Peugeot RCZ R, grinta e personalità da vendere, prova su strada

Peugeot RCZ R, grinta e personalità da vendere, prova su strada
In strada come in pista mostra doti eccellenti per un motore di cilindrata così ridotta

di Saverio Villa

27.05.2014 ( Aggiornata il 27.05.2014 09:41 )

Prestazioni

Che una coupè vada forte e sia più o meno divertente, ce lo si può ragionevolmente aspettare. Che abbia un bagagliaio grande e accessibile e anche una visibilità posteriore a 16:9 come nel caso della RCZ, invece no.

Certo son cose che non hanno niente a che vedere col tempo sul giro, né con la bella guida, ma non vanno sottovalutate, perché le “toy car” ormai sono anacronistiche e avere per le mani una sportiva che sia eccitante in montagna ed efficace in pista, ma non faccia venire l’esaurimento nervoso in città è un bel vantaggio.

Detto questo, già l’approccio statico alla RCZ R è fonte di soddisfazione, perché i sedili anteriori ridisegnati da Peugeot Sport contengono, supportano e rassicurano, mentre il volante a tre razze ben dimensionato, la leva del cambio corta e la pedaliera in alluminio sono complementi d’arredo che hanno un ruolo ben preciso nel creare l’intimità uomomacchina. Il posto guida non è quello della nuova scuola Peugeot, con la strumentazione da consultare sopra il volante, ma ci si può ritagliare ugualmente una posizione invitante: bassa, con le braccia alte e opportunamente raccolte e le gambe puntellate su entrambi i lati.

Della visibilità posteriore abbiamo già detto. Quella anteriore è comunque buona e permette di prendere tutti i riferimenti del caso. Si respira addirittura un’atmosfera sommessamente racing che rende disturbante perfino il display del navigatore che spunta dalla plancia. Ma basta premere un pulsante e “lui” si ritrae, liberando l’orizzonte. C’è la chiave per l’avviamento e non il più suggestivo pulsante “start”, ma anche la cara vecchia leva del freno a mano invece dell’ormai imperante e spesso anarchico pulsante: meglio così del contrario.

La riaccordatura del sistema di scarico rende la voce della R più stuzzicante, anche se non melodiosa come quella del boxer di una Cayman, però che sia un motore “trattato” con competenza è evidente per chiunque stia dentro o fuori. Questo quattro cilindri, comunque, ha un carattere tutto da godere. La coppia massima è disponibile poco prima dei 2 mila giri, cioè una soglia sufficientemente bassa per cavarsela senza angosce nel traffico e sulle strade aggrovigliate, ma non così anticicome nel caso degli altri “benzina” della RCZ.

In principio si ravvisa anche una sfumatura di turbo lag, poi, dai 2 mila ai 5 mila, la “botta” è davvero notevole e, specie sul bagnato, è bene tenere saldamente il volante con entrambe le mani anche sul dritto, perché col differenziale Torsen autobloccante (al 37%) che mette giù tutti i cavalli, si ha quel tanto di effetto rodeo che, anche con l’elettronica in azione, regala la preziosa consapevolezza di essere protagonista del proprio destino più di quanto capiti su altre auto di prestazioni similari.

Comunque non è finita, perché fino ai 6500 ce n’è ancora (il limitatore entra a 6800) e con un arco utile di giri così ampio, sul misto si possono tenere ritmi fantastici senza affannarsi sul cambio. Che è perfetto nella scelta dei sei rapporti e quasi altrettanto ineccepibile per precisione e rapidità, oltre che pronto ad accettare masochisticamente qualsiasi maltrattamento.

Considerato tutto, è inevitabile pensare a quanto ne avrebbero guadagnato la nuova Mini Cooper S e anche l’imminente versione JCW (per la quale si ipotizzano circa 220 cv) se la BMW gli avesse infilato nel cofano il motore della R anziché abiurare la famiglia dei quattro cilindri condivisi con Peugeot per passare alla nuova e profittevole generazione di propulsori modulari. L’assetto è stato rivisto e irrigidito. In termini di assorbimento ha inevitabilmente perso qualcosa, anche se l’ottima fattura dei sedili sopperisce egregiamente, ma questa RCZ è ancora più incollata alla strada rispetto alle già notevoli versioni standard. In ogni caso, nonostante molle e ammortizzatori siano diventati più tenaci, la Peugeot non saltella troppo sullo sconnesso e conserva sempre un ottimo grip.

Con le nuove regolazioni non solo l’inserimento in curva del muso è velocizzato, ma anche il retrotreno diventa più comunicativo e se ne può sfruttare meglio la dinamica in percorrenza di curva, gestendo lo scivolamento sulle quattro ruote oppure stimolandolo con trasferimenti di carico forzati per chiudere la traiettoria. In uscita, poi, l’effetto del Torsen è evidentissimo, perché non ci sono pattinamenti scomposti che fanno perdere sensibilità al volante e aumentano il sottosterzo, quindi è facile governare la RCZ anche se le ruote anteriori sono al limite dell’aderenza sotto l’effetto delle bordate di potenza che arrivano dal motore.

Lo sterzo è abbastanza sensibile, pronto ma non ansiogeno, e difficilmente innesca reazioni brusche, che comunque vengono attenuate dal passo lungo. E, per finire, arriviamo al capitolo freni: davanti sono stati montati dischi da 380 mm e pinze a quattro pistoncini che tengono a bada senza difficoltà il peso della R, ridotto di un ventina di kg rispetto a quello della RCZ da 200 cv e praticamente identico a quello del modello base da 156 cv.

Il risultato è che anche se l’impianto viene sfruttato in modo crudele - pista compresa - ci sono ripercussioni minime sulla costanza di rendimento e sulla sensibilità e la corsa del pedale. A questo punto, siccome per guadagnarci lo stipendio dobbiamo essere comunque critici, stigmatizzeremo la RCZ R perché non ha la trazione posteriore, perché non può trainare un erpice e perché non viene rimborsata dalla mutua. Poi di cos’altro ci si può lamentare? 

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