        "Non esiste alcun piano allo studio riguardante operazioni di fusione di Stellantis con altri Costruttori". John Elkann interviene con una dichiarazione resa all'agenzia Ansa, escludendo uno scenario di possibile fusione di Stellantis con altri Costruttori. Una prospettiva emersa dopo l'intervista di Carlos Tavares, a.d. del gruppo, all'agenzia Bloomberg, nella quale il manager portoghese ha spiegato di seguire con interesse il percorso avviato da Renault sull'elettrico e, soprattutto - punto nodale della visione espressa da Tavares - di prospettare la necessit&agrave; per l'Europa una disponibilit&agrave; diversa qualora dovessero arrivare altre, grandi, fusioni tra Gruppi automobilistici. Fusioni dettate da elettrico, offensiva cinese e costo del lavoro I tre fattori di pressione sull'industria, ricapitolati da Tavares, sono stati l'avanzata dell'offerta competitiva cinese in Europa, in combinato disposto con la linea ferma di Bruxelles allo stop alle auto termiche dal 2035 e, fattore aggiuntivo, il costo del lavoro superiore dopo gli scioperi dei sindacati negli USA (e non solo), per le richieste di incrementi salariali. In questo quadro, Tavares ha prospettato future fusioni sulla scena dell'industria automobilistica: &ldquo;Se dovessero materializzarsi delle opportunit&agrave;, allora vogliamo essere parte di queste fusioni. Chi non avr&agrave; fatto i compiti nell&rsquo;attuare la riduzione dei costi si sar&agrave; messo nei guai. Arriveranno le operazioni di fusione e metteranno l&rsquo;occidente in una posizione difficile nel decidere cosa fare con l&rsquo;antitrust. Le attuali nome dell&rsquo;antitrust sono controproducenti per affrontare l&rsquo;offensiva cinese&rdquo;. Tavares-Urso, &egrave; scontro tra Stellantis e il Governo: "Senza incentivi si chiudono Melfi e Mirafiori" Stellantis focus sul piano industriale da attuare Su queste valutazioni sono nati i rumours verso Renault, insieme a Ford e GM altri Costruttori oggetto di voci che ricevono la smentita da parte di Elkann. "La societ&agrave; &egrave; concentrata sull'esecuzione del piano strategico Dare Forward e nella puntuale realizzazione dei progetti annunciati per rafforzare l'attivit&agrave; in ogni mercato dove &egrave; presente, inclusa l'Italia. Stellantis &egrave; impegnata al tavolo automotive promosso dal Mimit che vede uniti il governo italiano con tutti gli attori della filiera nel raggiungimento di importanti obiettivi comuni per affrontare insieme la transizione elettrica".  Clicca qui per provare gratis le auto le finaliste di Auto dell'anno 2024!       

Il presidente del Gruppo interviene per smentire ipotesi di fusione, dopo le parole di Carlos Tavares sullo scenario per l'industria dell'auto europea

Elkann: nessuna fusione allo studio per Stellantis

        Frenata elettrica. Quasi la met&agrave; dei concessionari di Buick, storico Marchio del colosso General Motors, ha rimesso il mandato con la Casa madre. Motivazione: le spese troppo alte da sostenere per accompagnare la transizione elettrica. Elettriche, un cambiamento troppo drastico? Buck il prossimo anno porter&agrave; sul mercato la sua prima BEV, implementando progressivamente la gamma. I rivenditori sono stati chiamati a fare lo stesso, per adattare le infrastrutture delle concessionarie ai nuovi prodotti.  Il Costruttore avrebbe prospettato una spesa da 300mila e 400mila dollari, cifra ritenuta troppo alta da un numero notevole di rivenditori, anche perch&eacute; in alcune zone degli USA, specialmente quelle a intensa coltivazione lontano dai centri abitati, le BEV hanno attecchito poco. Rientrare dell&rsquo;investimento &egrave; stato considerato impossibile da ben il 47% dei concessionari Buick, che sono usciti dal franchising con GM, facendo scendere a 1.000 il numero dei saloni. Da General Motors fanno sapere che "La Buick si sta trasformando, lanciando le migliori auto che il Marchio abbia mai prodotto". Una sfida cruciale: il tempo dir&agrave; chi ha ragione. Potrebbe interessarti: nuova Lancia Ypsilon entra in SALA, ecco l'infotainment&nbsp;       

Troppo alte le spese per adeguare i saloni ai nuovi prodotti: quasi la met&agrave; rinuncia al mandato. Chi avr&agrave; ragione?

L'America frena sull'elettrico, il 47% dei dealer Buick lascia il Marchio

Gi&agrave; nel 1910, quando nel logo della neonata Alfa compariva Milano, il legame tra la casa di Arese - nata Anomima (riferimento a un tipo di societ&agrave; registrabile) Lombarda Fabbrica Automobili - e la citt&agrave; meneghina &egrave; stato pi&ugrave; che mai esplicito.  Continuer&agrave; a essere Alfa Romeo Milano dopo il 1915 dell&#39;acquisizione da parte dell&#39;ingegnere Nicola Romeo e, cos&igrave;, fino al 1971. Dal logo Alfa Romeo, Milano sparir&agrave; nel 1972.    L&#39;Alfa Romeo Milano del 1986  Ma c&#39;&egrave; un&#39;altra storia, legata a specifici modelli, che vede l&#39;abbinamento Milano ad Alfa Romeo (qui trovi i modelli sul mercato dell&#39;usato). &Egrave; il 1986 quando l&#39;Alfa Romeo 75 debutta negli Stati Uniti, dov&#39;&egrave; presentata come Alfa Romeo Milano, motorizzata dal sei cilindri Busso da 2.5 litri. Allestimenti Silver, Oro e Platino, ciascuno con il suo bel Quadrifoglio in tinta. Poi, nel 1987, la proposta, esclusiva perch&eacute; in soli 900 esemplari, dell&#39;Alfa Romeo Milano Quadrifoglio Verde. Il motore V6 era diventato un 3 litri e i cavalli, dai 156 del 2.5 litri erano diventati 185.&nbsp;  Se l&#39;Alfa Romeo Milano fu la 75 destinata alle Americhe, ai mercati del nord america, in Europa il 1987 porto l&#39;Alfa Romeo 75 America. Stesso motore V6 3 litri della Milano d&#39;Oltreoceano.  La sportivit&agrave; di quel modello fece breccia negli USA, rappresentando bene il marchio. Sospensione posteriore a ponte De Dion, 210 orari di velocit&agrave; massima uno 0-100 orari da 8&quot;2, erano parte del biglietto da visita. Rispetto alla 75 europea, l&#39;Alfa Romeo Milano nasceva con un serbatoio riposizionato e maggiorato a 70 litri anzich&eacute; 49; ancora, erano diversi i paraurti con una specifica a maggior assorbimento degli urti.  Dell&#39;Alfa Milano se ne contano poco pi&ugrave; di 12.600 esemplari. Di certo non fu all&#39;altezza della nomea costruita dal modello l&#39;Alfa Romeo 164 con la quale il marchio diede seguito nel 1991 all&#39;offerta negli USA.  Verso il B-suv e la &quot;Milano&quot; nella MiTo  Il 2024 porter&agrave; su strada il B-suv elettrico e termico, ancora una volta Alfa Romeo Milano.&nbsp;  Stesso segmento ma nome un po&#39; diverso, per l&#39;Alfa Romeo MiTo. Un progetto nato sulla piattaforma della Grande Punto ed esclusivamente con carrozzeria tre porte, nel nome MiTo riassumeva due citt&agrave;: Milano e Torino.  Il progetto &egrave; rimasto sul mercato tra il 2008 e il 2018, oltre 293 mila esemplari prodotti per quella che va considerata come un&#39;utilitaria anche sportiva. Il motore 1.4 turbo Multiair erogava 170 cavalli nella proposta Quadrifoglio Verde: 7&quot;3 sullo 0-100, 219 orari, fu sulla scena tra il 2009 e il 2018, rimpiazzando al Turbo 1.4 155 cavalli.&nbsp;    Segmento B convenzionale per forme, sul progetto Grande Punto inseriva alcune soluzioni elettroniche come il selettore DNA.  Per una MiTo che il riferimento a Milano lo ha proposto in condivisione con Torino, c&#39;&egrave; un altro modello-simbolo del marchio che si lega alla citt&agrave; lombarda.&nbsp;  Milano in un quartiere: Alfa Romeo Brera  Ne rappresenta un quartiere ed &egrave; ritenuta, al di l&agrave; delle valutazioni relative alle prestazioni, una delle coup&eacute; moderne pi&ugrave; belle mai disegnate. L&#39;Alfa Romeo Brera omaggia il quartiere &quot;artistico&quot; e ritrovo degli intellettuali a met&agrave; Novecento.  La coup&eacute; disegnata da Giugiaro, prodotta in oltre 21.700 esemplari, stup&igrave; il mondo nella proposta concept, pensata per una motorizzazione Maserati V8. La realt&agrave; fu un&#39;altra: un&#39;architettura realizzata da GM, un po&#39; troppo pesante e con motori che fino all&#39;uscita del 1750 tbi non riuscirono a costruire appieno quel profilo da GT che il modello poteva ben interpretare.    Motori come il 2.2 aspirato e il V6 3.2 di progettazione GM (il V6 aveva comunque una testa Alfa Romeo) patirono il peso dell&#39;auto. Al diesel 2.4 di casa Fiat (200 e 210 cv) si sostitu&igrave; il 2.0 JTDM 170 cv. La Brera 1750 tbi resta il punto pi&ugrave; alto e godibile di quella proposta, nonch&eacute; l&#39;unico motore benzina &quot;italiano&quot; proposto sulla Brera. 

In attesa del B-suv che arriver&agrave; nel 2024, Alfa Romeo in una sola occasione ha scelto il nome Milano per un suo modello. In due occasioni vi ha fatto riferimento indiretto. Poi, il logo tra il 1910 e il 1971

Alfa Romeo, quando Milano &egrave; stata un modello e presenza nel logo

        General Motors nel 2024 abbandoner&agrave; Apple CarPlay e Android Auto per i sistemi di infotainment delle sue auto elettriche. La prima sar&agrave; l&rsquo;attesa Chevrolet Blazer EV. La motivazione &egrave; secca, i sistemi non sono considerati completamente affidabili per stabilit&agrave;, velocit&agrave; e connessione. Per GM una scelta ardita La sicurezza prima di tutto, come ha affermato il capo dello sviluppo del software di GM, Tim Babbit: &ldquo;Quando c&rsquo;&egrave; un problema il guidatore prende in mano il suo telefono, togliendo lo sguardo dalla strada. Con un sistema integrato di infotainment efficiente, non c&rsquo;&egrave; bisogno dello smartphone&rdquo;.  La risposta &egrave; ovviamente nella piattaforma di GM dedicata, la Ultifi, che avr&agrave; le app di Google, anche quelle di assistenza vocale e navigazione, in modalit&agrave; nativa. Cos&igrave; il controllo dei dati utente, e soprattutto servizi e abbinamenti, saranno di General Motors. Un passo fuori dal coro, anche se i modelli termici di GM &ndash; e anche le elettriche Chevolet Bolt, Cadillac Lyric e Hummer &ndash; manteranno i protocolli Apple CarPlay e Android Auto. Piacer&agrave; agli automobilisti americani? Potrebbe interessarti: Porsche Macan elettrica, ecco come cambia       

General Motors punta a valorizzare Ultifi, la sua piattaforma per il software

GM abbandona CarPlay e Android Auto: "Poco sicuri"

        Ci siamo quasi. Da Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, arriva la conferma: il Governo sta per chiudere l'accordo con Stellantis, volto a rilanciare le produzioni automobilistiche in Italia. &ldquo;Siamo in prossimit&agrave; della firma del protocollo", ha detto il Ministro attraverso un messaggio inviato al ForumAutomotive, &ldquo;&egrave; un documento che definisce la roadmap non solo della principale azienda produttrice nel nostro Paese, ma anche del riposizionamento della nostra filiera", e i tavoli di lavoro "si apriranno gi&agrave; nel corso di quest&rsquo;anno". Urso: "Emissioni zero non solo con l'elettrico" L'accordo far&agrave; "seguito a un protocollo recentemente sottoscritto con Anfia per invertire la tendenza alla contrazione dei volumi produttivi italiani e riportarli su valori idonei a preservare la competitivit&agrave; delle imprese della componentistica". Adolfo Urso ha poi parlato anche dell'Euro 7 e della transizione ecologica, dicendo che sia questa che &ldquo;i regolamenti europei impattano in modo profondo sia sul piano industriale sia su quello ambientale. Come noto, il Governo ha da subito sostenuto la necessit&agrave; di una transizione verso un modello pi&ugrave; sostenibile, ma l&rsquo;ha fatto tenendo ben a mente le esigenze del tessuto produttivo e i tempi richiesti da un processo di riconversione". Poi prosegue: &ldquo;La scorsa settimana, il Parlamento europeo ha approvato la propria posizione negoziale sul regolamento Euro 7, recependo quanto approvato dal Consiglio: un testo profondamente migliorato rispetto alla proposta iniziale della Commissione. Una visione concreta, realistica e pragmatica che grazie anche al lavoro dell&rsquo;Italia ha visto convergere una maggioranza di Stati. Un successo che mantiene ferma l&rsquo;esigenza di sostenere da subito la transizione verso auto a basse emissioni, ma che riconosce il principio di neutralit&agrave; tecnologica e contempla soluzioni diverse dall&rsquo;elettrico per raggiungere l&rsquo;obiettivo delle emissioni zero. Questo apre alla possibilit&agrave; di esplorare alternative come i biocombustibili e gli e-fuel". Sfida alla Cina, Stellantis e GM puntano su magneti privi di terre rare        

Esso far&agrave; &ldquo;seguito a un protocollo recentemente sottoscritto con Anfia per invertire la tendenza alla contrazione dei volumi produttivi italiani&rdquo;

Il Ministro Urso: “L'accordo con Stellantis sta per essere firmato”

        La sfida con la Cina dell&rsquo;industria auto europea e americana continua su svariati fronti. Stellantis e General Motors hanno trovato una convergenza, non sar&agrave; n&eacute; la prima n&eacute; l&rsquo;ultima, per lo sviluppo di nuovi magneti per i motori delle auto elettriche. Una strada percorribile I due Gruppi hanno investito, con un finanziamento da 33 milioni di dollari, nella startup del Minnesota Niron Magnetics, specializzata nella tecnologia Clean Earth Magnet, che prevede lo sviluppo di magneti permanenti a base di nitruro di ferro, privi di terre rare, come la grafite , una delle dipendenze dell&rsquo;industria automotive mondiale dalla Cina, che ne fornisce il 90% al resto del mondo.  La soluzione, una volta applicabile, permetterebbe una superiore sostenibilit&agrave;, una industrializzazione pi&ugrave; semplice e ovviamente forniture meno dipendenti. Da parte loro i magneti senza terre rare garantirebbero una migliore stabilit&agrave; delle temperature e una grande efficacia nella variazione di velocit&agrave; e di coppia nella trasmissione. Una serie di doti notevoli per un elemento sconosciuto alla maggior parte del grande pubblico, che potrebbero cambiare le carte in tavola. Potrebbe interessarti: Stellantis, come cambia il futuro con la nuova piattaforma STLA Medium&nbsp;       

Una scelta per i motori delle auto elettriche, per allentare il monopolio cinese nelle forniture, che potrebbe cambiare le carte in tavola

Sfida alla Cina, Stellantis e GM puntano su magneti privi di terre rare

        Non &egrave; la prima volta che la delicata questione degli incidenti con auto a guida autonoma tiene banco. Ne sa qualcosa Tesla, che a febbraio 2023 ha dovuto richiamare oltre 362mila vetture&nbsp;equipaggiate&nbsp;con il suo sistema&nbsp;di assistenza alla guida&nbsp;Full Self Driving. Una domanda, per&ograve;, &egrave; la stessa che si fanno tutti da sempre: quando c&rsquo;&egrave; un incidente, e in quel momento stava guidando il computer di bordo e non il pilota umana, di chi &egrave; la colpa? In Gran Bretagna hanno deciso di darsi una risposta e ad annunciarlo &egrave; stato re Carlo III. Stabilire la responsabilit&agrave; L&rsquo;annuncio &egrave; stato dato durante il suo primo discorso alla nazione in qualit&agrave; di regnante a tutti gli effetti. In questo occasione, Carlo ha dichiarato che il Governo, con a capo il primo ministro Rishi Sunak, sta per introdurre un nuovo disegno di legge che riguarda proprio le auto a guida autonoma in cui viene stabilita la responsabilit&agrave; dei costruttori e non dei piloti in caso di incidente. Questo non significa che a ogni incidente corrisponder&agrave; un processo ai rappresentati delle Case costruttrici. &Egrave; stato infatti spiegato che verr&agrave; fissato un limite tra ci&ograve; che pu&ograve; essere considerato guida autonoma e ci&ograve; che non lo &egrave;. Ma, una volta appurata la guida autonoma, non saranno i proprietari delle vetture a finire a processo. Su questo sembra non ci sia alcun dubbio. A stabilire i livelli, in realt&agrave;, ci aveva gi&agrave; pensato la Society of Automotive Engineers, che ne aveva individuati cinque (dal 3 al 5 si parla di guida autonoma), ma non &egrave; chiaro se saranno questi i criteri considerati dal Governo britannico o se ne verrano stilati di nuovi. Sappiamo per&ograve; che nel disegno di legge si parler&agrave; anche del divieto di pubblicit&agrave; ingannevole. In altre parole, solo le vetture in grado di soddisfare una soglia di sicurezza minima potranno essere messere in commercio come "a guida autonoma". Veicoli GM a guida autonoma, la California li vieta e lancia accuse       

Secondo quanto annunciato da re Carlo III, il Governo lavora su un nuovo disegno di legge che prevede che a pagare siano le Case automobilistiche

Guida autonoma e incidenti: per la Gran Bretagna la colpa è dei costruttori

        Chery Automotive ha recentemente svelato un nuovo concept che sta facendo parlare di s&eacute; el settore dell'automotive Senza ancora un nome definitivo, questo modello &egrave; il risultato di un connubio tra intelligenza artificiale e ispirazione tratta direttamente dalla fauna marina. Chery ha sfruttato tecniche di simulazione basate sull'intelligenza artificiale, applicando ben 2mila ottimizzazioni al fine di raggiungere un coefficiente aerodinamico notevole.  La Cina conquista anche il mercato auto russo Il "Tonno bionico" Il design di questo veicolo si ispira al mondo marino, in particolare al tonno, uno dei pesci pi&ugrave; idrodinamici che popolano gli oceani. La casa automobilistica cinese ha battezzato questo rivoluzionario stile "Tuna Bionic" (cio&egrave; "Tonno Bionico"), sottolineando proprio il rimando all'animale. La caratteristica che pi&ugrave; attira di questo veicolo &egrave; il coefficiente aerodinamico di ben 0,168. Il numeri potrebbe rappresentare un record mondiale, superando il precedente primato detenuto dalla GM EV1 con il suo 0,19 Cd. Chery si sta confermando una delle pi&ugrave; case automobilistiche cinesi di maggior successo, con ben 190.080 veicoli venduti a settembre, il terzo mese consecutivo con pi&ugrave; di 150.000 unit&agrave;.  Case auto cinesi, occupazione annunciata       

Il Tuna Bionic &egrave; ancora un prototipo e presenta un coefficiente aerodinamico di ben 0,168. Il suo design si rif&agrave; direttamente al pesce da cui prende nome

L'auto più aerodinamica del mondo si ispira al... tonno

        A Shanghai, il colosso automobilistico Geely Holding, leader cinese dell'industria automobilistica e la joint-venture tra Baidu e JiYue ROBOCAR, hanno lanciato il ROBOCAR JiYue 01. Si tratta del primo veicolo di consumo al mondo ad essere equipaggiato con la completa suite di soluzioni di guida autonoma di livello L4, sviluppata da Baidu Apollo.&nbsp;  Veicoli GM a guida autonoma, la California li vieta e lancia accuse Design Dal punto di vista estetico, il ROBOCAR JiYue 01 presenta un design da Suv con un basso coefficiente di resistenza aerodinamica. Ha dimensioni notevoli, offrendo uno spazio interno ampio e si distingue per un'innovativa modalit&agrave; di controllo basata sull'intelligenza artificiale attraverso il partner SIMO, eliminando i tradizionali pulsanti fisici. Intelligenza SIMU e prestazioni SIMO &egrave; un'intelligente partner di intelligenza artificiale sviluppato da Baidu, che offre una rapida riconoscimento vocale e capacit&agrave; di gestire conversazioni complesse, supportando conversazioni simultanee a quattro vie e interazioni multimodali. In termini di prestazioni, il ROBOCAR JiYue 01 offre un'esperienza di guida elettrica eccezionale, con opzioni di motore singolo o doppio che possono erogare fino a 400 kW di potenza in configurazione Max Performance, consentendo accelerazioni da 0 a 100 km/h in soli 3,8 secondi. Gli utenti possono scegliere tra diverse opzioni di batterie per l'autonomia e la ricarica rapida. Attenzione alla sicurezza Il servizio ROBO Drive Max offre funzioni di guida intelligente in continua evoluzione, tra cui l'assistenza alla navigazione PPA e la capacit&agrave; di parcheggiare autonomamente. Questo veicolo &egrave; progettato con una forte attenzione alla sicurezza, con un sistema di crittografia end-to-end per la protezione dei dati e una robusta struttura a 5 stelle.&nbsp; Panasonic Mobile Living Room, salotto su ruote a guida autonoma       

Geely Holding e la joint-venture tra Baidu e JiYue ROBOCAR hanno svelato il primo veicolo con soluzioni di guida autonoma di livello L4 sviluppata da Baidu Apollo

ROBOCAR JiYue 01, a Shanghai svelata l'auto a guida autonoma L4

        Il Dipartimento dei Veicoli a Motore (DMV) della California ha ordinato marted&igrave; a General Motors di ritirare i propri veicoli autonomi, definiti come una minaccia per la sicurezza pubblica&nbsp;e ha accusato l'azienda di aver distorto la realt&agrave; sulla sicurezza della loro tecnologia.&nbsp;La decisione del DMV &egrave; stata motivata dai risultati prestazionali dei veicoli senza conducente, che secondo l'agenzia non soddisfano gli standard di sicurezza necessari per l'utilizzo pubblico.&nbsp; General Motors ferma la produzione di due elettriche: "Non c'&egrave; domanda" La decisione su GM La sospensione del permesso di Cruise &egrave; arrivata in seguito a una serie di incidenti che coinvolgevano i veicoli della societ&agrave;, in cui un veicolo tentando di frenare non &egrave; riuscito a evitare un pedone precedentemente investito da un conducente irresponsabile. "Cruise deve affrontare seri interrogativi sulla sua capacit&agrave; di gestire in modo sicuro situazioni di emergenza che coinvolgono pedoni", ha dichiarato il DMV. L'azienda ha ora cinque giorni per impugnare questa sospensione, ma non ha ancora fatto dichiarazioni in proposito. Reazioni e perdite annunciate La decisionee &egrave; stata accolta positivamente da critici dell'industria dei "robotaxi", tra cui il sindacato Transport Workers of America (TWU), che ha da tempo sollevato preoccupazioni sulla sicurezza e sulla mancanza di standard misurabili per i veicoli autonomi. Nonostante la recente affermazione di GM che Cruise avrebbe potuto generare un fatturato annuo di 50 miliardi di dollari entro il 2030, l'azienda ha annunciato una perdita di 723 milioni di dollari nel terzo trimestre. I dirigenti di GM avevano sostenuto che i veicoli Cruise fossero addirittura pi&ugrave; sicuri dei conducenti umani, ma l'indagine in corso da parte delle autorit&agrave; statunitensi di sicurezza automobilistica e ora la decisione del DMV gettano ombre sul futuro del programma. Robotaxi, Waymo e Cruze anticipano Tesla a San Francisco       

Il Dipartimento dei Veicoli a Motore li ha definiti una minaccia per la sicurezza pubblica, accusando l'azienda anche di aver distorto dati sulla loro tecnologia

Veicoli GM a guida autonoma, la California li vieta e lancia accuse

        Nuovi timori sul fronte dell'elettrico. Dopo che nelle scorse settimane Volkswagen aveva deciso di interrompere momentaneamente la produzione della ID.3 e della Cupra Born a causa della scarsa domanda dei consumatori, oggi una decisione praticamente identica arriva dagli Stati Uniti, dove General Motors ha bloccato la produzione dei due pick-up elettrici GMC Sierra e Chevrolet Silverado rinviando di un anno il lancio sul mercato. "Trend delle EV in fase di stabilizzazione" La motivazione che ha indotto il gigante dell'automotive a stelle e strisce a prendere questa decisione &egrave; la stessa che lo socrso settembre ha lanciato l'allarme in casa Volkswagen. "Stiamo osservando con attenzione la domanda di auto elettriche e riscontrando un trend in fase di stabilizzazione - spiegano da GM -. Tale domanda non sta aumentando cos&igrave; velocemente come era stato originariamente previsto". Fabbrica ferma, operai trasferiti La decisione di General Motors implica lo stop delle attivit&agrave; della fabbrica di Orion, Michigan, a fine 2023, e allo stesso tempo, non meno di 1.000 lavoratori verranno trasferiti in altri stabilimenti, proprio per ottimizzare gli investimenti sull'elettrico, che in base agli ordini dovranno essere necessariamente rimodulati. Forfait di Stellantis a CES a causa degli scioperi della UAW       

Il colosso americano ha rinviato di un anno il lancio dei pick-up Sierra e Chevrolet Silverado: "La richiesta di EV &egrave; sotto le attese"

General Motors ferma la produzione di due elettriche: "Non c'è domanda"

        Chiunque, appassionato o meno del settore automotive, conoscer&agrave; le Gigafactory Tesla. Esse non sono altro che impianti molto grossi di produzione di batterie, che piano piano si stanno sistemando in giro per il globo. Molti territori, in realt&agrave;, vorrebbero possederne una. All'orizzonte, infatti, ce n'&egrave; una nuova che dovrebbe nascere, ma la conferma di dove sar&agrave; collocata si sapr&agrave; entro la fine del 2023. Secondo un report di Bloomerg, per&ograve;, la prossima Gigafactory non vedr&agrave; a breve la luce. Da quello che si apprende durante il &ldquo;CEO Forum&rdquo; dell&rsquo;agenzia di stampa, il ministro indonesiano, Luhut Pandjaitan, ha detto che, dopo un incontro con Elon Musk avvenuto ultimamente, prima cheTesla costruisca una nuova fabbrica bisogner&agrave; attendere uno o due anni. Cosa c'&egrave; all'orizzonte? Pandjaitan dice che &ldquo;Musk &egrave; stato molto franco e ha affermato che dall&rsquo;analisi della situazione economica globale non &egrave; facile prevedere di costruire un nuovo stabilimento. C&rsquo;&egrave; gi&agrave; un eccesso di capacit&agrave; produttiva e si deve agire con grande cautela per non rischiare la bancarotta come fecero GM e Chrysler nel 2009&rdquo;. Quel che &egrave; certo &egrave; che le Gigafactory continueranno ad essere costruite nel futuro, e quelle che gi&agrave; sono attive stanno stanno raggiungendo tutte la massima capacit&agrave;. Tesla, fra l'altro, per quest'anno dovrebbe riuscire a consegnare fra le 1,8 e le 2 milioni di auto. Inoltre, per quanto riguarda sempre le Gigafactory, ce n'&egrave; una gi&agrave; in cantiere, nel Messico, mentre quella di Austin, in Texas, dovrebbe essere ampliata. Con l&rsquo;arrivo del Cybertruck, ad operare al suo interno dovrebbero essere 60.000 persone rispetto alle attuali 20.000. Tesla prova a rivoluzionare la produzione con il sottoscocca pressofuso       

Nel frattempo, Musk lavora su quelle gi&agrave; attive o in cantiere, tipo quella texana che verr&agrave; allargata

Tesla: la nuova Gigafactory vedrà la luce fra uno o due anni

        &Egrave; stata fondata appena sei anni fa, ma il suo valore &egrave; gi&agrave; superiore a quello di colossi come General Motors e Ford. Stiamo parlando di VinFast, Casa automobilistica vietnamita nata nel 2017 come ampliamento delle attivit&agrave; del colosso VinGroup. Specializzata nella produzione di vetture di fascia alta, VinFast ha fatto il suo debutto in Borsa il giorno di Ferragosto registrando immediatamente valori da record: nel primo giorno di scambi, la sua capitalizzazione ha infatti raggiunto quota 85 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto a colossi come General Motors e Ford. VinFast VF e35 e VF e36, i SUV elettrici disegnati da Pininfarina Boom in Borsa e partner europei Nella fase di sviluppo della propria gamma, VinFast ha scelto di collaborare con alcuni importanti produttori europei, tra cui BMW. Due dei modelli della Casa vietnamita, la berlina Lux A2.0 e il Suv SA2.0, nascono infatti rispettivamente sulla base della Serie 5 e della X5 del brand bavarese. Mentre il design delle nuove VinFast &egrave; curato dall'italiana Pininfarina. Ma l'elenco delle partnership &egrave; lungo, e comprende anche quella con Magna Steyr, Renesas (per le elettriche) e altre ancora. Una solida base che ha convinto gli investitori, tanto da far schizzare il valore delle azioni di VinFast nella giornata del 15 agosto facendo passare il prezzo iniziale di 10 dollari fino a un massimo di 37. Un boom sufficiente per far schizzare verso l'alto la capitalizzazione a quota 85 miliardi di dollari. L'ottima performance del debutto non si &egrave; per&ograve; ripetuta nel secondo giorno di scambi del titolo vietnamita, che ha perso oltre il 25% del suo valore in poche ore. Il valore di VinFast resta comunque elevatissimo, anche se il rischio &egrave; che il brand di VinGroup possa seguire lo stesso percorso di Marchi come Lucid che, dopo un avvio da record, si sono attestati su quotazioni decisamente pi&ugrave; contenute. Intanto proseguono i piani per lo sviluppo ulteriore della gamma VinFast e la commercializzazione in Europa. Alla fine dello scorso anno, era iniziata la vendita negli Stati Uniti, mentre per vedere le auto vietnamite nel Vecchio Continente dovremo aspettare qualche mese in pi&ugrave;. In particolare, il debutto del Marchio in Italia &egrave; previsto nel 2024. In Europa, la strategia di VinFast si baser&agrave; principalmente sui modelli della gamma elettrica. VinFast, dal 2024 solo batterie allo stato solido per le auto elettriche        

Quotazione record per VinFast, che al termine del primo giorno di scambi vale ben 85 miliardi di dollari

VinFast, debutto in Borsa col botto: la Casa vietnamita supera GM e Ford

        Lunghe barbe, cappelli, occhiali scuri e rock a volont&agrave;: &egrave; la ricetta (vincente) degli ZZ Top, gruppo statunitense formatosi a Houston, Texas, nel lontano 1969. Il trio, composto da Billy Gibbons (chitarra e voce), Dusty Hill (basso, purtroppo venuto a mancare esattamente due anni fa, il 28 luglio del 2021, e sostituito da Elwood Francis) e Frank Beard (batteria) &egrave; entrato nella Rock and Roll Hall of Fame per l&rsquo;incredibile carriera, con 50 milioni di album venduti in tutto il mondo. In questo articolo ci concentreremo sul chitarrista e fondatore, William Frederick Gibbons, detto Billy. Il motivo &egrave; semplice: come anticipato nella rubrica dedicata all'amico Jeff Beck, il celebre chitarrista barbuto &egrave; anche un collezionista di hot rod, con pezzi rari e iconici degni di essere raccontati. Abbiamo scelto le pi&ugrave; interessanti. Ford Coup&eacute; Eliminator (1933)  Senza dubbio il modello pi&ugrave; famoso della collezione. La Ford &ldquo;Eliminator&rdquo; prende il nome dall&rsquo;album di maggior successo degli ZZ Top, datato 1983 e venduto in circa 20 milioni di copie: in copertina troneggia proprio il frontale della vettura. Trovata da Gibbons in un mercatino di auto usate, la vettura era ferma da 30 anni e totalmente da restaurare. L&rsquo;operazione viene affidata a Pete Chapouris, celebre &ldquo;hot rodder&rdquo;, che la riconsegna al chitarrista cinque anni dopo, proprio durante la registrazione di Eliminator. L&rsquo;auto torna all&rsquo;antico splendore, con carrozzeria rossa, grafiche laterali &ldquo;ZZ&rdquo;, assetto ad hoc e motore V8 Chevrolet 350 (5,7 litri). Il risultato &egrave; incredibile, tanto che la band la utilizza anche per i video di &ldquo;Gimme All Your Lovin&rsquo; &ldquo; (che linkiamo qui sotto), &ldquo;Sharp Dressed Man&rdquo; e &ldquo;Legs&rdquo;: la Eliminator diviene cos&igrave; una leggenda tra appassionati di musica e di automobili. Gibbons &egrave; estremamente legato alla hot rod, tanto da farne realizzare un tributo su base Ford Model 40 per la sua collezione privata. L&rsquo;originale, infatti, &egrave; custodita nella sezione di pop art americana presso il Chicago Art Institute.  &nbsp;L'articolo continua nella prossima scheda &nbsp; Ford Model 40 &ldquo;Whiskey Runner&rdquo; (1934)  Acquistata dall&rsquo;amico Rudy Rodriguez, questa Ford Model 40 &ldquo;3 window Coup&eacute;&rdquo; del 1934 &egrave; stata realizzata dal SO-CAL SPEED SHOP di Pete Chapouris. Come anticipato, Gibbons incaric&ograve; il designer Alberto Hernandez di rendere omaggio proprio alla Ford coup&eacute; Eliminator, con tinta rossa e finiture 3D a forma di Z sulle fiancate. Le immagini in rete mostrano la hot rod in versione non definitiva con carrozzeria grigia (non &egrave; vernice, ma primer di fondo) e Z di color arancione. Spinta da una versione prototipo del propulsore Cadillac 341 (V8 da 5.6 l), la Whiskey Runner &egrave; caratterizzata da numerose modifiche, tra cui una soluzione piuttosto eccentrica, posta proprio sopra al motore: sul lato destro del cofano, infatti, &egrave; presente un faro tondo singolo con meccanismo a scomparsa, che esce fuori premendo un pulsante. L&rsquo;auto compare nel video di I Gotsta Get Paid del 2014,. Date un'occhiata:  L'articolo continua nella prossima scheda &nbsp; Cadillac &ldquo;CadZZilla&rdquo; (1948)  Realizzata su base Cadillac Series 62 Sedanette, il design di CadZZilla &egrave; stato curato dagli esperti Jack Chisenhall (Vintage Air) e Larry Erickson (GM). Quest&rsquo;ultimo elabor&ograve; un incredibile rendering che diede forma alla vettura definitiva, realizzata nell&rsquo;officina californiana di Boyd Coddington a fine anni &lsquo;80. Chisenall, amico di Gibbons, gli propose di finanziare il progetto. Il chitarrista, ovviamente, accett&ograve;: pare che la somma sborsata sia stata l'equivalente di circa 820mila euro (900mila dollari). La carrozzeria fu modificata e adattata da Craig Naff, con interventi quale il taglio del tetto, la rimodellazione dei parafanghi e la creazione di gruppi ottici personalizzati. Il risultato fu un&rsquo;auto dalle linee visionarie (per l&rsquo;epoca): al lancio, infatti, la stampa specializzata in Hot Rod and&ograve; in visibilio. Si trattava di una vettura unica e rivoluzionaria . Basti pensare che la rivista Hot Rod la defin&igrave; &ldquo;la trasformazione pi&ugrave; incredibile a cui avesse mai assistito"; Consumer Guide, invece, "il primo vero nuovo tipo di custom dal periodo di massimo splendore degli anni Cinquanta". L'articolo continua nella prossima scheda &nbsp; Ford Thunderbird &ldquo;Mexican Blackbird&rdquo; (1958)  Altra &ldquo;creatura&rdquo; del SO-CAL Speed Shop di Chapouris, la Mexican Blackbird prende il nome dall&rsquo;omonimo brano degli ZZ Top, contenuto nell&rsquo;album Fandango (1975), che vi linkiamo qui sotto.&nbsp;Verniciata in nero lucido con stripe ed elementi dorati a contrasto, le modifiche alla Thunderbird (si tratta della seconda generazione) includono il "pancaking" del cofano (la rimozione della presa d&rsquo;aria superiore) con l'aggiunta di una nervatura centrale, la chiusura delle feritoie laterali e angoli arrotondati in stile anni Cinquanta. Sotto il cofano, il propulsore V8 da 352 pollici cubici (5,8 litri) da oltre 300 cv.   L'articolo continua nella prossima scheda &nbsp; Ford Roadster Highboy (1932)  Una delle tre roadster su base Ford del '32 costruite da Rudy Rodriguez, questa "Highboy" rappresenta la visione del californiano dell'auto da corsa perfetta degli anni '40.&nbsp; La carrozzeria&nbsp;&egrave; una riproduzione realizzata da Brookville Roadster, azienda specializzata dell'Ohio, mentre moltre della componenti sono coeve all'anno di immatricolazione. Spiccano numerose parti cromate - tra cui l'intero avantreno e i coprimozzi Mercury - e il motore Ford 221 ci (3,6 litri) Flathead del '39 aggiornato, con aspirazione, carburatori e scarico. Gibbons, che l'ha definita "la pi&ugrave; elegante della collezione", not&ograve; l'auto esposta con un cartello "For Sale" al Roadster Show di Pomona (California), comprandola immediatamente. Subito dopo, il musicista la port&ograve; al So-Cal Speed Shop di Chapouris per alcune modifiche, tra cui l'aggiunta di una capote color crema e un cofano rivisto.&nbsp; L'articolo continua nella prossima scheda &nbsp; Chevrolet Impala &ldquo;Slampala&rdquo; (1962)  Soprannominata "Slampala", la Chevrolet del frontman &egrave; un raro esemplare di Impala Super Sport (SS) del 1962 in colorazione verde acqua. La particolarit&agrave; del modello sta nel tetto rigido non removibile che, per&ograve;, sembra un hard top montato su una vettura decappottabile. Anch&rsquo;essa realizzata da Chapouris presso il SO-CAL Speed Shop di Pomona, in California, la Slampala si distingue per alcune modifiche: oltre ad assetto ribassato, con sospensioni Air Ride Firestone e cerchi da 14 pollici con pneumatici dotati di stripe bianca &ldquo;pinner&rdquo;, la Chevy &egrave; stata aggiornata con freni a disco&nbsp;e motore &ldquo;small-block&rdquo; Chevrolet 327 da 5,4 litri. Ford Truck Rat Rod (1936)  Terminiamo con l'unico truck presente nella collezione di Billy F Gibbons. La base &egrave; un pick up Ford del 1936 modificato da Kirby Stafford, specialista in &ldquo;Rat Rods&rdquo; di Denville, Kentucky. Il chitarrista lo acquist&ograve; agli Street Rod Nationals di Louisville, colpito da estetica grezza e dotazioni stravaganti come il frigo portatile nel retro e la tavola da surf sul tetto. Rude ed essenziale, con carrozzeria non verniciata e "abbellita" dalla ruggine, il pick up monta il motore originale, un Ford V8 flathead abbinato a trasmissione automatica S10; l&rsquo;assetto &egrave; stato ribassato, con nuove sospensioni, e il tetto modificato per rendere la linea pi&ugrave; aggressiva.       

Dalla celebre Ford Eliminator alla Cadillac "CadZZilla", le pi&ugrave; iconiche hot rod di Billy Gibbons degli ZZ Top

Billy Gibbons, le hot rod del chitarrista degli ZZ Top

        La notizia di un accordo tra Tesla e Ford (ma anche General Motors), per adottare lo standard dei Supercharger su tutto il territorio nordamericano ha cominciato a scatenare il primo effetto domino. Infatti, secondo quanto dichiarato da una nota alla Reuters, pare che anche Stellantis voglia seguire l'esempio dei colossi di Detroit. Tesla punta all'Europa, piano per una fabbrica a Valencia Elettriche Stellantis negli USA: ricarica con Tesla? In pratica, dal 2025 Ford e GM potranno utilizzare i connettori Tesla sulle proprie auto elettriche, con la possibilit&agrave; di accedere a tutti i Supercharger dislocati negli USA. Stellantis vorrebbe fare altrettanto adottando lo standard di ricarica NACS (North American Charging Standard) per tutte le sue auto elettriche vendute in Nord America. La nota del Gruppo italo-francese recita:&nbsp;"Il nostro obiettivo &egrave; fornire ai clienti la migliore esperienza di ricarica possibile. Il nostro marchio Free2Move Charge offrir&agrave; soluzioni semplici e senza problemi, sia a casa che in viaggio, attraverso partnership con i fornitori di ricarica". In realt&agrave;, non c'&egrave; da stupirsi. Ford ha, in un certo senso, "tracciato la strada", e General Motors &egrave; andata subito dietro. Altri costruttori probabilemente seguiranno il loro esempio. Stellantis non &egrave; rimasta a guardare. Chi sar&agrave; il prossimo? Si profila un altro successo per Elon Musk? La gamma Tesla: consulta il listino completo di Auto       

Il Gruppo italo-francese avrebbe intenzione di adottare gli standard di ricarica NACS (North American Charging Standard) per tutte le sue auto elettriche vendute negli USA

Stellantis come Ford: pronta a usare i Supercharger di Tesla

        Ritorna il NAIAS, il Salone di Detroit, ovvero il North American International Auto Show. I tempi sono cambiati, letteralmente, perch&eacute; il classico evento di inizio anno si svolger&agrave; in quella che una volta era per tutti Motor City dal 13 al 24 settembre 2023. Il CES di Las Vegas, in programma dal 9 al 12 gennaio, anche se non tratta solo di auto, &egrave; stato considerato un concorrente troppo ingombrante. L&rsquo;evento torner&agrave; a svolgersi anche nella sede classica, che ora si chiama Huntington Place e sar&agrave; incentrato sulla transizione elettrica, con una pista interna, chiamata EV Experience, oltre alle prove su strada. Gli organizzatori vantano un apporto importante da Ford, General Motors e Stellantis, con Ram e e Jeep. Il programma prevede l&rsquo;apertura al pubblico dal 16 al 24 settembre: i giorni precedenti saranno dedicati a giornata stampa, forum, convegni dedicati alla tecnologia e alla serata di anteprima per beneficienza. Il governatore del Michigan Gretchen Whitmer ha lanciato il Salone di Detroit &nbsp;con queste parole: "Il Michigan &egrave; stato il centro del mondo automobilistico per un secolo, al Salone definiremo il futuro della mobilit&agrave; e dell'elettrificazione. I nostri sforzi di sviluppo economico, programmi innovativi per i talenti e una forza lavoro forte ci stanno aiutando a riportare migliaia di posti di lavoro ben pagati nel settore manifatturiero e catene di fornitura di veicoli elettrici, batterie, chip e altre tecnologie di mobilit&agrave; emergenti. Continueremo a guidare il futuro, costruendolo in Michigan&rdquo;. Leggi ora: Tesla punta all'Europa, piano per una fabbrica a Valencia&nbsp;       

L'evento nella (ex) Motor City &egrave; fortemente sostenuto a Ford, GM e Stellantis&nbsp;

North American Auto Show, il Salone di Detroit torna a settembre

        Correva l&rsquo;anno 1948 e l&rsquo;8 giugno a Gm&uuml;nd, in Austria, venne scattata una foto entrata nella leggenda. Ritrae il genio Ferdinand e il figlio Ferry accanto alla prima Porsche omologata per l&rsquo;impiego su strada, una 356 roadster che &egrave; diventata leggendaria con il soprannome di &ldquo;numero 1&rdquo;. Inizi&ograve; cos&igrave; la storia di uno dei Marchi automobilistici pi&ugrave; famosi e celebrati di sempre, che dopo le prime 53 auto prodotte sino al 1950 trasfer&igrave; la sua sede a Stoccarda. Tutte realizzate a mano, le 356 cominciarono ad avere un ottimo successo, tanto che la quota di 10.000 unit&agrave; prodotte fu raggiunta nel 1956. Porsche, i 5 modelli usati da non perdere per i 75 anni Porsche, dalle crisi al successo Le vittorie in pista con i modelli sportivi contribuirono ad accrescere popolarit&agrave; e reputazione della Porsche che nel 1962 sforn&ograve; la 356 numero 50.000, in un processo di crescita costante. La svolta decisiva in quella che si pu&ograve; considerare come una favola arriv&ograve; nel 1963 con il lancio della 911, da allora pilastro centrale della produzione Porsche. Sempre colonna irrinunciabile sino ai giorni nostri, pure se affiancata da tanti modelli, cominciando dalle 924, 928 e 944 che si sono succedute sino all&rsquo;inizio degli anni &rsquo;80. Nonostante la qualit&agrave; delle vetture e una fama indiscussa, la Porsche rischi&ograve; la bancarotta alla fine di quel decennio, presa nel turbine di un&rsquo;evoluzione economico-industriale che ha fatto peraltro passare di mano o scomparire molti Marchi automobilistici di prestigio.  L&rsquo;arrivo della pi&ugrave; abbordabile Boxster aiut&ograve; a superare la crisi, con la milionesima Porsche, una 911, consegnata alla polizia tedesca nel luglio del 1997. Il lancio della Cayenne e l&rsquo;apertura dello stabilimento di Lipsia hanno contribuito a dare grande solidit&agrave; alla Porsche, che ha potuto ampliare la produzione con Panamera e Macan prima della svolta verso il tutto elettrico con la Taycan. Nel mezzo anche splendide supercar a tiratura limitata come la 959 del 1983, la Carrera GT del 2003, la 918 Spyder del 2013. Il tutto senza dimenticare centinaia e centinaia di vittorie in pista e nei rally con la sagoma della 917 a simboleggiare quella che a volte &egrave; stata una supremazia della Porsche nelle competizioni. La leggendaria 917 cui si affiancano le 956 e 962 degli anni &rsquo;80 e la 919 Hybrid trionfatrice a Le Mans dal 2015 al 2017. Con una vera e propria festa, la Porsche ha potuto cos&igrave; celebrare i suoi 75 anni di vita tra modelli storici, compresa la Numero 1, e con piloti come Walter Rohrl, Hans Stuck, Mark Webber e Timo Bernhard. Guidata dai sogni, come dice lo slogan coniato per l&rsquo;occasione. 75 anni di Porsche, le cinque auto pi&ugrave; importanti di Zuffenhausen        

Nata nel 1948, Porsche ha celebrato il suo 75&deg; compleanno con un grande evento: ripercorriamo la sua storia

Porsche, 75 anni tra GT iconiche e vittorie sportive

        Era l&rsquo;8 giugno 1948 quando Ferdinand Porsche, assieme al figlio Ferry, lanciava sul mercato la prima vettura sportiva del Marchio, la 356 Roadster. In occasione del 75&deg; anniversario (che verr&agrave; celebrato in diretta streaming mondiale il prossimo gioved&igrave;, con probabile presentazione della 911 ST su base GT3) ripercorriamo la storia della Casa di Zuffenhausen con i cinque modelli pi&ugrave; importanti prodotti. Porsche 356 (1948 - 1965)  Dove tutto ebbe inizio. Nel 1948 viene introdotta la Porsche 356, prima autovettura di serie Made in Zuffenhausen. Progettata da Ferdinand Porsche assieme al figlio Ferry, la 356 divenne rapidamente popolare grazie a design unico, alla leggerezza e a caratteristiche tecniche e prestazioni impressionanti (per l&rsquo;epoca). Caratterizzata da linea aerodinamica e motore disposto posteriormente, la cosiddetta "Gm&uuml;nd Roadster" era azionata da un motore boxer a 4 cilindri da 1,1 litri raffreddato ad aria di derivazione Volkswagen, con potenza aumentata fino a 35 CV. In questo modo la Roadster, che pesava meno di 600 kg, era in grado di raggiungere una velocit&agrave; massima di 135 km/h. Con lo sviluppo della 356, vennero migliorate la potenza e le prestazioni, con la variante finale, la 356C, dotata di un motore da 1,6 litri con 95 cavalli di potenza. La 356 gett&ograve; le basi per le future direzioni del design e dell'ingegneria Porsche e il suo impatto &egrave; innegabile. L'articolo continua nella prossima scheda &nbsp; 911 (1963 - in produzione)  Senza dubbio il modello pi&ugrave; iconico della gamma Porsche, la 911 &egrave; stata il "volto" del Marchio fin dalla sua introduzione nel 1963, mantenendo praticamente stessa linea e architettura (4 posti, motore boxer, trazione posteriore) nel corso della sua lunga vita e offrendo un livello di continuit&agrave; che pochi altri modelli possono vantare. Il nome della vettura ha una storia particolare: Porsche, infatti, present&ograve; la sportiva al Salone di Francoforte del 1963 con la sigla 901; la Casa fu, per&ograve;, costretta a modificare il nome a causa di Peugeot, che aveva registrato tutte le sigle di tre numeri con lo zero in mezzo. Originariamente dotata di un motore boxer a sei cilindri da 2,0 litri raffreddato ad aria, la 911 poteva contare su 130 CV di potenza. Nel&nbsp;1966, la Casa di Stoccarda fa debuttare la&nbsp;911 S da 160 CV; l'anno precedente, per&ograve;, entra nella storia una configurazione ormai celebre, la cosiddetta Targa, caratterizzata da roll bar fisso con tettuccio removibile. Non tutti sapranno, poi, che la denominazione deriva dalla vittoria del pilota&nbsp;Umberto Maglioli alla Targa Florio nel 1956 (al volante di una 550 Spyder). Nel corso degli anni, comunque, la 911 si &egrave; evoluta in modo significativo, con l'aumento delle cilindrate e il passaggio dai motori ad aria a quelli raffreddati ad acqua nel 1998, un punto controverso tra i puristi Porsche. Con la 911 Turbo, nel 1975, la 911 ha anche introdotto il concetto di auto di serie turbocompressa. I modelli 911 moderni, come la 911 GT2 RS (serie 991) da ben 700 CV&nbsp; dimostrano la significativa e costante evoluzione del modello. Oggi, la serie 992 (in foto qui sotto) &egrave; dotata di tutte le pi&ugrave; moderne tecnologie di sicurezza, oltre che di declinazioni ad altissime prestazioni come le GT3 e l'estrema GT3 RS da 525 CV.  L'articolo continua nella prossima scheda &nbsp; 959 (1986 - 1988)  La Porsche 959 &egrave; stata una celebre&nbsp;supercar degli anni '80 e un esempio dell'abilit&agrave; tecnica di Porsche. Originariamente sviluppata per le gare di rally del Gruppo B, divenne rapidamente un'icona su strada. Al momento della sua introduzione, la 959 era l'auto di serie omologata per la circolazione stradale pi&ugrave; veloce al mondo (314 km/h) ed &egrave; stata la prima vettura ad alte prestazioni a essere dotata di sofisticato sistema di trazione integrale, aprendo la strada a tutte le future auto sportive. Rivale diretta della celebre Ferrari F40 (che la batt&eacute; con i suoi 326 km/h di punta) e prodotta in soli 292 esemplari, la 959 era dotata di un motore sei cilindri boxer a doppio turbocompressore da 2,85 litri, che produceva ben 450 cavalli, e dotazioni tecniche e tecnologiche all'avanguardia come sospensioni a controllo elettronico e sensori pressione pneumatici. In seguito, la versione S (Sport) fu alleggerita, dotata di sospensioni tradizionali e ulteriormente potenziata: ben 515 CV per 340 km/h e 0-100 in 3,6 secondi (contro i 3,8 della Comfort). Nel 1984, poi, Porsche decise di partecipare alla Parigi-Dakar, sviluppando una versione rialzata della 959 (pronta nel 1986), basata sulla S ma con potenza ridotta per contenere i consumi di carburante. L'articolo continua nella prossima scheda &nbsp; Boxster (1996 - in produzione)  Introdotta nel 1996, la Boxster nacque dalla necessit&agrave; di produrre un'auto dal costo inferiore rispetto alla 911 (a quel tempo, la serie 993 non stava raggiungendo risultati soddisfacenti in termini di vendite) che mantenesse qualit&agrave; e caratteristiche distintive di Porsche. Il nome Boxster &egrave; una fusione di due parole: "Boxer", in riferimento al motore iconico della Casa, e "Roadster", per la sua configurazione spider a due posti. La entry level di Zuffenhausen, ispirata a 550 Spyder e 718, era alimentata da propulsore posteriore centrale raffreddato a liquido, un sei cilindri contrapposti da 2,48 litri, capace di erogare 204 CV sulle ruote posteriori. A seguito delle richieste dei clienti, nel 1999 &egrave; stata introdotta la Porsche Boxster S, con un motore da 3,2 litri e 252 CV. Numerose generazioni si sono succedute negli anni successivi, con aggiornamenti in termini di design e tecnica, fino ad arrivare all'ultima versione: la 718 Spyder attuale, grazie al sei cilindri boxer aspirato da 4,0 litri, &egrave; in grado di erogare ben 420 CV e 420 Nm di coppia massima.  L'articolo continua nella prossima scheda &nbsp; Cayenne (2002 - in produzione)  Nel 1989, Ferry Porsche sosteneva audacemente: &laquo;Se costruissimo una vettura fuoristrada secondo le nostre specifiche di qualit&agrave; e con la scritta Porsche davanti, sono sicuro si rivelerebbe un successo nelle vendite&raquo;. E aveva ragione: dal 2002, anno di debutto, la Cayenne divenne in breve tempo uno dei modelli Porsche pi&ugrave; amati e di maggior successo commerciale. Il Suv ha svolto un ruolo cruciale per l'azienda, contribuendo a risolvere la profonda crisi economica affrontata negli anni '90. Dopo il lancio della Boxster, la Casa scelse di sviluppare un Suv sportivo in collaborazione con Volkswagen, che stava lavorando sul progetto Touareg. Il cosiddetto "progetto Colorado" &egrave; stato rivelato nel 1998 come prototipo. La Cayenne prometteva di offrire prestazioni straordinarie, una dinamica di guida eccellente e una versatilit&agrave; senza eguali, con un'efficace trazione in tutte le condizioni. Nonostante un iniziale scetticismo da parte degli appassionati, abituati alle pure sportive prodotte da Porsche, la Cayenne &egrave; riuscita a conquistare il pubblico diventando rapidamente molto popolare, generando vendite impressionanti e permettendo alla Porsche di riemergere come leader globale. La Cayenne, pur essendo una vettura adatta alle famiglie e confortevole, ha dimostrato di essere un Suv sportivo di alta prestazione, diventando cos&igrave; il pioniere del segmento delle SUV sportive. La prima generazione era equipaggiata con motori V8 da 4,5 litri che sviluppavano 340 CV (S) e 450 CV (Turbo), raggiungendo velocit&agrave; massime di 242 e 266 km/h rispettivamente. La Cayenne si &egrave; dimostrata eccellente anche in fuoristrada grazie alla distribuzione della potenza e al riduttore di velocit&agrave;. Nel 2006, la versione Turbo S ha sorpreso con i suoi strabilianti 521 CV. La seconda generazione, introdotta nel 2010, ha visto l'introduzione di motori ibridi e plug-in, con potenza aumentata e consumi ridotti. La terza generazione della Cayenne, lanciata nel 2017, ha portato ulteriori miglioramenti in termini di efficienza, agilit&agrave; (grazie alla carrozzeria in alluminio) e tecnologia (con sistemi ADAS avanzati e connettivit&agrave;). Questa generazione ha anche visto l'addio del motore Diesel, concentrandosi sulle motorizzazioni ibride plug-in. Infine, nel 2019, &egrave; stata introdotta la versione coup&eacute;, caratterizzata da linee ancora pi&ugrave; sportive. Di seguito le foto dell'ultima generazione del Suv tedesco:        

Dalla storica 356 Roadster al primo Suv Cayenne, passando per l'iconica 911: ecco le cinque auto pi&ugrave; rilevanti della storia di Porsche

75 anni di Porsche, le cinque auto più importanti di Zuffenhausen

La Cina avanza in Ungheria. Il gigante asiatico ha in programma un investimento di 3 miliardi nello stato magiaro, dedicato al comparto delle auto elettriche.  Un progetto ufficiale, annunciato da P&eacute;ter Szijj&aacute;rt&oacute;, il ministro magiaro degli Affari esteri e del Commercio, in seguito ai colloqui avvenuti a Pechino con il ministro del Commercio cinese Wang Wentao.  L&rsquo;Ungheria si conferma il principale hub in Europa Centrale per la Repubblica Popolare.  Szijj&aacute;rt&oacute; ha incontrato anche i massimi dirigenti di &ldquo;cinque grandi societ&agrave; cinesi&rdquo;, delegate a investire nello sviluppo delle auto elettriche nel Vecchio Continente.  L&rsquo;asse produttivo del settore si sposter&agrave; sempre pi&ugrave; a Oriente anche in Europa?  Potrebbe interessarti: Baojun Yep, dalla Cina e GM una piccola elettrica fuori dal coro&nbsp; 

Annuncio ufficiale del ministro magiaro degli Affari esteri e del Commercio. L&#39;asse produttivo europeo si sposta ad Est?

La Cina investe 3 miliardi in Ungheria nel comparto delle auto elettriche

        Baojun Yep &egrave; un mini Suv elettrico fuori dagli schemi. Non &egrave; un clone, come potrebbe sembrare, di Suzuki Jimny, ma una iper compatta realizzata dalla sinergia tra General Motors-Wuling, Saic con il contributo di DJI, dominatore del mercato dei droni. Una joint venture speciale, per una vettura lunga 3,38 metri, larga 1,69 m e alta 1,72 m e soprattutto pesante 1.006 kg, davvero poco per una BEV. Il passo di 211 centimetri indica che l&rsquo;abitabilit&agrave; non &egrave; il suo forte: &egrave; omologata per 4 persone. Le forme squadrate, da Classe G miniatura, la differenziano. Non &egrave; per&ograve; una fuoristrada dura e pura: la trazione &egrave; posteriore, generata da un motore elettrico da 67 cavalli e 140 Nm. Auto-limitata a 100 km/h di velocit&agrave; massima &egrave; accreditata di una autonomia di 303 km nel ciclo cinese CLTC, di manica pi&ugrave; larga rispetto all&rsquo;europeo WLTP. La capacit&agrave; della batteria non &egrave; stata annunciata.  Baojun Yep, molto... social  Spicca anche per &hellip;. un enorme smartwach da 11,8 pollici montato sul portellone posteriore che &ldquo;comunica&rdquo; profilo social del proprietario e tutto quello che sta succedendo all&rsquo;interno. Alla faccia della privacy. Realizzata solo per il mercato cinese, avr&agrave; anche una versione pick-up. Potrebbe interessarti: Lancia in Europa, ecco i primi paesi nei quali sar&agrave; presente&nbsp;       

Sviluppato fa General Motors, Saic e DJI, il dominatore del mercato dei droni: nello stile ricorda il Suzuki Jimny

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