Citroën C4 Cactus 1.6 e-HDI, la prova

Citroën C4 Cactus 1.6 e-HDI, la prova
Abbiamo guidato la nuova e originale auto di casa Citroën, ecco le nostre impressioni e il nostro giudizio

di Redazione

18.11.2014 ( Aggiornata il 18.11.2014 16:27 )

Prestazioni

Certo che è un po’ strano, giudicare in modo “normale” una macchina che è tutt’altro che tale. E che non ha certo nelle velleità dinamiche i suoi atout principali. Proviamoci comunque, a iniziare dal posto guida. In cui non si sta male — neppure sulle lunghe distanze – ma a cui bisogna prenderci un po’ le misure. Colpa sì del volante regolabile solo in altezza ma anche dell’insolita foggia del cuscino, che forma una sorta di rialzo in corrispondenza della congiunzione con lo schienale per cui ti ritrovi con questa strana imbottuttitura trasversale all’altezza della bassa schiena che sulle prime ti lascia un po’ così.

Se l’avviamento si fa con la normalissima chiave, già per spostarsi dal parcheggio bisogna familiarizzare con la “non leva” del cambio robotizzato: i tre pulsantoni D/R/N in realtà straordinariamente pratici. Attenzione, però: come su altre vetture (certe ibride, ad esempio) non esiste la posizione P, per cui, a macchina spenta, è tassativo ricordarsi di tirare il freno a mano. E qui, altra stranezza: un manettone stile cloche da aereo che spunta da sotto la panchetta, e che è a sua volta molto funzionale.

Quel che colpisce, fin dai primi chilometri in città, e che viene puntualmente confermato su ogni percorso (specie quelli più guidati), è la esasperante lentezza della trasmissione ETG6: è il classico manuale elettroattuato della prima ora, con l’antipatico effetto canguro nei passaggi di marcia: se alle andature rilassate la fluidità resta accettabile, quando serve più spunto — e non parliamo di guida impegnata: basta fare kickdown in autostrada per superare un furgone — la macchina si siede inesorabilmente. Peccato, perché di suo il piccolo diesel, che pure ha solo 92 cavalli, rivela un’erogazione regolare, una buona elasticità e anche un corretto funzionamento dello Start&Stop, di quelli (tipici del Gruppo PSA) che staccano l’alimentazione già sotto i 25 all’ora, salvo poi essere di una solerzia esemplare nel riaccenderlo quando si toglie il piede dal freno.

Il resto dell’autotelaio è coerente con l’indole riflessiva di una vettura pensata soprattutto per il confort: lo sterzo è lento, non molto preciso e soprattutto poco comunicativo, il comportamento facile e prevedibile ancorché condizionato dall’assetto cedevole e dal conseguente, marcato, rollio, con un sovrasterzo in rilascio non banale comunque sempre ripulito dall’ESP. Poco peso e pochi cavalli si traducono in consumi decisamente contenuti: noi abbiamo rilevato una media di 19,539 km/litro, con un interessantissimo 17,904 in città e un’autonomia prossima ai 1000 km.

Il quadro prestazione indica una coerenza quasi perfetta tra i nostri rilevamenti e quanto dichiara la Casa sul piano della velocità massima (175,5 km/h contro 176) e un apprezzabile miglioramento sul piano dell’accelerazione 0-100 km/h, coperta in 10”8 anziché in 11”4. Si tratta in ogni caso di un valore “tranquillo”, coerente con lo spirito della vettura che semmai arranca in ripresa a causa dell’indolenza del cambio: 9”41 da 80 a 120 non sono un grande tempo per un millesei diesel automatico, ma ce lo aspettavamo. Come ci aspettavamo — e non siamo stati delusi — frenate efficienti, considerando la modesta massa in gioco (1073 kg alla bilancia): da 100 la Cactus si ferma in 35 metri, e fa piuttosto bene anche sui fondi differenziati.

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