Lexus LFA: La macchina del tempo

Lexus LFA: La macchina del tempo

di Redazione

24.08.2011 ( Aggiornata il 24.08.2011 11:22 )

Design

Abbiamo deciso di fare questa lunga premessa per comprendere meglio quel che si cela dietro al progetto LFA. Una vettura di cui si parla ormai da molto tempo (tre concept dal 2005 fino alla versione definitiva del 2009, più un prototipo roadster) ma la cui produzione in serie è partita soltanto lo scorso dicembre, con un ritmo di appena 20 esemplari al mese assemblati artiginalmente dall’LFA Works, una task force con base nell’impianto di Motomachi a Toyota City, nella prefettura di Aichi vicino a Nagoya. In tutto di LFA ne faranno soltanto 500 da qui al 2012, di cui 50 in allestimento Nürburgring (10 cv in più, ala fissa, -10 mm d’assetto), e la consegna del primo esemplare al mondo è avvenuta lo scorso maggio in Gran Bretagna. In Italia, al momento, ne è stata venduta una.
Potete dunque immaginare che le probabilità di vedere passeggiare per strada una LFA sono più o meno pari a quelle di fare sei al SuperEnalotto. In parte è da ricercare dunque in questa estrema esclusività la motivazione di un prezzo decisamente fuori dagli schemi: trecentosettantacinquemila euro, leggasi 375.000 pesantissimi euro. Vabbé l’esclusività e la scocca in carbonio. Ma con tale cifra, tanto per avere un ordine d’idee, vi portate a casa una McLaren MP4-12C in carbonio e vi avanzano 175mila euro da lasciare in acconto alla Lamborghini per una Aventador, anch’essa in carbonio, che costa 70mila euro meno della Lexus!
C’è però da dire che una vettura come la LFA è senza dubbio la preda ideale dei collezionisti, gente che non dovrebbe aver problemi a gestire tali cifre. E che dunque è disposta a pagare una cifra tremendamente elevata per entrare in possesso di un oggetto unico, che cattura gli sguardi, proprio per la sua rarità, ben più di una qualsiasi altra supercar nostrana. Il fascino della LFA — estetica a parte, a nostro avviso meravigliosa — risiede anche nel fatto che è una vettura anacronistica, una sorta di macchina del tempo che ha vissuto, nel bene e nel male, gli ultimi dieci anni di storia della Toyota. Proprio per via della sua lunghissima gestazione, la LFA sfoggia soluzioni fuori dall’attuale contesto temporale: monta un dieci cilindri a V di 72° aspirato capace di urlare a 9000 giri, quando tutti gli altri stanno orientandosi su cilindrate e frazionamenti ridotti, iniezione diretta e turbocompressori per essere eco-compatibili.
Questo per via del fatto che quando la LFA fu pensata, stava iniziando l’avventura di Toyota in Formula 1 negli anni in cui i motori erano dei V10. E la LFA, nelle intenzioni di Toyota, doveva essere la vetrina tecnologia del costruttore. Il rovescio della medaglia di questo anacronismo, purtroppo, lo si ritrova però in alcune soluzioni, come ad esempio il cambio: è un robotizzato a sei marce che per velocità e logica di funzionamento poteva essere accettabile cinque anni fa, ma oggi risulta decisamente fuori luogo.
Ragionando sulla Lexus LFA ti passano così per la mente pensieri contrastanti. Le riflessioni sulle sue incongruenze e su un parto così travagliato vanno a scontrarsi con i brividi che si provano udendo il sound divino del V10, assaporando la bontà dell’handling quando la guidi e ammirando l’attenzione quasi feticistica ad ogni più piccolo dettaglio tecnico o stilistico. Pensi a quanto è maledettamente elevato il prezzo, ma poi ragioni che dietro a tutto questo ci sono più di dieci anni di vicissitudini e traversie, durante i quali è emersa tutta la perseveranza ai limiti della cocciutaggine dei giapponesi. Che pur di fronte alla negativa avventura in F.1 (139 GP disputati e nessuna vittoria, miliardi al vento), al telaio in alluminio buttato nella spazzatura per ripartire dal carbonio, senza contare la recessione globale e i soldi spesi da Toyota nei numerosi richiami al livello mondiale, ebbene nonostante tutto questo sono andati avanti e ora la LFA è qui. Soltanto per pochissimi eletti, ma è qui.

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