La Grande Panda non potrà più essere “il pandino”, ma la prima sensazione di un pandista affezionato e nostalgico è buona davvero!
14.02.2025 16:55
Ci sono auto belle e auto brutte. Poi c’è la Panda. E allora tocca mettersi nei panni di chi si è preso la bega di riprogettarla, adesso, usando quel nome lì, riprendendo le forme e le soluzioni estetiche della prima serie di Giorgetto Giugiaro, aggiungendo la parola Grande davanti al nome e… che dio ce la mandi buona. Ma torniamo là, quando Giugiaro e Mantovani tirarono via dalle automobili quello che era delle macchine, inseguendo in tecnica e stile un’assurda sfida di peso e costo. Squadrata, essenziale, brutale, leggerissima, vetri piatti da due lire, sedili ispirati alle sedie a sdraio, il portaoggetti a marsupio, ruotine con i cerchi in ferro e, come motore base, ecco un bicilindrico che più banale, robusto e funzionale non si poteva. Una cosa progettata con il righello, l’intelligenza e l’ironia, perché la Panda voleva sedurre, ma soprattutto servire. Certo, ci voleva che in Fiat qualcuno dicesse sì. In Fiat dissero di sì e la Panda riuscì sia a servire che a sedurre.
Questa versione in rosso rappresneta l'impegno di FIAT per la salute globale in partnership con l'organizzazione che da quasi 20 anni combatte l'AIDS e le ingiustizie che permettono alle pandemie di prosperare. Nella versione elettrica, la Grande Panda ha un prezzo di listino a partire da 24.900 euro
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Così anche in casa nostra ne arrivò subito una: modello 30, rossa, col bicilindrico ad aria che soffiava come un asino da palio, ribattezzata da mio padre “Panda 34” perché secondo lui andava più forte del normale. Fu la mia macchina di tutto e per tutto. Viaggi amorosi (molti), vacanza della maturità con gli amici (una sola per fortuna), la tenda e il canotto sul tetto; l’ auto per lavorare, il fuoristrada per i picnic più stupidi e vietati del secolo (scorso) e una trazione (anteriore) sulla neve, senza chiodi e senza catene, da far vergognare le Range Rover, quelle dei papà dei miei amichetti ricchi a Courmayeur, che avevano quattro ruote motrici e costavano cinque volte di più. È l’unica auto alla quale, in anni di servizio, io non ho mai fatto danni, ma penso sia solo una botta di culo statistica. Sulla versione 4X4 della scatolina vanto l’irrispettoso orgoglio di averla volutamente torturata, stra-caricata, sbattuta, rovesciata, sepolta sotto il marmo e persino annegata nel Tagliamento in una puntata dell’edizione di TopGear Italia del 2016. Ma era a fin di bene.
Nuova Fiat Grande Panda: gli interni
Dettagli vivaci che arricchiscono l’area dell'infotainment, il tunnel centrale, il cruscotto, le bocchette di ventilazione e le cuciture dei sedili sono arricchiti da dettagli gialli, portando allegria sia al conducente che ai passeggeri. Non manca inoltre una speciale tonalità chiamata Blu Tasmania, che si abbina perfettamente agli altri tocchi di colore. Ecco tutti i dettagli
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Per concludere il servizio sulla mitologica resistenza della Panda (copiato con fierezza italiana da quello inglese ed epico sulla Toyota Hilux), fu portata in volo appesa ad un elicottero e sganciata, tipo bomba, da cento metri di altezza veri sulla verticale di un prato davanti ai miei occhi. Toccò a me provare a rimetterla in moto dopo il botto. E la Panda, tossendo, partì senza alcuna finzione televisiva. Un trionfo. L’onestà della Panda rimase integra nelle due generazioni successive. Più carina, sempre Panda. Ma troppo carina per i miei gusti. Così più carina da vincere l’Auto dell’Anno nel 2004. Ma sempre troppo carina per me che l’avevo amata diversa e l’avevo apprezzata come un buon pane e salame al bar del paese. Il pandino, lo chiamavamo così, personalmente è stato solo quello della prima generazione, anche se il mercato ha premiato di più quelle successive. Non è che voglia fare il vecchio a tutti i costi; è che gli oggetti mi entrano nel cuore e si prendono uno spazio facendolo senza regole. Ora ci siamo, un’altra volta. Chiamandosi Grande Panda ed essendo di fatto bella grande, non potrà più essere “il pandino”, ma la prima sensazione di un pandista affezionato e nostalgico è buona davvero! La reinterpretazione visiva funziona benissimo e non era banale trattandosi di riscrivere un oggetto dalla personalità così forte. Mi piace rossa come la mia, anche se la chiamano RED. Mi piace con i cerchi in ferro bianchi e basta. Me la vedo in un paesino di montagna a servire e persino a Porto Cervo - elettrica - a sedurre. Personalmente elettrica la Panda no, proprio non riesco a digerirla, ma è un fatto mio. Mi pare che abbia il prezzo, che è fondamentale. Non la sgancerei da un elicottero sperando di farla ripartire, quello no, perché certe cose vanno bene una volta sola nella vita.
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