Batterie, uno studio di Stanford rivela la loro vita

un team di studiosi, in cui spicca anche un'italiana, ha ideato un algoritmo che tiene conto del degrado del litio 

Lorenzo LucidiLorenzo Lucidi

Pubblicato il 16 settembre 2020, 11:29

La durata delle batterie rappresenta, al momento, uno degli aspetti su cui si discute maggiormente quando si parla di auto elettriche. Ma non solo dal punto di vista dell'autonomia. Un'incognita importante infatti è rappresentata anche dalla vita delle batterie, intesa come numero di ricariche che possono sopportare prima di degradarsi e perdere capacità.

Per approfondire questo tema così importante ma finora poco considerato, un team dell'università di Stanford ha effettuato una serie di ricerche volte a comprendere come e quanto le batterie perdano efficacia nel corso del tempo. Con l'obiettivo di dare informazioni e dati alle Case automobilistiche affinché possano realizzare accumulatori più efficienti e meno ingombranti.

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Il degrado del litio

L'attività degli studiosi si è concentrata sulle batterie al litio, quelle che nei prossimi anni diventeranno sempre più diffuse e costituiranno il fulcro dell'industria automobilistica a zero emissioni. Finora i modelli applicati dalle Case per calcolare la durata dei loro pacchi batteria non teneva conto del fatto che il materiale di cui sono composte potesse perdere in parte le sue capacità.

"In realtà – ha spiegato Anirudh Allam, studente di dottorato in ingegneria delle risorse energetiche e autore principale dello studio - il litio viene perso per reazioni collaterali quando la batteria si degrada. Quindi queste ipotesi si traducono in modelli imprecisi".

Nel team che ha realizzato queste ricerche è presente anche un'italiana, l'assistente e professoressa di ingegneria presso la Stanford's School of Earth, Energy & Environmental Sciences, Simona Onori. Che ha aggiunto: "Abbiamo sfruttato parametri elettrochimici che non sono mai stati utilizzati prima per scopi di stima".

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Algoritmo adattabile

Il lavoro effettuato dal team di Stanford si è basato sui dati registrati da una serie di sensori piazzati sulle batterie, e ha dato vita a un algoritmo che si aggiorna in base alla concentrazione di materiale residua. Il modello, basato sugli accumulatori all'ossido di cobalto manganese e nichel litio, potrà essere applicato anche su altri tipi di batterie a ioni di litio. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Ieee Transactions on Control Systems Technology.

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