriori. Che da parte loro sono attaccate a sofisticati doppi bracci oscillanti, uno schema che per caratteristiche proprie aumenta la precisione di guida. Assieme allo schema Integral Link posteriore, l’assetto della XF è in grado di offrire elevati limiti di tenuta laterale, ma al tempo stesso un buon smorzamento nella marcia rettilinea. Il confort, dunque, non ne risente e a ciò va aggiunta una ottima insonorizzazione anche alle andature più elevate.
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Jaguar XF 3.0 D, al top su strada: la prova
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